I dissipati

20,00

Formato: Libro cartaceo pag. 304

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Autore: Emanuele Gagliardi

Note sull’autore

 

 

COD: ISBN: 978-88-5539-245-7 Categoria: Tag:

Descrizione

Roma, 1938. In un rinomato Collegio il giovane prete Stefano Facchinetti muore in circostanze sospette. La polizia liquida il decesso come “accidentale”, ma due studenti, Umberto e Mimmo, si mettono a cercare altri indizi. Purtroppo, però, la loro indagine si arena a causa di reticenze e pressioni da parte di influenti personaggi del regime fascista.

Dieci anni più tardi, l’Italia è Repubblica e Umberto è diventato poliziotto. Coincidenza vuole che, lavorando a un caso, Umberto si ritrovi a scoprire i tragici risvolti e le scomode verità celati dietro la dubbia fine di don Stefano.

Il romanzo ci riporta indietro nel tempo, a un’Italia irregimentata e sprezzante che sta per essere travolta dalla II Guerra mondiale. Nel Collegio dove studia Umberto, si percepisce fin troppo bene la connivenza con il regime, tant’è che gli alunni definiscono le tonache dei preti “camicie nere appena un po’ più lunghe”. I ragazzi mostrano maggior giudizio di coloro che li invitano ottusamente a non essere “dissipati” e si oppongono, sia pur con ingenui lazzi e dispetti, a una società sempre più ingiusta e dissennata che con la promulgazione delle leggi razziali si sta avviando verso il baratro.

 INCIPIT

che la migragna c’è arrivata all’osso,

nemmanco pasta e broccoli se magna,

tutti li giorni l’hai da fa’ la giostra.

Co’ ’sta guerra è ’na gran pena,

si tu magni nun fai cena,

t’empi la trippa

coll’aria fresca e ’r fumo de la pippa… [i]

 

 

Roma, 2 marzo 1938 – mercoledì (Collegio*** – Classe V Scientifico sez. B)

 

«Vi invito a osservare, cari figlioli, quanto ridicola, direi financo grottesca, sia la pretesa ebraica di esser ‘popolo eletto’! Come possono gli ebrei ritenersi razza superiore, precursori, sommi civilizzatori nella nostra Italia che con assoluta ragione si proclama essa stessa nazione eletta, origine e faro di civiltà, in virtù dell’Impero, del diritto, del pensiero romano e della Chiesa?! Scipione, Cesare, Traiano, Virgilio, Sant’Agostino, San Tommaso, Dante, Machiavelli sarebbero forse eredità ebraica?!»

Don Leone De Robertis, occhi cerulei, capelli a spazzola bianco-neve, tronfio come solo i bassi sanno essere, si drizza sulle punte dei piedi per dar forza all’oratoria, secondo lui pregna di raffinato sarcasmo, che sfoggia per indicarci il libro che dovremo leggere nelle prossime settimane: Gli ebrei in Italia di Paolo Orano.

Di Veroli, che sta al secondo banco insieme con De Vergottini, quello che ha perso il babbo in Abissinia, ciancica un “vaffa…” che don Leone, in esaltazione tribunizia, non coglie. Di Veroli ce l’ha con il Rettore e con tutti i superiori da quando don Stefano Facchinetti, il più giovane tra i docenti, s’è lasciato scappare che il professor Zarfati, insegnante di Fisica di origine ebraica, assente da metà febbraio, non è in sanatorio malato di petto come c’è stato detto, ma confinato a causa di imprudenti considerazioni sull’atteggiamento che il regime tiene da un tempo a questa parte verso i cittadini ebrei. Zarfati, mentre si trovava con amici in una pizzeria del centro, avrebbe dichiarato a voce troppo alta che si sentiva italiano e non capiva perché lui e tanti come lui dovessero diventare estranei alla Patria solo perché il duce aveva deciso di calarsi le braghe davanti a Hitler e di rimangiarsi le proprie idee sulla razza per scimmiottare l’antisemitismo e l’ideologia ariana dei tedeschi. La mattina successiva due sgherri dell’OVRA hanno bussato alla porta dell’appartamento in cui il professor Zarfati abitava in subaffitto…[ii] Anche Di Veroli, come il professor Zarfati, è di origine ebraica e non vede l’ora di far l’esame per andarsene dall’Istituto che, tra l’altro, ha deciso di non rinnovare per l’anno venturo la convenzione di fornitura dei materiali di cancelleria con la Cartoleria Risparmio di Piazza Vittorio Emanuele, proprietà dei Di Veroli da tre generazioni.

Il nome del giornalista Paolo Orano, ieri socialista, oggi deputato fascistissimo, alla ribalta da quando è uscito il libro sugli ebrei che ci toccherà leggere, ricorre spesso nelle “giaculatorie” di zio Gaetano. Mio zio, come tutti a casa, è repubblicano, ma l’idea se la tiene per sé e la prudenza, il grado di capitano riservista e la tessera (obbligatoria) del Partito Fascista gli permettono di lavorare al ministero dell’Interno a stretto contatto con il prefetto Senise[iii].

Le tesi di Orano – che padre De Robertis riassume con esorbitante fervore – non brillano per originalità: gli ebrei, i “perfidis Judaeis” di una delle nove preghiere speciali del Venerdì Santo, «razzisti, massoni e accumulatori di oro, vogliono subdolamente prevalere e fondare la Nuova Sion grazie alle ricchezze, alle posizioni di prestigio e alla diffusione delle più deleterie mode e idee straniere come il marxismo e l’anarchismo di Stirner, appoggiati per bieco interesse imperialistico dalla Granbrittannia», cioè l’Inghilterra, che dal 1920 governa la Palestina Mandataria. «La Santa Croce e il fascio littorio» padre De Robertis parte in quarta e continua a citare Orano «uniti dal più intimo spirito, oggi si trovano dinanzi a un’Inghilterra ebraizzante e a un ebraismo britannizzante!»

 

* * *

[i]Estratto da uno stornello romanesco del Sor Capanna, al secolo Pietro Capanna (1865-1922), attore di strada, cantastorie e stornellatore popolarissimo nella Roma umbertina e del primo Novecento. Accompagnandosi con la chitarra, commentava avvenimenti di cronaca, di politica e di attualità con strofe improvvisate introdotte dal celebre preludio “Sentite che ve dice er Sor Capanna…”. Si ispireranno e attingeranno al suo repertorio grandi interpreti della vera anima romana come Ettore Petrolini, Claudio Villa, Alvaro Amici, Gabriella Ferri.

[ii]OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo).

[iii]Carmine Senise (1883-1958), nel 1930 è capo della Divisione per gli affari generali e riservati presso la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza. Nel 1932 viene promosso Prefetto e Vicecapo della Polizia. All’improvvisa morte del Capo della Polizia Bocchini, nel 1940, Mussolini nominerà Senise al suo posto su proposta del sottosegretario all’Interno Guido Buffarini Guidi. Il 14 aprile 1943 lo stesso duce, scontento per la blanda repressione degli scioperi operai nel Nord Italia durante il mese di marzo, lo destituirà sostituendolo con Lorenzo Chierici. Senise avrà un ruolo nei fatti del 25 luglio ’43: dopo l’approvazione da parte del Gran Consiglio del Fascismo dell’ordine del giorno Grandi che condurrà alle dimissioni di Mussolini, sarà lui a organizzare l’arresto dell’ormai ex Capo del Governo a Villa Savoia, residenza privata del re Vittorio Emanuele III.

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