Passeggiate pinerolesi. Racconti, poesie e pensieri

15,00

Formato: Libro cartaceo pag. 164, illustrato a colori

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Autore: Vincenzo Mazzà

Note sull’autore

 

 

COD: ISBN: 978-88-5539-307-2 Categorie: , Tag:

Descrizione

Racconti è una leggera raccolta di narrazioni che prende voce dalla stravaganza affettuosa dell’autore, che trova contesto in ambientazioni territoriali riportate col loro abito quasi surreale. I personaggi e i fatti non possono che essere animati da casualità, senza approfondimenti di una pura ricerca storiografica. La raccolta lascia spazio anche a pagine di pensieri mescolati ricchi di capricciose fantasticherie di un vecchio pensatore immaginario. Un eremita ritornato in città, il quale non trascura di descrivere paesi immaginari con i pregi e i difetti, che con la sua fantasia immaginaria anima.

Introduzione

Pinerolo ha sempre qualcosa da offrire. Le sue strade datate, le sue piazze, i suoi portici, i suoi viali invitano a percorrerla per osservare i suoi aspetti storici, sentire il suo cuore che batte in modo confidenziale, seguire i suoi cambiamenti.

Nel 2020, per un certo periodo, a tutto questo ho dovuto rinunciare. Mi son trovato relegato in casa, prigioniero, da diversi giorni ormai, a causa di una epidemia da virus che risultava essere molto contagiosa e pericolosa, specialmente per quelli della mia età, considerati categoria fragile. Cosicché, come un osservatore qualunque, affacciato alla finestra, guardavo sulla strada per scrutare eventuali andirivieni, sentire le scarse voci, osservare il poco transito della gente che, nonostante il pericolo del contagio, doveva affrontare la propria giornata. Ascoltavo le notizie in TV che si intensificavano su questa oscura circostanza. I contenuti principali ormai riguardavano i contagi. Non trascuravo di leggere tutti i giornali in rete che mi capitavano, notavo che gli argomenti non mutavano. Le informazioni erano centrate sul dramma che stava colpendo il mondo intero.

Giorno dopo giorno, la fatalità aveva allargato i suoi confini, tanto che l’epidemia si era velocemente trasformata in una grave e mortale pandemia. Mentre, pian piano, si prendeva consapevolezza della angosciosa situazione, si calcolava che i tempi di un ritorno alla normalità potessero rivelarsi molto lunghi e difficili, con grandi perdite di vite umane.

La paura si era diffusa tra molti come l’aria inquieta tremula le foglie degli alberi. A livello nazionale si prendevano precauzioni e disposizioni ritenute necessarie per contrastare il virus sino alla limitazione delle uscite quotidiane, come se si fosse in un coprifuoco in tempo di guerra.

Il futuro sembrava prospettarsi incerto. Nessuno sapeva spiegare come fosse in realtà scaturito tale fenomeno infausto. Al riguardo venivano esposte ipotesi diverse e contrastanti. Per evitare i contagi la popolazione viveva adottando le massime cautele, evitando assembramenti, utilizzando mascherine sanitarie e impiegando tutte le attenzioni igieniche possibili nei diversi luoghi dove il contatto era prevedibile o inevitabile. Fare provviste era divenuto complicato anche per la limitata accessibilità ai commerci, che talvolta si offrivano a effettuare consegne a domicilio.

Veniva raccomandata la massima cautela in famiglia: le visite tra parenti erano sconsigliate. Gli spostamenti dovevano avvenire con disciplina. Le attività lavorative, tranne quelle considerate essenziali, venivano comandate alla chiusura e ove era possibile si faceva ricorso al lavoro agile e alla disciplina didattica a distanza nel mondo dell’educazione.

In Italia e nel mondo si viveva la storia quotidiana contando le persone colpite e i deceduti. Si contavano giornalmente i nostri morti.

In quasi tutte le comunità si era affrontato lo stato delle cose inermi e si era pianto la perdita di un proprio caro, di un proprio parente, di un proprio amico. Personalmente, in pochissimi giorni, io avevo subito la perdita di un caro parente: Aldo Mazzà, peraltro, voce e membro del gruppo I Mazzà degli anni ’60.

Per la gravità della situazione si era arrivati al punto che le terapie intensive degli ospedali non erano più capienti. Era un dramma aggravante per chi doveva essere ricoverato anche per altri gravi motivi. I colpiti dall’infezione venivano isolati, costretti in una solitudine lugubre, attraversando il loro percorso di malattia privi di visite dei propri cari. L’eventuale dipartita dei numerosi e più sfortunati ammalati avveniva in modo segregato, freddo. Neppure un saluto poteva essere dato loro. Quello degli ospedali ormai era divenuto un mondo a sé stante, in cui il personale sanitario per curare i malati rischiava ogni giorno la propria vita.

 

Ancora oggi non è facile allontanarsi da questi fatti, ignorandone la marcatura. Attraverso queste poche righe, la portata dell’evento è ridotta a una amara limitata lettura.

Alcune delle storie presenti in questo libro sono il risultato del mio tempo trascorso nelle limitazioni, in cui i miei pensieri ripercorrevano parte della mia giovinezza che immaginava la sicurezza di vivere il futuro in un mondo migliore.

 

 

 

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