Una rosa bianca per Polifemo

18,00

Formato: Libro cartaceo pag. 146

Autore: Natalina Fragomeni

Note sull’autore

 

COD: ISBN: 978-88-5539-260-0 Categoria: Tag:

Descrizione

Che bisogno c’era di un altro commissario? Ce ne sono già tanti: alcuni vanno in televisione, altri rimangono confinati tra le pagine dei libri, ma tutti riescono sempre a risolvere casi complicati. Che cos’ha allora di diverso il commissario Rodrigo Guarneri? Nulla. Ma c’è posto anche per lui in un paesino immaginario dell’hinterland milanese che finisce dove iniziano le risaie del Pavese.

Non darà fastidio, tranne che ai criminali s’intende, non vuole fare l’eroe o essere ’na cusa ’randi, come gli rimprovera la madre. Fa solo il suo lavoro. Per farlo è venuto su dalla Calabria.

Un operatore ecologico, da sempre emarginato dalla comunità e che ha problemi anche solo a parlare con uno sconosciuto, viene trovato morto accanto a un accampamento nomadi.

Tutte le prove sembrano far pensare che fosse coinvolto in un traffico di droga, ma il commissario Guarneri non tralascia nulla: fantasmi del passato, colleghi di lavoro, eppure ogni volta si ritrova a dover ricominciare daccapo. L’unica cosa certa è che è scomparso il cellulare della vittima e che prima di morire voleva fare una buona azione.

 

INCIPIT

Martedì 16 aprile 2019

 

Era stato il responsabile della raccolta rifiuti a dare l’allarme.

Alle tre del pomeriggio, come ogni giorno, Pietro Spalletti stava passando in rassegna i veicoli impiegati per la raccolta differenziata per controllare che non avessero subito danni durante la giornata.

Era già capitato che qualcuno degli autisti avesse preso male le misure facendo manovra e avesse strisciato contro un muro o, peggio ancora, urtato un’auto parcheggiata. Ma figuriamoci se si erano presi il disturbo di riferirglielo rientrando a fine turno.

Ispezionare tutti gli automezzi alla fine della giornata, quando gli uomini andavano a cambiarsi e fare la doccia prima di andare a casa, gli consentiva di inchiodare subito il colpevole dell’eventuale sinistro. Se avesse aspettato il giorno dopo, quello sicuramente si sarebbe difeso insinuando il dubbio che il danno fosse opera di vandali durante la notte, dato che il parcheggio non era custodito.

I veicoli erano tutti allineati in uno spiazzo abbastanza distante dalle abitazioni poiché, a dispetto delle grosse margherite dipinte sulle fiancate, anche una volta svuotati del loro contenuto non emanavano proprio un odore di bouquet fiorito.

Spalletti iniziò dal grosso compattatore per la raccolta della carta: paraurti intero, fanali interi, specchietti integri. Passò a quello del vetro: anche qui tutto a posto. Poi c’erano i due veicoli che separavano umido e secco: a parte una fiancata schizzata di fango, era tutto in ordine. E per finire i tre veicoli più piccoli con il cassonetto aperto, poco più grandi di un grosso SUV. Ciascuno copriva una zona diversa del paese ed erano impiegati per svuotare i cestini dei rifiuti posizionati sui marciapiedi o all’interno delle aree verdi.

Il primo tutto in ordine, ma quando si spostò davanti al secondo, a Spalletti venne quasi un colpo.

«Dove diavolo è finito il terzo?»

Ne mancava uno.

Si girò e si diresse a grandi passi verso l’edificio. Con una manata spalancò la porta dello spogliatoio maschile. Anzi, dello spogliatoio e basta, poiché ce n’era uno solo. Fortunatamente al momento non c’erano donne impegnate nella raccolta dei rifiuti e quindi non si ponevano problemi.

Garullo e Saggese afferrarono velocemente un asciugamano e se lo legarono intorno alla vita mentre gli altri, che erano già mezzi presentabili, si bloccarono con aria interrogativa.

«Dov’è finito Polifemo?» urlò Spalletti.

Gli uomini si guardarono in faccia uno con l’altro, ma chi alzava le spalle e chi scuoteva la testa. L’unico a parlare fu Garullo:

«Verso l’una e mezza l’ho visto dall’altra parte della strada, poco prima della rotonda dei cipressi. Stava andando verso i grattacieli o forse verso la fabbrica di cioccolato. Probabilmente faceva la zona esterna oggi».

«Lo so anch’io che faceva la zona esterna! Sono io che vi assegno le zone al mattino. Intendo dire dov’è adesso? In questo momento? Visto che non è rientrato» urlò in faccia a Garullo.

Non aveva un’alta opinione degli uomini della sua squadra. Non aveva mai legato con nessuno di loro e non gli interessava conoscerli più di quello che serviva per lavorarci insieme.

Uscì dallo spogliatoio più furioso di quando c’era entrato e fece di corsa la rampa di scale che portava agli uffici del primo piano. Per fortuna il suo ufficio era subito sulla destra. Si sedette alla scrivania e riprese fiato prima di afferrare la cornetta e comporre un numero.

Pietro Spalletti aveva superato i cinquant’anni già da diverso tempo e non era mai stato un tipo sportivo, ma adesso era decisamente fuori forma e anche una singola rampa di scale gli procurava il fiatone. Dall’altra parte una voce femminile aprì la linea: «Polizia locale».

«Sono Spalletti, della raccolta rifiuti, sa dirmi se un nostro mezzo è rimasto coinvolto in qualche incidente oggi?»

Ci fu un attimo di silenzio: «No, non mi risulta».

«E ci sono per caso problemi in qualche zona? Strade bloccate? Circolazione deviata?»

«No, non mi risulta.»

«Arrivederci» e riattaccò.

Ruotò sulla sedia e guardò fuori dalla finestra: il cielo era coperto, minacciava pioggia.

«Polifemo, se non arrivi entro mezz’ora, giuro che ti sbatto fuori a calci in culo e non m’importa di quanti problemi tu abbia.»

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