Gli dèi altrove

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Formato: Epub, Kindle

Autore:Davide Baraldi

Note sull’autore

COD: ISBN: 978-88-5539-317-1 Categoria: Tag:

Descrizione

Fatya e Michela sono ragazze diversissime: una è dovuta scappare dal suo mondo, ma non voleva; l’altra vorrebbe farlo, ma non può. Le accomuna la loro condizione sociale: entrambe abitano nella periferia di Bologna e frequentano la stessa scuola.
Due esperienze che lasciano il segno avvicinano le loro strade. Il destino però sembra atroce, e molto più grande di loro.
In una Bologna suburbana e nascosta, dove il parkour è simbolo della vita, Michela e Fatya cercano il loro percorso, mentre gli adulti compaiono come figure invadenti e incapaci di comprenderle. Fa eccezione un’anziana suora, che si fa chiamare semplicemente Concettina, il cui incontro permette a Michela di entrare in contatto con l’enorme problema delle migrazioni, di cominciare un processo di maturazione interiore e di superare la sensazione di estraneità rispetto al contesto che la circonda; le domande che si aprono e le questioni religiose connesse fanno da sfondo al cammino delle ragazze verso la maturità, mentre il cielo appare inizialmente chiuso e vuoto, in un contrasto di esperienze terribili, di occasioni di crescita e di incontri capaci di segnare e trasformare la vita.

INCIPIT

Ci sono giorni in cui una città si mostra particolarmente ostile, specialmente per le piccole creature che devono attraversarla. Anche se non si trattava di Juarez, San Salvador o Caracas, l’aria di Bologna era minacciosamente grigia, il traffico pareva più chiassoso del solito e i bidoni della spazzatura emanavano un rancido fetore.

Fatya notò i tre ragazzi che sostavano all’incrocio della strada, appena all’interno del vicolo: il primo la fissava con la spocchia di un capo-gang, additandola agli altri che giocherellavano con una sigaretta e una bottiglia di birra. Li aveva visti una volta nei corridoi della scuola e non aveva idea di chi fossero, ma intuì subito che erano lì per lei. Anche se avesse cambiato direzione, non avrebbero mai desistito. Ancora una volta, come accadeva spesso, si sentì indifesa e smarrita e, per quel destino avverso a cui non sapeva sottrarsi, decise di muovere i propri passi goffi e impauriti verso di loro, senza neanche capire perché. Sperava solo che tutto finisse lì, ma era certa che sarebbe stato solo un inizio.

«Ehi, terrorista! Dove stai andando?»

«Hai perso il barcone?»

Risero.

Ridevano sempre.

Per l’ennesima volta Fatya si chiese perché certe cose accadessero: talvolta gli uomini erano cattivi e il suo Dio – ma anche quello degli altri – pareva semplicemente volgere lo sguardo altrove. Le avevano insegnato che Allah era al di sopra di tutto, forse però talmente eccelso e immenso da non preoccuparsi di lei. Forse era giusto così. Forse se lo meritava, per il fatto di essere femmina.

Con lo sguardo fisso a terra, provò a superarli. Si era convinta di esserci riuscita, quando il più grande le si parò davanti, con la posa di un tacchino tronfio in mezzo al pollaio: era poco più alto di lei e non aveva la barba come suo padre e gli altri uomini che la spaventavano con le loro regole e le loro parole severe, ma le faceva paura lo stesso. Fatya si volse indietro verso gli altri due, sperando di leggere sui loro volti un briciolo di pietà, o anche la tacita soddisfazione di averla intimorita a sufficienza, ma d’un tratto si trovò circondata, stretta al centro, come una preda braccata.

«Cos’è quella roba che hai in testa?»

«Lo sai che qui da noi non si può portare, vero?!»

«Adesso ti aiutiamo a toglierlo!»

Fatya cercò di scansarsi e i suoi occhi si sciolsero in una supplica: «No, io… io non posso…»

«Infatti non puoi, devi!» la zittì il capo, piantandosi davanti a lei.

Da dietro, uno dei tre le tirò il velo, che si annodò al collo, mentre il cerchietto che lo fissava si incastrava fra i capelli. Fatya avvertì un dolore improvviso. Gridò, con la voce strozzata in gola, e cominciò a piangere.

«Cava questo coso!» urlavano tutti assieme, agitando le mani minacciose.

«Vi prego, non è per me…» mugolava lei, impaurita, tentando di difendersi.

«Forse hai bisogno di chiarirti le idee…» le disse il capo, prendendola per il collo.

Poi la bloccò da dietro, mentre gli altri due le giravano il mento in su e cominciavano a versarle la birra sulla bocca, ostinatamente chiusa. Uno la schiaffeggiò per fargliela aprire, mentre l’altro lo incitava sghignazzando. Fatya si dimenava, scalciava, ma non riusciva a colpirli. Sulla strada principale la vita continuava a scorrere: nessun passante gettava lo sguardo nel vicolo e alle cose che vi accadevano.

«Facciamo un video!» propose quello che l’aveva schiaffeggiata. «E se non apre la bocca, peggio per lei!»

«Idioti, lei è mia amica…»

I bulli si girarono per identificare chi aveva parlato, il primo ancora con il cellulare in mano, il secondo facendo un passo indietro, mentre il capo immediatamente lasciava la presa: «Scusa, non lo sapevamo» disse.

Fatya singhiozzava, con lo sguardo a terra, pulendosi la bocca con la manica della giacca.

«Andatevene.»

«Ok, ok… È che non l’avevo mai vista con te… Non… non pensavamo che lei… insomma, che…»

«Allora vedete di impararlo in fretta. I miei amici non si toccano.»

«Sì, certo… allora ci… ci vediamo domani.»

«Se ne ho voglia. Sparite!»

I tre se ne andarono; Fatya li udì rimpallarsi la colpa di chi aveva avuto l’idea: il capo pareva molto arrabbiato. Poi non li sentì più. Il rumore della città tornò a coprire i loro suoni e l’aria, confusa con la voce di chi le tendeva la mano, sembrava meno minacciosa: «Ciao, Fatya, io sono Michela».

 

 

2 recensioni per Gli dèi altrove

  1. Marcella Rocchi

    Il coraggio di dare voce al fuoco che , è inevitabile, ognuno di noi ha dentro. La forza di non distogliere lo sguardo da vicende che ci riguardano, nonostante si possa far finta di niente o gestirle con un’etichetta. Grandi donne per… un grande scrittore

  2. Gabriele Benassi

    La scrittura di Davide Baraldi è breve, schietta, essenziale e ti prende per mano fino a farti diventare prossimo alle protagoniste del romanzo che vivono una vita senza sconti, autentica fino al midollo nella loro assoluta “normalità”; non si chiudono a riccio per paura nelle loro zone comfort ma si aprono alle contraddizioni della storia, vita e delle relazioni ( anche con il divino) con la generosità di chi vuole provare a rendere più giusti il mondo, la storia e sè stesse. La felicità e l’equilibrio delle persone passa anche da qui. In una delle pagine Concettina dice a Michela:
    ” Anche se l’amore ci manca, anche se alcune cose non potremo mai viverle, non dobbiamo demordere. Dobbiamo fare come se le avessimo… in un posto di noi stessi che è più profondo. Solo così è possibile vivere… affrontare il nostro vuoto, riuscire a resistere al bisogno di tutto ciò che non abbiamo”. Romanzo assolutamente da leggere.

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