Schiavi della vendetta

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Alessandro Cirillo

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-310-9 Categorie: , Tag:

Descrizione

Durante un’operazione militare in Somalia, il sergente Loiacono stupra una giovane donna con la complicità di alcuni commilitoni, mentre Samuel Pagano, uno dei soldati al comando di Loiacono, pur volendolo, non trova coraggio sufficiente per contrastare il gesto scellerato del suo superiore e dei suoi compagni.

Vent’anni più tardi, le vite dei protagonisti di quel turpe episodio hanno preso strade diverse: Pagano, ad esempio, si è laureato ed è diventato un importante uomo d’affari e un buon padre di famiglia; Loiacono, sempre scapolo alla ricerca di dubbie avventure con donne conosciute occasionalmente o prostitute, ha fatto carriera in politica ed è addirittura indicato come futuro presidente del Consiglio. Eppure, qualcuno non ha dimenticato, vorrà pareggiare i conti e lavare col sangue l’oltraggio subito nel passato dalla giovane somala e tenterà di farlo mettendo in campo tutta la sua rabbiosa determinazione e il suo odio cresciuto nel tempo.

Schiavi della vendetta è un romanzo denso d’azione, dal ritmo incalzante, pagina dopo pagina.

INCIPIT

PROLOGO

SOMALIA SETTENTRIONALE, 6 LUGLIO 1993

Il convoglio di quattro veicoli procedeva sulla strada sterrata sollevando nuvole di polvere. Due camionette VM90, una in testa e una in coda, e tre autocarri al centro. Le roventi lamiere riflettevano i raggi del sole, immobile nel cielo azzurro e limpido.

Sul veicolo di testa un piccolo tricolore verde, bianco e rosso sventolava aggrappato ad un’antenna radio. Mancava ormai poco meno di un chilometro al villaggio, meta finale della colonna di mezzi. Non ci volle molto tempo per coprire il percorso. Il convoglio si fermò in mezzo all’abitato, niente più che una ventina di piccole casupole costruite con fango e canne. Un lieve cigolio accompagnò l’apertura di una delle portiere. Un abbronzato tenente che indossava un paio di occhiali da sole scuri scese a terra; pugni sui fianchi, osservò per un paio di minuti la zona intorno a lui, mentre alcuni abitanti del villaggio, in silenzio, interruppero le loro attività per squadrarlo a loro volta. Quando l’ufficiale si ritenne soddisfatto, si voltò verso il resto del convoglio puntando l’indice destro verso il cielo e facendo roteare la mano. Pochi attimi dopo una trentina di soldati iniziarono a smontare dai mezzi prendendo posizione di difesa.

“Ahmed, vieni con me” ordinò il tenente a un somalo che sedeva sulla camionetta da cui era sceso.

“Subito, tenente Greco” rispose Ahmed, l’interprete del reparto, smontando prontamente dal mezzo.

Il tenente Greco individuò un ragazzino che si trovava poco distante dal convoglio e gli fece cenno di avvicinarsi. Il ragazzino esitò in un primo momento ma poi decise di fidarsi.

“Ahmed, di’ a questo ragazzo che desidero parlare con il capo villaggio.”

L’interprete pronunciò alcune frasi in somalo che tradussero la richiesta del tenente. Il ragazzino si voltò e corse via in direzione di una capanna un po’ più grande delle altre.

Alcuni minuti dopo arrivò un anziano signore vestito con una tunica di lino, bianca come la lunga barba che portava. Muoveva a fatica le gambe magre e senza peli, aiutato da un paio di uomini.

Il tenente si tolse gli occhiali da sole e lo salutò con una delle poche frasi che aveva imparato in somalo. L’anziano annuì con la testa e ricambiò il saluto. Greco lo sovrastava dall’alto del suo metro e novanta. Si rivolse al suo interprete.

“Informa il capo villaggio che siamo qui per un’ispezione alla ricerca di eventuali armi nascoste. Dobbiamo perquisire casa per casa. La massima collaborazione da parte degli abitanti è fondamentale. Non vogliamo che nessuno si faccia male.”

Ahmed tradusse in somalo. L’anziano ascoltò con pazienza e replicò a sua volta.

“Dice che suo villaggio vive da sempre in pace. Non contento che vengono ispezionate case di abitanti.”

“E tu digli che sono molto dispiaciuto ma noi abbiamo ordini precisi. Procederemo con l’ispezione con o senza il suo consenso. Prometto che faremo più in fretta che possiamo. Nel frattempo, se c’è qualche abitante con problemi di salute, possiamo farlo visitare dal nostro dottore.”

Ahmed tornò a rivolgersi all’anziano. Ci fu un acceso scambio di battute tra i due uomini che risultò incomprensibile al tenente.

“Ha capito che non ha scelta. Vuole che dottore visita alcuni bambini e donne che sono malati.”

“Il nostro dottore li visiterà volentieri. Noi nel frattempo iniziamo la perquisizione.”

Il tenente Greco indossò di nuovo gli occhiali scuri e raggiunse a grandi falcate i suoi soldati.

“Sergente Loiacono!”

“Comandi, tenente!”

“Dividetevi in gruppi e iniziate a perquisire le case. Solita procedura. Portatemi ogni arma che trovate e il suo possessore. Vedete di non creare problemi con gli abitanti o ve ne farò pentire. Intesi? Scattare!”

“Subito, tenente!” Poi si rivolse ai suoi subalterni: “Avete sentito il tenente? Muovete le chiappe e dividetevi come abbiamo stabilito.”

I soldati si divisero in gruppi e si incamminarono in direzioni diverse del villaggio. Greco lanciò un’occhiata all’autista del suo mezzo prima di tornare a posare lo sguardo su Loiacono.

“Sergente, porti con lei anche il soldato Pagano.”

“Signore, siamo già in quattro nel mio gruppo, mi sembra più che sufficiente.”

“Le sembra forse che le stia dando un consiglio?”

“No, signore.”

“Allora mi sa proprio che le sto dando un ordine.”

“Sì, tenente!” sibilò a denti stretti il sergente.

“Molto bene. Pagano, unisciti al gruppo del sergente Loiacono!”

“Signorsì!”

Il militare scese dal mezzo e si unì al gruppo come gli era stato ordinato. Al tenente Greco non rimaneva che chiamare il soldato con competenze mediche.

“Colella, prendi la tua roba e vieni con me che ci sono da visitare alcune persone.”

“Sì, tenente!”

Il sergente Loiacono prese con sé i quattro uomini, tutti soldati di leva che non avevano neanche compiuto vent’anni. Individuò una capanna che sorgeva isolata dal resto del villaggio. Decise di iniziare proprio da quella. Gli stivali dei soldati calpestavano un sentiero polveroso tracciato nella terra. Alcune galline spaventate si affrettarono a togliersi dal passaggio. Continuando a camminare, Loiacono si asciugò un rivolo di sudore che fuoriusciva da sotto l’elmetto. Sputò a terra maledicendo il caldo, il lavoro massacrante, i somali che proprio non ne volevano sapere di vivere in pace. Pochi anni prima, infatti, era iniziata una guerra civile al seguito della destituzione del dittatore Siad Barre. Il vuoto di potere che si era creato aveva scatenato la lotta tra diverse fazioni guidate da signori della guerra. Il più potente di loro, Mohammed Farah Aidid, controllava la capitale Mogadiscio. Gli scontri armati e una grave carestia avevano ucciso migliaia di somali. L’ONU aveva deciso di ristabilire l’ordine inviando un nutrito contingente di soldati. Tonnellate di cibo vennero distribuite alla popolazione stremata, e fornita assistenza sanitaria. Anche gli italiani avevano partecipato alla missione, diventando la seconda forza all’interno del Paese. Dopo un periodo iniziale in cui le cose erano sembrate andare per il verso giusto, la situazione era improvvisamente degenerata. Le milizie di Aidid avevano iniziato ad attaccare i soldati delle Nazione Unite. Rimuovere il signore della guerra era diventato una priorità per ristabilire la pace.

L’umore del sergente Loiacono era pessimo anche perché alcuni giorni prima erano morti dei commilitoni. Il 2 luglio una colonna di soldati italiani era stata attaccata dai miliziani di Aidid a Mogadiscio, presso il check point denominato “Pasta”. Tre soldati italiani erano morti e ventitré erano rimasti feriti. Il sergente Loiacono covava un forte desiderio di vendetta.

I suoi pensieri si interruppero quando raggiunse la capanna. Era di forma circolare, come gli altri edifici del villaggio. Le pareti erano state costruite piantando nel terreno una serie di pali ben ravvicinati tra di loro. Il tetto conico era ricoperto di fango e paglia. La porta era aperta.

“Ok ragazzi, entro io per primo” annunciò ai suoi uomini.

L’interno dell’edificio era piuttosto povero. C’erano tre logore brande disposte una accanto all’altra. Sotto di esse si trovavano alcuni oggetti di uso comune come pentole e altre stoviglie. In un angolo, sul pavimento in terra battuta, c’era un fornello utilizzato per cucinare. Al centro della capanna era piantato un palo. Arrivava fino al tetto, terminando con alcune diramazioni che sostenevano lo stesso. Il palo veniva anche sfruttato per appendervi dei vestiti. Seduta su una sedia c’era una giovane donna che stava pestando qualcosa in un piccolo mortaio di pietra. Indossava una veste variopinta che le arrivava fino alle caviglie e i capelli erano raccolti in un velo azzurro. Loiacono stimò che avesse poco più di vent’anni. Si sentì eccitato, come dimostrò un movimento all’interno dei suoi pantaloni.

Hello, we have to search the house. We have permission from the village chief” informò parlando nell’inglese elementare che aveva imparato a scuola.

La donna lo fissò per alcuni istanti senza rispondere. Loiacono pensò che forse non conosceva l’inglese. Nei villaggi si parlavano in prevalenza vari dialetti locali. La osservò meglio, constatando che era davvero bella. Si ritrovò a immaginare il suo corpo sotto la veste e provò un forte impulso di possederla. Alla fine la donna scrollò le spalle e con un gesto invitò i soldati a perquisire la casa.

Loiacono si riscosse dai suoi pensieri impuri.

“Pagano e Visentin, perquisite la casa” ordinò ai suoi sottoposti.

I militari si misero subito all’opera mentre la donna ricominciò incurante a pestare con il mortaio. Andrea Visentin tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette e ne infilò una in bocca. La accese senza curarsi di chiedere il permesso alla proprietaria.

“Sergente, ne vuole una?”

“Ma sì, dammela.”

Visentin offrì una sigaretta al suo superiore e gliela accese. Ripose il pacchetto nella tasca accanto a una fotografia che lo ritraeva in divisa davanti a un mezzo militare.

Mentre la perquisizione era in corso, Loiacono rimase a osservare la donna, affascinato. Nuvole di fumo uscivano a intermittenza dalla sua bocca. Il movimento all’interno dei suoi pantaloni era diventato un’erezione in piena regola. I due soldati terminarono l’operazione in fretta, essendo la casa molto piccola e con poche suppellettili.

“Sergente, guardi cosa ho trovato” esclamò Visentin reggendo tra le mani una scatola di metallo che aveva trovato sotto il letto. Loiacono si avvicinò e ne esaminò il contenuto. Tra vari oggetti di poco valore c’era mezza dozzina di cartucce per un fucile a pompa. Ne afferrò una tra il pollice e l’indice della mano destra.

“What is this?” chiese agitando la cartuccia davanti agli occhi della donna.

“They were my husband.”

“Ah, erano di tuo marito. E dov’è ora? Where is your husband?”

“He’s dead four day ago.”

“Avete capito ragazzi? Il marito è morto quattro giorni fa.”

“Proprio il due luglio. Che coincidenza!” affermò il caporale Savino Serio, accarezzandosi il pizzetto sudato.

“Magari è uno dei bastardi che hanno attaccato i nostri a Mogadiscio. Dove è il fucile? Where is the rifle?” domandò urlando Loiacono.

“I don’t know!” rispose la donna alzandosi dalla sedia.

“Ah, non lo sai? Adesso ti faccio vedere io.”

Il sergente gettò la sigaretta a terra e afferrò la donna per un braccio attirandola a sé, tappandole la bocca con una mano per non farla urlare. La trascinò verso la brandina e la buttò sopra continuando a premere la sua mano sulle labbra.

“Sergente, cosa sta facendo?” chiese il soldato Samuel Pagano.

“Adesso lo vedi che faccio. Vieni a darmi una mano per tenerla ferma.”

Pagano aveva intuito cosa volesse fare il sergente, anche se non voleva crederci.

“No sergente, non voglio.”

“Tu che cosa?”

“Lasci stare quella donna. Non ha fatto niente” protestò Pagano.

“Io e te facciamo i conti dopo. Serio e Visentin, aiutatemi a far stare ferma questa stronza.” I soldati obbedirono contribuendo a immobilizzare la donna che scalciava nel tentativo di liberarsi.

Loiacono aprì la patta dei pantaloni e tirò fuori il membro totalmente eretto. Pagano si avvicinò verso il sergente per farlo desistere dai suoi propositi. Loiacono estrasse prontamente il suo coltello da combattimento e lo puntò verso il soldato.

“Non metterti in mezzo, Pagano, o sarà peggio per te.”

“Sergente ma che cazzo sta facendo?”

“Do a questa stronza una lezione.”

“Ma non ha fatto niente!”

“Forse sì, o forse no. In ogni caso voglio divertirmi un po’.”

“Io vado dal tenente Greco. La farà sbattere al carcere militare.”

Loiacono lanciò uno sguardo malvagio a Pagano.

“Prova a fare la spia e ti giuro che sarà l’ultima cosa che farai nella tua vita.”

“Mi sta minacciando, sergente?”

“Prendila come vuoi ma ricorda bene che sotto la naja gli incidenti possono capitare. E ora via dai coglioni! Vai fuori dalla capanna e avvisaci se arriva qualcuno. Ascioti, accompagnalo.”

Il soldato Gaetano Ascioti scortò il compagno fuori dalla capanna. Pagano, incapace di opporsi, lo seguì docile. Poi Ascioti tornò all’interno.

“E ora a noi, signorina” esclamò Loiacono con un sogghigno.

“Sergente, non sarà malata questa qua?” chiese Visentin.

“Secondo me non è malata, ma forse è sporca. Ho con me la soluzione.” Recuperò da una tasca del gilet tattico una piccola fiaschetta di metallo contenente del liquore. Svitò il tappo e ne diede una sorsata.

“Adesso procediamo a igienizzare.” Sollevò la veste della donna fino al seno, piccolo e sodo. Non portava biancheria intima. Versò il contenuto della fiaschetta sul sesso ricoperto da una folta selva di peli neri. La donna sussultò al contatto del liquido sulla pelle. Il sergente le inserì brutalmente due dita nella vagina spingendo avanti e indietro diverse volte. La vittima iniziò ad agitarsi ancora di più. Visentin si risistemò sul naso gli occhiali da vista. Senza che se ne accorgesse, il pacchetto di sigarette scivolò fuori dalla tasca del gilet tattico, cadendo sotto la brandina.

“È una belva, la signorina!” commentò il caporale Serio.

“Ascioti, aiutaci anche tu a tenerla ferma” chiese Visentin.

Il soldato, originario della Calabria, si avvicinò per dare il suo contributo allo stupro. Già che c’era, prese tra le mani uno dei seni della donna stringendolo con avidità.

Loiacono era pronto. Ritrasse le dita e le sostituì con il suo membro. Iniziò a muovere il bacino in preda a una forte eccitazione.

Fuori dalla capanna, Samuel Pagano si sentiva impotente. La perquisizione del villaggio stava procedendo senza intoppi. Lottò contro l’impulso di correre dal tenente Greco per fermare quell’abominio. Era sicuro che l’ufficiale avrebbe preso dei provvedimenti esemplari contro i suoi commilitoni. D’altra parte, aveva paura. Il sergente Loiacono aveva creato una piccola cricca di personaggi poco raccomandabili a lui devoti. Anche se fosse finito in carcere, ci sarebbe di sicuro stato qualcuno dei suoi seguaci pronto a vendicarlo. Avrebbero potuto uccidere Pagano e fare passare la cosa come un incidente. Meglio non rischiare. Tuttavia decise che una cosa poteva farla. Tirò fuori una macchina fotografica usa e getta e, senza farsi vedere, scattò alcune foto senza utilizzare il flash. Nessuno se ne accorse. Pochi attimi dopo il sergente esplose dentro la giovane somala. Assaporò per un po’ il momento, prima di ritrarre il membro per farlo tornare al suo posto.

“Sergente, già che ci siamo voglio darle un colpetto anche io” chiese Serio.

“Prego, accomodati” rispose Loiacono abbottonandosi i pantaloni.

Il caporale lasciò la presa della giovane somala, che ormai aveva accettato la sua sorte con rassegnazione.

“Compagni in avvicinamento!” annunciò Pagano.

“Merda! Proprio adesso!” esclamò Serio, col membro in mano e pronto a penetrare la donna.

“Ragazzi, usciamo da qui!” ordinò Loiacono. Recuperò le cartucce di fucile dalla scatola e le infilò in una delle sue tasche.

“Ufficialmente non abbiamo trovato nulla in questa capanna. Intesi?”

I soldati risposero in modo affermativo. Al sergente rimaneva un’ultima cosa da fare. Estrasse di nuovo il coltello da combattimento e si avvicinò alla donna, ancora sdraiata sul letto. Si chinò su di lei e le puntò il coltello alla gola senza che lei mostrasse alcuna reazione.

“Don’t tell anything or I will come back to kill you.”

La donna non rispose, limitandosi a fissarlo con gli occhi colmi di lacrime e rabbia.

“I will kill you. Ti ammazzo se racconti qualcosa, brutta troia! Do you understand?” chiese ancora Loiacono alzando la voce.

“Yes” sussurrò la vittima.

Well. Remember it. Ricordatelo bene.”

Il sergente si alzò e uscì dalla capanna. Passando davanti a Pagano, gli diede un buffetto sulla guancia.

“Bravo, Pagano. Hai preso la decisione giusta.”

Il soldato non seppe cosa rispondere.

“Ok ragazzi, torniamo dal tenente. Qua abbiamo finito.”

1 recensione per Schiavi della vendetta

  1. Ibba G

    Gran ritmo

    Come nel suo precedente e fortunato romanzo (“Trame Oscure”), in “Schiavi della vendetta” A. Cirillo prende spunto da un fatto di cronaca (le violenze perpetrate dai soldati italiani sui civili somali, all’epoca della missione internazionale di “peace keeping”, episodi vergognosi sottaciuti, sminuiti i e coperti dagli omertosi media nazionali) per dar vita a una trama adrenalinica, ricca di colpi di scena, fughe, inseguimenti, vendette incrociate, intrighi, sparatorie, esplosioni e morti ammazzati. L’intreccio, come è abitudine dell’autore, non perde tempo a ingranare le marce alte. Tuttavia, in questa nuova prova, si avverte subito come lo stile di Cirillo si sia affinato e abbia maturato una personalità più decisa. Il piglio della narrazione è sicuro, scorrevole come sempre, ma infarcito di dettagli azzeccati e piccole finezze che rendono la lettura piacevole e veloce. Tutti personaggi principali, compresi i “cattivoni” di turno (somali e italiani), appaiono ben tratteggiati, senza indulgere troppo nei luoghi comuni che l’ambientazione della storia poteva suggerire. Anche stavolta, l’eroe è una persona comune (il che aumenta l’empatia e diminuisce l’antipatia istintiva verso questo tipo di protagonisti), coadiuvato da comprimari costruiti con precisione. Uno di essi, che non cito per evitare spoiler, meriterebbe addirittura un romanzo intero a lui dedicato. A questo proposito, mi piace segnalare che le Forze Speciali Italiane nei romanzi di Cirillo fanno (quasi) sempre una bella figura, ribaltando e localizzando i clichè di derivazione anglosassone. Per concludere, avendo criticato questo aspetto “negativo” nelle prime opere di Cirillo, mi ha fatto piacere constatare che l’autore suddetto abbia finalmento cominciato a non autocensurarsi nelle scene di violenza, ma, anzi, stia prendendoci gusto a rigirare la lama nella pancia del lettore ideando scene dall’alto tasso di emoglobina. Non stona nel sanguinoso contesto “rape & revenge”, neppure la sottotrama romantico-familiare che, seppur marginale, regala buoni momenti di pausa. Insomma, consiglio questo romanzo a chi apprezza la nuova letteratura action italiana e gli autori esordienti/emergenti.

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