Sottopelle

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Danae Lorne

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-203-4 Categoria: Tag:

Descrizione

“Perdere il controllo per amore fa parte del viaggio, serve a mantenere l’equilibrio”.

Per poter amare, però, bisogna anzitutto trovare se stessi, accettare di mettersi in gioco, conquistare  la propria libertà interiore, altrimenti non si può essere pronti a rischiare, o può essere molto pericoloso.

Da tre anni Giulia ha scelto di dedicarsi al suo lavoro di psicologa, facendone la sua unica passione, e comprendendo così di essere nuovamente pronta ad aprirsi all’amore, alle emozioni e al desiderio, a cui si abbandona completamente, complice un profondo erotismo. Sarà questa la chiave che le permetterà di vedere chiaro nel suo cuore e nella sua mente, e di fare una scelta trasgressiva e sincera, , perché l’erotismo è il mezzo forse più autentico per scandagliare gli angoli più nascosti di noi, lì dove siamo nudi e veri, dove non possiamo mentire.

INCIPIT

Sandra mi guarda con quegli occhioni nocciola e spauriti, vuole risposte e consigli pratici per riuscire a vivere la sua giovane esistenza senza doversi preoccupare delle extrasistole che le levano il respiro terrorizzandola a morte e delle crisi di panico che seguono e che la inchiodano in casa per giorni.

È in terapia da me da qualche tempo, è stata la mia prima paziente. Ha un viso così dolce!

È molto più forte di quello che pensa e molto più matura di quegli imbecilli dei suoi che hanno divorziato e ora pensano di recuperare il tempo che hanno perso cercando di fare i genitori.

L’hanno avuta da giovanissimi, non erano pronti ma l’hanno tenuta lo stesso, le hanno fatto pesare questa cosa e oggi che ha diciassette anni le fanno scontare il tempo che le hanno dedicato capovolgendo le parti.

La madre esce quasi tutte le sere e rientra tardissimo, va a spassarsela “ora che può”, così le dice. Il padre, da quello che mi ha raccontato, credo sia un gay latente.

Va in giro a fare il puttaniere vestito da fatina leggiadra.

“Prenditi i tuoi spazi, Sandra, non preoccuparti troppo del resto, ‘non preoccuparti’, questa è la parolina magica, devi imparare a dare il giusto peso alle cose, anche a quello scombussolamento che senti dentro ogni volta che hai una crisi. Lo sai che non è nulla, impara ad ascoltarlo, a razionalizzarlo, lo sai che non stai per morire, pensalo per quello che è: un monito, un mezzo che ha il tuo corpo per avvisarti, per dirti di fermarti e pensare un po’ di più a te stessa, a quello che ti fa stare bene, a quello che ti fa sentire viva!”

“Mia madre dice che dovrei farmi dei controlli al cuore e che così quando vedrò che non ho niente non avrò scuse per far la scema.”

“Se TU pensi che una visita possa aiutarti a farti stare più tranquilla, sono la prima a consigliarti di farla, ma fallo per te. Sai, non è vero che le madri sanno sempre quello che è giusto per noi, non sono esseri perfetti, Sandra, sono esseri umani pieni di paure e confusione come tutti. Non dar peso alle sue parole. Pensa a te, alla tua vita.”

Le accarezzo una mano e la sento sciogliersi. Lei mi guarda e ricambia il mio gesto con un sorriso colmo di gratitudine.

“Grazie dottoressa, se non ci fosse lei non saprei dove sbattere la testa.”

“Quando vuoi sai dove trovarmi, per qualsiasi cosa io ci sono sempre.”

Si alza e mi abbraccia.

Questi sono i momenti che mi riempiono l’anima di pace e di gioia infinita, per questi momenti ho lottato, per questo senso di pienezza ho rinunciato a tutto il resto.

“Adesso vai a casa e fai qualcosa che ti gratifica, coccolati un po’, non so, comprarti un bel dolce e mangialo guardando il tuo telefilm preferito o qualsiasi altra cosa che ti faccia stare bene dentro. Noi ci vediamo lunedì, ok?”

“Ok, farò come ha detto, a presto.”

L’accompagno alla porta e la saluto guardandola allontanarsi nel vialetto di quella che è diventata a tutti gli effetti casa mia.

La mia casa, solo mia e di nessun altro. Il nido dove vivo e dove lavoro.

È passato un bel po’ di tempo da quando mi sono sentita la fragile e confusa Giulia bisognosa d’amore.

Sono passati tre anni e da allora non ho sentito il bisogno di altro, sono rimasta concentrata su di me e sui problemi dei miei pazienti che ahimè si stanno moltiplicando a vista d’occhio.

C’è chi ha veramente bisogno del mio supporto, ma la maggior parte è gente sola che ha solo bisogno di sfogarsi, di farsi ascoltare. Ha bisogno di sapere che c’è qualcuno che può consigliarlo, guidarlo, perché non ha punti di riferimento, né una figura importante da emulare.

La nostra società non dà spazio a chi non ha una voce forte che sovrasta le altre, ma tutti hanno bisogno di raccontarsi, di farsi sentire, è un bisogno vitale quasi quanto quello di respirare. E allora vengono da me, si rilassano e mi vomitano addosso di tutto, dalle défaillancesessuali alle doti culinarie per agganciare l’uomo dei sogni. Io li ascolto davvero perché è una cosa che mi diverte, amo osservare questo curioso e variopinto spettacolo che è l’essere umano. E loro lo sentono e la cosa li accende, li appaga… li fa sentire protagonisti almeno per qualche ora, poi mi stringono la mano grati e si preoccupano di fissare il prossimo appuntamento alla solita ora.

Da una parte penso che sia meglio così, il dolore reale, la sofferenza mi angustiano.

Rientro e aggiorno la cartella clinica di Sandra, sta facendo progressi da quando è venuta qui la prima volta. Gli attacchi di panico sono diminuiti e non ho più dovuto ricorrere agli ansiolitici, credo che la mia figura in qualche modo abbia riempito il vuoto lasciatole dal padre prima e dal fidanzatino che l’ha mollata qualche mese fa e che ha scatenato il panico. Questo ragazzetto dalla figura esile, quasi asessuato, le ricorda il padre, a cui naturalmente è legatissima come tutte le donne. Il suo abbandono in qualche modo le ha fatto rivivere il trauma precedente, ovvero l’allontanamento del padre quando ha lasciato il nido. Mi piacerebbe conoscerlo questo strano personaggio, vorrei dargli qualche dritta sulla sua identità sessuale e fargli capire che sua figlia ha bisogno di lui.

Questo pensiero mi riporta a qualche mese fa, alla lunga telefonata di Robert.

Non lo sentivo da quasi un anno e la sua voce quel giorno mi ha un po’ scombussolata. Mi ha confessato la sua omosessualità ormai accettata e condivisa con un uomo con cui vive da qualche tempo a Londra. L’ha sempre saputo, in fondo, anche quando diceva di amarmi.

“Ti amo ancora, Giulia… amo il tuo lato maschile, che è molto accentuato” mi ha detto ridendo.

La cosa più difficile è stato confessarlo alle figlie, la moglie in qualche modo lo sapeva già, lo sentiva, come l’ho sentito io quel giorno al lago.

Sono felice di saperlo sereno, sono serena anch’io adesso, Robert è stato per tantissimo tempo il mio principale e più importante riferimento sentimentale.

Per tanto tempo ho pensato che fosse il mio uomo ideale, adesso so che è, sarà sempre l’uomo più vicino a me come indole, come sensibilità, intuito, quello che mi sente e mi conosce meglio di tutti.

Mi ha promesso che prima o poi ci rivedremo, io spero meglio poi.

“Permesso?”

“Oh, signor Cini, si accomodi, la stavo aspettando.”

“Mi chiami Giorgio, mi fa sentire meglio!”

Sei il sessantenne vedovo che vuole ricominciare tutto daccapo, peccato che gli anni vissuti non si cancellino soltanto indossando un paio di jeans scoloriti!

“Certo… Giorgio.”

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