Un salto in paradiso

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Valeria De Cubellis

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-374-1 Categoria: Tag:

Descrizione

Materio, un piccolo paese della collina torinese, è il posto classico dei pranzi domenicali fuori porta, nella natura e nella bellezza delle cose semplici, che però diventa lo scenario di un delitto di efferata crudeltà che sconvolge i cittadini del paese e anche il maresciallo capo dei carabinieri Daniele Magreschi. Accadimenti inaspettati si accavallano alle indagini per scoprire l’assassino e quello che viene alla luce, prima di tutto, sono le crepe esistenziali degli uomini e i limiti, che da essi stessi discendono, di un posto che sembra il paradiso e probabilmente non lo è.

INCIPIT

Ripeteva ossessivamente la sua preghiera: «Non mi punire così. Dio, non mi punire».

La ripeteva a fior di labbra, piangendo.

Lei non pregava mai, e lo diceva a tutti.

Diceva anche di non credere in dio, ma era giunto il momento di mettere in dubbio le sue convinzioni, perché sentiva di non farcela, a cavarsela da sola.

Proprio di non farcela.

Correva, piangeva, squittiva impaurita. Fuggiva, come una blatta sulle piastrelle di una cucina improvvisamente illuminata. La luce era quella della luna, indifferente. Lei cercava l’oscurità pietosa del bosco. Con la torcia del cellulare non temeva avvallamenti, dirupi, cinghiali. Non la toccavano le paure che fino a qualche ora prima l’avrebbero accomunata a qualsiasi ragazzina. Non temeva nemmeno la pantera: aveva un’angoscia più grande.

Era agosto, il sudore le colava sulla schiena eppure sentiva la pelle ghiacciata. Si rendeva conto solo adesso di quanto fosse indifesa e piccola. Troppo giovane, come diceva sua madre. Labbra rosse, gonne ai glutei e scollature le davano l’aria della puttana ma non l’esperienza. Aveva capito: era stata arrogante, un’idiota.

«Fa’ che non sia troppo tardi, Dio.»

Mentre correva vedeva sua madre seduta in poltrona, avvolta di buio, il viso acceso per i bagliori del televisore. La stava aspettando, ma lei forse non sarebbe tornata.

«Mamma» pianse.

Le scappò un grido che soffocò: non era il momento di farsi prendere dal panico, non era il momento. Doveva crescere. Si era ficcata in un guaio e doveva uscirne, sola come ci era entrata.

I suoi piedi correvano per salvarle la vita, i suoi piedi con le unghie laccate di blu. La milza pungeva, come nell’ora di ginnastica, quando correva intorno alla scuola, ma adesso non poteva fermarsi, non poteva lamentarsi. Doveva salvarsi la vita per non dare un dolore a sua madre.

«Dio, fallo per lei.»

Un tuffo al cuore, quando uscì dal bosco e vide la strada.

«Ce la faccio» pensò.

Fu un errore.

Si voltò un paio di volte: il bosco le sembrò quasi lontano, il paese era a non più di trecento metri, ma non avrebbe dovuto sperare. Appena imboccata l’ultima curva prima del centro abitato, trovò l’auto di lui parcheggiata sul ciglio della strada. Fari spenti, dentro nessuno. Si bloccò ansimante: non sapeva cosa fare. Si guardò attorno come una lepre braccata, per riuscire a scorgere un movimento, per capire da che parte potesse provenire la bestia. Ma quando percepì i passi dietro, non fece nemmeno in tempo a voltarsi: si sentì afferrare e chiudere da braccia spesse.

«Ora vieni con me» disse.

La ragazza si mise a piangere.

«Ti prego, Dio» urlò. Non perse tempo con quell’altro, come se Dio fosse il più ragionevole dei due a cui affidare una supplica. Infatti non la mollava e non era disposto alla pietà: le tappò la bocca con la mano, con il braccio ancora stretto in vita la sollevò. La ragazza sentì il suo sudore, quell’odore di bestia grassa che gli veniva addosso quando si eccitava. Sentì che faticava, ansimava, ma non mollava la presa e nemmeno gli mancava l’energia per trascinarla nuovamente nel fitto del bosco. Cercò di divincolarsi e riuscì a liberare la bocca. Mentre tentava di tappargliela di nuovo, lei aprì le fauci e morse con tutta la forza: sentì affondare i denti nella carne, e sentì dolore fin dentro le radici, fino alle tempie, fino all’apice del cranio, ma nonostante ciò continuò a stringere. Guadagnò poca roba e dolorosa: uno schiaffo in testa e l’ordine di tacere. Gridò ancora più forte, sentì la gola strapparsi. Allora lui la appoggiò a terra: con una mano la tenne per un braccio, l’altra nonostante la ferita gliela infilò chiusa a pugno nello stomaco. Le scoppiò la pancia. Si sentì spezzare in due, s’accasciò ed ebbe voglia di vomitare, restò inerme come un burattino senza fili. Senza respiro, senza voce. Senza speranza: lo comprese.

Mille volte, continuamente, chiese perdono a sua madre e fu questo ad aiutarla a non sentire più dolore. Mai più. Neanche dopo. Il rumore dei suoi piedi abbandonati a terra e trascinati fu tutto ciò che di vivo ancora per poco sarebbe restato di lei nel mondo.

1 recensione per Un salto in paradiso

  1. Claudio O

    Leggere sorridendo

    Impressiona in primis il modo molto singolare con cui sono raccontate le vicende. Chi scrive sfoggia una scrittura avvolgente che non lascia un istante di pausa possiede un modo quasi canzonatorio di descrivere i personaggi, protagonista compreso inchiostrando sferzate di autoironia.
    Pur non essendo un thriller a tutti gli effetti (almeno come vengono confezionati ai giorni nostri con sparatorie, sangue ed esplosioni varie), questo romanzo offre molto al lettore che attento ne saprà godere in pieno.

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