Quando comanda il mare

12,00

Formato: Libro cartaceo

Autore: Roberto Menaguale

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-5539-003-3 Categoria: Tag:

Descrizione

Per rinascere non sempre è necessario essere morti, a volte basta non aver mai vissuto. E per uscire da una gabbia, non sempre servono le chiavi, a volte è sufficiente allargare le sbarre.

Per il giovane e brillante chirurgo Marco Lorenzi il trasferimento a Ferrara è l’occasione per lasciarsi alle spalle sia una insoddisfacente situazione professionale, sia la relazione ormai vuota con Michela e, al tempo stesso, è l’opportunità di conoscere un gruppo di amici che appartengono alla “crema” della società ferrarese. Un vero e proprio cambiamento di vita, soprattutto il superamento di una solitudine esistenziale profonda, in una città invernale, dove le giornate di nebbia densa generata dal fiume si alternano a giornate limpide e ventose, quando il vento soffia dal mare.

E, dopo aver trovato le chiavi della propria vita, la difficoltà consiste poi nel trovare la porta giusta.

 

Sudore e profumo

L’asfalto viscido e la nebbia, sempre più color latte sotto l’insolenza dei fari, mi suggerirono di accettare l’invito di un’insegna giallastra, dove la parola trattoria, a causa di un paio di lettere spente, più che leggersi, si indovinava.

Se non altro, avrei fatto riposare gli occhi e calmare lo stomaco.

La porta massiccia, appena appena alleggerita da un vetro ellittico, opaco, da cui la luce faticava a uscire, si aprì indecisa, facendo squillare un campanello stonato.

Non ero ancora entrato del tutto, quando un odore unto, ma gradevole, si impossessò del mio naso e vampate di calore umido cominciarono a condensare sulla pelle fredda del mio viso.

Il locale era ampio, i tavoli quasi tutti occupati da persone che mi sembrarono camionisti, alcuni già alle prese con pietanze fumanti, altri con vino e grissini, altri ancora in attesa, chi in attesa composta, chi un po’ meno.

L’odore che avevo avvertito entrando era adesso forte e pregnante, sputato fuori da una specie di grossa finestra sullo sfondo, sul davanzale della quale un concerto di mani posava, senza sosta, piatti stracolmi.

Evidentemente la generosità non doveva far difetto a una griglia, che pur invisibile, si faceva indovinare con i suoi scoppiettii.

Stavo guardando se c’era un tavolo libero, quando un cameriere, giacca bianca sgualcita e pantaloni neri, spuntato non so da dove, mi intercettò con modi gentili.

«Il signore è solo?»

«Sono solo.»

Con decisione e con un fare che voleva essere elegante, mi fece sistemare in un tavolo d’angolo, dove l’aria calda si concentrava e il chiacchiericcio, fastidioso, risuonava.

Mi tolsi la giacca, con un certo sollievo, ma dovetti rassegnarmi a quei graffi sui timpani.

«Faccio io o preferisce ordinare?»

Dato l’ambiente e il tono della sua voce, la risposta mi sembrò obbligata.

«Faccia lei, ma mi raccomando, qualcosa di leggero.»

Leggero, non mi era venuto un altro aggettivo.

«Ci penso io, non si preoccupi, intanto le porto del vino, abbiamo un rosso niente male.»

«Anche dell’acqua minerale gassata, grazie.»

Solo quando si girò, dirigendosi verso la bocca dell’inferno, mi accorsi dell’immancabile tovagliolo appeso a un braccio e di un codino di capelli nerissimi.

Non mi fece aspettare molto.

«Vedrà che resterà soddisfatto.»

Aveva ragione, rimasi più che soddisfatto, il rosso era morbido e la sua interpretazione dell’aggettivo leggero non avrebbe potuto essere più azzeccata.

Avevo appena finito quando un donnone dall’età indefinibile, lardi in libertà, il grembiule a quadri a stento trattenuto dai lacci, il viso gonfio ma ingentilito da un sorriso accattivante, mi chiese se potevo far accomodare gli ultimi arrivati, due tipi con i baffi in prima fila, pelle olivastra e profumo non proprio di violetta.

«Sa… anche stasera siamo al completo.»

Concentrato su quella cenetta inattesa, su quella carne tenera arrostita con cura, il palato solleticato da carezze a tredici gradi, non mi ero accorto che c’era perfino qualcuno che aspettava sulla porta.

«Ci mancherebbe, signora, lascio subito il tavolo libero… devo arrivare in serata al residence Le Torri, ho prenotato.»

«Ma lei vuole scherzare, ogni minuto che passa è peggio, la nebbia diventa sempre più fitta.»

«Ma sono solo pochi chilometri…»

«Aldo, diglielo tu.»

Aldo era uno di loro e loro erano i camionisti, adesso non c’erano più dubbi sul mestiere di quegli uomini così diversi eppure, per qualche verso, decisamente uguali.

E sì, adesso che ci avevo fatto caso, trovare una donna in quella fauna umana non era facile, ce n’erano solo due, infatti, tutte e due in un gruppetto che festeggiava qualcosa.

Così almeno si capiva da un residuo di torta e dalle bottiglie di spumante, tante, parcheggiate in ordine sparso.

Aldo mi guardò pigramente, con la faccia di chi la sa lunga ma non ha voglia di parlare, poi liberò la sua saggezza.

«Certo, quando comanda il fiume ci fermiamo perfino noi.»

«Quando comanda il fiume?! E che vuol dire?»

«Quando comanda il fiume… ah… sì…»

Sembrava sorpreso che non avessi capito, ma fu roba di un attimo.