La scala di seta

12,48

Formato: Libro cartaceo

Autore: Lorena Santi

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-445-8 Categoria: Tag:

Descrizione

Alla trama sottile di questo poliziesco, fa da validissimo contrappunto una grande capacità di scrittura, dei personaggi che si materializzano davanti agli occhi del lettore, magari “visti” attraverso gli occhi di un altro personaggio, come nella prima scena che vi presentiamo. In filigrana, la conoscenza approfondita dell’Impressionismo

INCIPIT

— Squisito come sempre, Elvire — disse Roger, ingoiando soddisfatto l’ultimo boccone di plum-cake. —  Come tutti i suoi dolci, del resto.

— Ne prenda ancora un po’, tanto c’è tempo. I signori sono appena al secondo.

Roger, il giardiniere, si tagliò una seconda fetta di dolce. La lama del coltello penetrò facilmente nella testura della pasta, morbida e compatta,  incidendo il punto del massimo rigonfiamento, dove la prevista esplosione del magma interno aveva permesso delicati affioramenti di uvette passe e canditi di cedro. Non esattamente l’ideale per una dieta, ma veramente ottimo.

— Deve uscire con il signore, questo pomeriggio? — domandò Octave, raccogliendo con cura le briciole di dolce dal suo piattino. Anche lui apprezzava molto la cucina di Elvire. Era una donna che  ci sapeva fare in cucina, e del resto in tutta la casa, bisognava proprio dirlo. Peccato che, dopo la sua vedovanza, non avesse manifestato alcun desiderio di risposarsi. Naturalmente, le sue doti non finivano tra strofinacci e fornelli, era ancora una gran bella donna, col seno pieno, alta e imponente come una statua, con qualche segno del tempo qua e là, com’è giusto e normale per una donna di cinquant’anni. Che la porta dei sentimenti — e magari del sesso — si fosse proprio chiusa per sempre?

— Sì, mi ha detto di tener pronta la Bentley subito dopo pranzo, va alla galleria. Pare che ci sia un importante arrivo di quadri — rispose Octave.

Elvire si avvicinò ai  fornelli, impeccabilmente lucidi come sempre, per preparare il caffè. — Cominciamo a fare il caffè per noi. Pare che i signori se la prendano con calma. Già — proseguì, un tantino acida — filano ancora il perfetto amore.

— Eh, cara Elvire, sono sposati da poco più di un anno. E bisogna dire che la signora è molto bella…

— Ah, per bella è bella, bisogna proprio dirlo. Tutte le ballerine del Crazy Horse sono belle ragazze. Le assumono per quello, per far vedere le loro belle tettine e dimenare i loro bei culetti — commentò Elvire, ironica. — Non le sarà parso vero di poter sposare uno come monsieur de Gainsbourg. È stato proprio un colpo di fortuna.

— Indubbiamente. Però, lei crede che, se il signore non avesse addosso il profumo dei bei bigliettoni che ha in cassaforte, dico, lei crede che una bella ragazza giovane, con quarant’anni meno di lui, se lo sarebbe sposato?

— Per me, non le posso dar torto. Perché una bella ragazza povera avrebbe dovuto lasciarsi scappare un’occasione così? Secondo me, comunque — aggiunse Octave — tutti e due hanno di che guadagnarci, in questo matrimonio: lei spera di diventare presto una ricca vedova, lui può ancora godersi una ventata di giovinezza e, in ogni caso, sfoggiare una bella moglie che più di uno gli invidia. In fondo, il signore ama molto essere invidiato.  Certo che, come uomo…

— Naturale, uno di settant’anni… — soggiunse Elvire. — Certo, è parecchio più anziano di lei, e per giunta ha l’apparecchio acustico… Però è pur sempre un bel signore, distinto, e poi così alto e diritto. Ed è sempre vestito elegante, con le sue giacche scure — e questo anche per merito mio, riconoscetelo. Dio sa quanto tempo passo a stirargli le camicie come le vuole lui! No, no, le dico io, Octave, che poteva fare qualsiasi matrimonio, sposare qualsiasi signora graziosa e rispettabile, senza andare a pescare una sgualdrinella che si guadagnava da vivere ballando nuda con le piume in testa.

— È il solido buon senso delle persone equilibrate che parla in lei, cara Elvire. Ma, che vuole, il signore ragiona diversamente, cerca, come dire, qualcosa che gli scaldi il sangue. Comunque, non sia così severa con la signora. In fondo, bisogna dire che si comporta bene, come moglie. Si darà un po’ di arie, tratta noi dall’alto in basso, forse perché è sempre stata molto in basso e adesso, finalmente, è salita di un gradino nella scala sociale. Lui è diverso, perché è proprio convinto di essere più in alto di noi, è un signore che sa di essere tale e non ha bisogno di trattar male noi per dimostrarlo. La signora, però, nei confronti del marito mi pare sia abbastanza affettuosa. Seria, anche, credo…

— Su questo, poi, caro Roger, non metterei proprio la mano sul fuoco… — mormorò Elvire versando il caffè nelle tazzine e spingendo la zuccheriera verso Roger. — Ma non mi faccia parlare — tagliò corto — chiudiamo qui questo argomento.

— Ma cosa mi dice! — esclamò il giardiniere.

— No, io non dico proprio niente, perché non ho nessuna prova. Comunque — non riuscì a frenarsi — sta via interi pomeriggi, mentre il signore lavora in galleria. E chi la controlla?

— Ma non è stata lei a dire, Elvire, che la signora si dà tanto da fare? Non è vero che studia il tedesco con le cassette e che legge libri d’arte per non sfigurare accanto al signore?

— Sì, questo sì. Ci tiene a non fare brutta figura vicino a lui quando ci sono ospiti. Del resto, dicono che il signore sia uno dei più grandi esperti di pittura dell’Ottocento. Almeno, per quel che ne so io.

— Senz’altro è bravo nel venderla, la pittura dell’Ottocento — commentò Octave — e guadagna anche bene facendolo… Io non ci capisco granché, ma devono essere proprio belli certi quadri che gli passano per le mani. Eppure, se ci pensate, sono soltanto tele o fogli di carta dipinti. Come facciano a valere tanto, non so, però fruttano assegni con un bel numero di zeri.

— Per conto mio — disse Roger —  le ricchezze che contano sono quelle immobiliari, non investirei mai i miei risparmi in un quadro. Invece, sto risparmiando per comprarmi una casetta con un pezzetto di giardino. Cosa potrei desiderare di meglio, per la vecchiaia?

— Una cosa ancora ci sarebbe — aggiunse Octave con intenzione — le ci vorrebbe una compagna. Una casetta col giardino è una gran bella cosa, ma è ancor meglio se la si divide con qualcuno. Oh — si riscosse —  ma si è fatto tardi. Sarà meglio che vada a tirar fuori la macchina. Sa come il signore pretende che si sia sempre pronti a scattare e a far l’inchino col cappello in mano.

— Arrivederci, Octave, a stasera — disse Roger — anch’io ho parecchio da fare in giardino. Devo anche andare in paese, ho bisogno di topicida per preparare delle esche. Adesso che il boschetto in fondo al parco è pieno di nocciole e di ghiande, ci sono parecchi topi.  Non vorrei che si installassero poi in cantina.

— No davvero! Comunque, se la prenda comoda, Octave, i signori hanno suonato soltanto adesso per il dessert — disse Elvire, dirigendosi verso la sala da pranzo col suo passo calmo e determinato di governante che controlla ed amministra il suo regno domestico.

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