Parla con te

18,00

Formato: Libro cartaceo pag. 96

Senza spese di spedizione da questo sito 

Scegliere “Aggiungi al carrello”

Autore:Giorgio Boccaccio

Note sull’autore

 

 

COD: ISBN: 978-88-5539-325-6 Categoria: Tag: ,

Descrizione

Perché imparare a comunicare con noi stessi? Questo libro propone una visione della comunicazione unica e molto avanzata, un approccio che prende spunto dalla fisica dei quanti e si allarga a macchia d’olio creando un parallelismo tra la comunicazione verbale umana e l’energia, dando origine a un ponte di consapevolezza e unicità. Un’opera dove le classiche tecniche di comunicazione vengono spazzate via da un approccio nuovo, basato sulla conoscenza dell’energia del corpo, dell’energia delle parole, di come i pensieri che creiamo possono modificare i nostri stati d’animo e di come fare a spegnere la mente gestendo le nostre paure. Così il saper comunicare con se stessi diventa l’unica strada possibile per la conoscenza di sé che ne fa da trampolino di lancio per affrontare e raggiungere lo stile di vita che desideriamo.

CAPITOLO PRIMO

Un inizio fondamentale

 

Un granello di senape è più grande del Regno dei Cieli.

Gesù

 

Non avevo mai parlato della mia storia personale e del bambino che sono stato. Non l’ho mai fatto, in nessuno dei miei libri e nemmeno durante le mie infinite conferenze che ho tenuto in giro per l’Italia. Ma quando mi sono approcciato per scrivere questa nuova opera, mi è arrivata una forte sensazione che dovevo raccontarvi qualcosa di me di più specifico per dare un senso più esteso alla trattazione.

Forse parto da molto lontano, ma credo che la lettura di questa prima parte del libro sia doverosa per comprendere che cosa vuol dire comunicare con se stessi.

Sono stato uno dei primi formatori italiani. Oggi questa figura si chiama coach, facilitatore, peak performance coach, e via dicendo.

Ho incominciato molto presto ad aiutare le persone e capire come facilitarle a mettere a fuoco le loro vite e a fare chiarezza dentro di loro, per far sì che potessero raggiungere quel tipo di vita che da sempre desideravano. Certo, forse sono già nato formatore, ma la vita mi ha indirizzato poi, verso quello che semplicemente sono sempre stato. Per molti anni mi sono sempre fatto le solite domande, chiedendomi come avrei mai potuto insegnare tutto della vita agli altri se prima non l’avessi sperimentata su di me. E allora ho collaudato ogni tecnica, ho percorso ogni strada, ho studiato e ho verificato ogni consapevolezza per poi trasmetterla agli altri.

Sono nato in una splendida giornata di agosto del 1961 con il frenulo alla lingua. In poche parole, sono venuto al mondo con la punta della lingua collegata alla base dei miei incisivi. Questa cosa mi ha impedito di muovere la lingua correttamente e quindi di non riuscire a pronunciare bene le parole per parecchi anni. A sei anni, trovando “per caso” una chitarra in casa, ho imparato a suonare da solo cercando anche di cantare come potevo con la mia “r” che a quel tempo era molto accentuata e molto francese, non riuscendoci.

Verso gli otto anni mi operarono del frenulo alla lingua, ma la mia “r” non andò via del tutto. Fu proprio in quel momento che ho incominciato a farmi molte domande sulla comunicazione umana e lo sforzo che facevo per farmi capire dai miei amici ogni volta che parlavo con loro era veramente grande, perché spesso non capivano che cosa gli stessi dicendo.

Quando ho incominciato a studiare la comunicazione umana, la prima cosa che ho fatto è stata proprio – prima di ogni altra cosa – sviluppare la comprensione di me stesso. Ho dovuto imparare a non giudicarmi, a non fare considerazioni, a eliminare la paura che avevo degli altri e di me stesso, lasciando sempre che l’energia dentro di me fluisse liberamente come un fiume in piena e una sorgente calda e libera, senza preoccuparmi di cosa gli altri avrebbero potuto pensare di me, senza ascoltare più di tanto i commenti che ricevevo come di colui che non sapeva parlare, ma tenendoli sempre in giusta considerazione. Capii da solo come superare la paura della critica.

Mi resi conto nell’adolescenza che il modo in cui si nasce ti può segnare per tutta la vita. Del resto come si nasce, poi si vive, dicono gli esperti.

In questo momento mi piacerebbe che questo libro fosse in mano a psicologi, psichiatri, ostetriche, perché, anche se conoscono benissimo questo aspetto, sarei felice potessero sorridere e annuire nello scorrere queste righe, dicendo: “Ha proprio ragione”.

Ho sempre considerato il momento della nascita come una metafora della nostra vita.

È un aspetto interessante da affrontare perché nella mia esperienza personale, chi normalmente nasce in fretta, senza taglio cesareo e immediatamente urla, poi avrà una vita veloce, di corsa. Sarà un soggetto ambizioso che farà sport, non necessariamente a livello agonistico ma comunque si muoverà molto. Sarà una persona che capirà subito i concetti, ma soprattutto preferirà metterli in pratica a velocità della luce. Sarà una persona solare e con molta energia propositiva. Ho altresì notato, che chi invece nasce con taglio cesareo, o addirittura non vuole uscire dal ventre della madre, avrà una vita più lenta e a volte faticosa. Questo non significa che non raggiungerà nessun risultato, ma ci metterà senza dubbio molto tempo. La sua modalità di espressione sarà misurata, a volte assente. Molte persone nate in questo modo spesso tacciono e molte volte non ascoltano nemmeno o almeno sembra così. Sono persone a volte caparbie e spesso molto uditive. Ho riscontrato in alcuni casi che la persona arriva alla sua realizzazione in età avanzata al contrario invece dei nati “subito”. In effetti l’utero materno è il luogo dove siamo rimasti per circa nove mesi e quando arriva il momento di uscire sappiamo noi come dobbiamo fare. In effetti non esiste un “è meglio” o “è peggio”, ma esiste semplicemente un approccio alla vita diverso che poi in età adulta si riscontra in maniera molto visibile. I nati “dopo”, faticano anche a prendere le decisioni e hanno bisogno di avere accanto un nato “subito”, per bilanciare la relazione. In termini relazionali però due persone così diverse non possono far altro che equilibrarsi. Anche perché, come diceva Lao Tzu: “Se due persone sono uguali, una è di troppo”.

Ma tornando a noi, quando sono nato urlavo talmente tanto che ho svegliato tutti gli altri bambini nella nursery. Sono venuto alla luce senza taglio cesareo, ma a quel tempo molti bambini nascevano in modo naturale. In ogni caso mia mamma si sarebbe sicuramente opposta al taglio cesareo perché, per lei, il partorire era una cosa naturale e il bambino doveva essere lui a uscire da solo. Lei diceva sempre che una donna doveva solo seguire il flusso quando doveva partorire e tutto sarebbe venuto da sé. Secondo me aveva ragione. Si deve nascere da soli, non deve essere un altro a farti uscire perché poi nella vita ti succederà la stessa cosa e tu non riuscirai mai a decidere nulla fino in fondo e avrai sempre bisogno di qualcuno che dovrà decidere per te.

Sin da piccolo il mio sogno era quello di fare una professione artistica, di scrivere, dipingere, suonare, ma essendo nato in una famiglia patriarcale, dove solo i miei bisnonni, che non ho mai conosciuto, suonavano ognuno uno strumento e facevano parte di orchestre, è stato un po’ difficile trovare la mia strada in tempi brevi, perché i miei sogni erano sistematicamente spenti e ho avuto un po’ di ostacoli da superare prima di ritrovare Giorgio. Anche quando in V elementare feci il tema più bello della scuola, non avrei mai immaginato che un giorno avrei veramente scritto e fatto il giornalista e sarei riuscito a realizzare un pezzetto del mio sogno.

Quando ho compreso che creare degli ostacoli in età adolescenziale è il più grande regalo che i tuoi genitori possano farti, ho deciso che nella mia vita avrei aiutato gli altri a realizzarsi, e diventare un esperto di comunicazione umana era sicuramente la strada che volevo intraprendere, anche se sia a livello scolastico che professionale era tutto da inventare.

La mia infanzia trascorse in maniera molto spensierata tra risate, giochi all’aria aperta, tanto sport e la mia inseparabile chitarra acustica. Ma dopo aver superato le scuole elementari e le scuole medie con molta facilità, i nodi arrivarono al pettine quando in seconda superiore la mia “r” fu motivo di fastidio assoluto per il mio insegnante di italiano, che mi ripeteva sempre che non capiva cosa gli dicevo e sistematicamente mi dava un’insufficienza.

Mi diede anche tre su un tema che feci su un argomento su cui ero molto preparato: “Come i media influenzano la realtà”. Fu un duro colpo per me, ma capii tutto trent’anni dopo, quando mi ritrovai docente all’Accademia di Comunicazione di Milano nel master dal titolo: “La comunicazione attraverso i media”: come avevo già intuito, c’era un grande lavoro da fare sugli insegnanti. Lavoro che ancora oggi resta da fare.

Insomma, dovevo prendere la vita nelle mie mani. Nessuno poteva aiutarmi, se non Giorgio. Esattamente come quando ero venuto al mondo. Dovevo rinascere e impadronirmi della mia vita, trovando il modo.

All’età di diciassette anni arrivò per me l’occasione di prendere in mano le briglie del mio destino e, senza guardare in faccia nessuno, mi staccai dalla mia famiglia.

Conobbi dei dirigenti di una grande azienda che cercavano giovani da avviare alla professione di informatico. Mi presentai e scoprii per la prima volta nella mia vita che quando si ha un forte motivo dentro, la tua energia cambia e le persone se ne accorgono subito. Non sono d’accordo con chi dice che la motivazione è una cosa inutile. Io asserisco che, se non hai un motivo, nella vita non fai proprio niente. E io avevo un grande motivo: prendere la vita nelle mie mani e dimostrare a tutti che ero un grande esperto di comunicazione.

Mi presentai al colloquio e dopo averli tramortiti con il mio interessamento, fregandomene della mia r moscia e un po’ “arruffata”, il pomeriggio stesso mi chiamarono a casa dicendomi che mi avrebbero assunto.

Era il 1° giugno 1979 quando, non ancora diplomato, incominciavo a lavorare in uno dei posti più avanzati in assoluto nel campo dell’elettronica e dell’informatica in ambito aerospaziale.

La mia carriera incominciò ufficialmente in questo modo, tra computer e diagrammi, istogrammi e luoghi comuni dal lunedì al venerdì e una chiara consapevolezza interiore che stavo facendo la cosa giusta. Il sabato e la domenica passavo il mio tempo a suonare la chitarra, lavoravo in una piccola radio privata, studiavo e pensavo di avere risolto ogni problema, ma mi accorsi ben presto che non era affatto così.

Non avevo ancora un diploma, dovevo trovarmi una casa, non avevo una patente per guidare l’auto ed ero ancora troppo giovane per poter fare tante cose che erano dentro di me e che vedevo solo io. Mi organizzai: mi iscrissi all’ultimo anno serale per diventare perito elettronico, andai a scuola guida, trovai una casa insieme a due amici per condividere le spese. Ricordo che lo stipendio non mi bastava mai. Tra andare al lavoro, a scuola, spostarmi, i libri, i piccoli viaggi per andare a imparare cose nuove, la scuola guida, non ce la facevo.

Decisi allora di provare a guadagnare qualcosa di più facendo la radio e ci riuscii, ma solo se avevo degli sponsor. Suonavo la chitarra nei locali nei week end e facevo consulenze in ambito elettronico. Insomma, ero occupato 24 ore su 24.

Nel giro di un anno mi diplomai, presi la patente, suonai come session man in tre dischi importanti e presi la mia vita in mano.

I miei genitori osservavano quel bambino con aria stupita senza mai interferire. Vigilavano e controllavano a distanza. Anni dopo capii che cosa voleva dire fare il genitore e li ringrazio per questo, proprio per non aver mai interferito nel mio cammino e non aver mai commesso l’errore di fare i genitori “elicottero”, come li chiamo io. Il prezzo da pagare per prendere la mia vita in mano fu quello che dovetti isolarmi da tutto e da tutti e rimanere sempre molto concentrato. Niente amici, niente cinema, niente vestiti nuovi, niente vacanze, niente divertimenti. Ricordo con un sorriso sulle labbra che – non vivendo più in famiglia – o mangiavo o pagavo la bolletta della luce. Oggi mi viene da sorridere, ma tanti anni fa non ridevo proprio, però avevo deciso che era così e dovevo fare così. Non ho voluto mai nessun aiuto dai miei genitori. Era necessario che ce la facessi da solo, esattamente come quando ero nato. Volevo essere indipendente in tutto e per tutto.

Dovendo occuparmi di molte cose, imparai a organizzarmi e a pianificare la mia vita.

In quegli anni capii che la mente decide tutto.

 

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Parla con te”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *