Petali nel vento

15,00

Formato: Libro cartaceo pag. 136

Autore:Alberto Sirio

Note sull’autore

 

COD: ISBN: 978-88-5539-102-3 Categoria: Tag:

Descrizione

All’apparenza la vita di Alice, una studentessa di quarta liceo, comprende tutto ciò che una ragazza della sua età potrebbe desiderare: un’amica fidata cui aggrapparsi, una relazione stabile, ottimi voti a scuola e un futuro assicurato presso lo studio legale del padre. Tuttavia all’alba dei suoi diciotto anni si trova a dover fare i conti con una domanda da cui ha sempre cercato di sfuggire: “Chi sono io?”

Soltanto rimettendo in gioco tutte le sue certezze, a partire proprio da se stessa, Alice troverà la strada per uscire dall’adolescenza e diventare adulta, e dovrà imparare a decidere in modo autonomo, prendendo consapevolmente in mano il suo futuro.

INCIPIT

Il primo ricordo che sovvenne ad Alice nel ripensare agli anni del liceo fu il profumo del pane appena tostato. Una regola non scritta della sua famiglia, infatti, consisteva proprio nel consumarne almeno una fetta a testa prima di incominciare la giornata. A fare da garante era sua madre, Rosalba, che si alzava prima di tutti per imbandire la tavola. I giorni in cui suo padre, Antonio, non doveva andare in tribunale già di mattina, era lei a dare per prima il buongiorno a sua madre. Aveva anche una sorella minore, Margherita, che invece era l’ultima ad alzarsi. Tra lei e Margherita c’erano sette anni di differenza. Benché Margherita obbligasse sua madre a chiamarla più e più volte prima di convincerla ad alzarsi, alla fine anche lei cedeva pur di non dover rinunciare alla sua fetta di pane tostato. Insomma, quella che in un primo momento per entrambe veniva recepita come una routine fine a se stessa, col tempo si era trasformata in una piacevole abitudine cui ciascuna aveva poi aggiunto un tocco personale. Difatti, Alice farciva le sue fette con la marmellata di fragole preparata da sua nonna, mentre Margherita prediligeva il burro. A causa delle divergenze negli orari, la condivisione del rito della colazione era quindi riservata alla domenica. Solo in virtù di due circostanze che dovevano necessariamente verificarsi in contemporanea poteva accadere anche durante la settimana: niente lavoro in tribunale per Antonio, e un risveglio anticipato per Margherita: una congiuntura assai poco frequente. Eppure il flusso di ricordi ebbe inizio proprio in una di quelle mattine rare e preziose durante le quali a godere del profumo del pane appena tostato era l’intera famiglia. Ormai la primavera era nel pieno del suo fiorire e, per colpa della sua allergia al polline, Margherita si era alzata in anticipo.

 

«Buongiorno tesoro» disse Rosalba non appena aveva visto la figlia minore venire a tavola prima del solito. «Ti ho già preparato l’antistaminico da prendere vicino al bicchiere.»

Alice era seduta a tavola solo da qualche minuto e, deducendo dalle borse sotto gli occhi della sorella la pessima giornata che le si prospettava, aveva deciso di manifestarle la sua solidarietà alzandosi per porgerle il burro.

«Dai, che oggi pomeriggio vengono i nonni a farti compagnia» disse Alice con tono rassicurante. «Magari la nonna porta anche la sua torta di mele.» Abituata com’era al silenzio mattutino di Margherita, non si aspettò certo di ricevere una risposta. E in effetti fu così. Ma a sentire nominare i nonni le labbra di Margherita si curvarono in un sorriso appena percettibile, e tutto il suo volto assunse un’espressione più distesa. Se non fosse stato per gli occhi arrossati, la si sarebbe potuta definire perfino felice. D’altronde tutti in famiglia sapevano che i genitori di Rosalba provavano per i loro nipoti un affetto profondo, talmente forte da riuscire a strappare un sorriso a Margherita, anche se costretta ad alzarsi in anticipo.

«Buongiorno a tutti» disse Antonio con ancora indosso il pigiama. «Già sveglia, che evento! Per caso oggi, Marghe, hai qualche gita?»

Per tutta risposta Margherita lanciò un’occhiata feroce al padre ma, probabilmente per via della luce soffusa che Rosalba accendeva per rendere il risveglio di tutti più dolce, Antonio sembrò non accorgersi di nulla.

«L’allergia l’ha tenuta sveglia tutta la notte» disse Rosalba sedendosi anch’essa a tavola nonostante avesse già fatto colazione. «La primavera non vuole proprio darle tregua.»

«Ma se si sente male sarà meglio tenerla a casa» disse Antonio ora concentrandosi sul colorito della figlia. «Appena arrivo in ufficio chiamo subito il Dottor V.»

«Non sono malata!» gridò Margherita con aria accigliata. Un attimo dopo aveva trangugiato la pastiglia di antistaminico ed era corsa in camera sua a prepararsi.

«Se vuoi sentirlo non c’è problema» disse Rosalba accarezzandogli il dorso della mano. «Ma le ho già dato l’antistaminico che prende di solito. Con un po’ di riposo tornerà in forma.»

«Guarda che ora si è fatta» continuò Rosalba. «Sarà meglio che vada a prepararti anche tu, Alice. Stamattina col bagno bisogna essere più veloci.»

«Certo mamma» disse Alice alzandosi per andare a sciacquare la sua tazza. «Vado subito, così puoi aiutare Margherita con calma.»

«Grazie Ali» disse Rosalba.

«Prenditi una pausa prima di andare in ufficio» disse Antonio rivolto a Rosalba. In mano aveva la quarta fetta di pane tostato. «Ci penso io ad accompagnare Margherita a scuola. Così spiego anche alla maestra la situazione.»

Rosalba annuì e prima di andare in camera da Margherita gli diede un bacio sulla fronte. Per un attimo ebbe l’impressione che fosse sul punto di replicare qualcosa, rinunciando però all’ultimo istante. Non poteva certo saperlo con certezza, ma per qualche motivo era convinta che avrebbe voluto dirgli qualcosa del tipo: «Guarda che la maestra ormai è perfettamente al corrente del problema di Margherita». Anzi, ne era certa. Quella sua espressione di rasserenata dolcezza non poteva significare nient’altro. Era un’espressione che aveva imparato a conoscere bene, ma su cui ogni volta si interrogava comunque.

 

Alice era iscritta al liceo classico del suo quartiere, dove l’odore di salino del mare arrivava fin dentro le aule. La città dove viveva era delimitata a Nord dalle montagne e a Sud dal mare e per questo nel corso dei secoli si era sviluppata in orizzontale, andando così a creare una lunga striscia di case un po’ abbarbicate in collina e un po’ affacciate sul mare. E lei aveva avuto la fortuna di trovarsi a vivere proprio a pochi passi dal lungomare. Si usa la parola fortuna non a sproposito: era lei stessa a considerarla come tale. Per qualche strana ragione il mare l’aveva sempre affascinata, fin da piccola. Forse perché il suo approccio con l’elemento era stato piuttosto insolito nella sua irruenza. Nell’estate dei suoi tre anni, infatti, mentre era intenta a costruire un castello di sabbia sul bagnasciuga, un’onda le aveva risucchiato il secchiello. E così, senza esitare un attimo, si era messa a inseguirlo, pur non essendo assolutamente in grado di nuotare. Dopo pochi metri i suoi piedi non erano più arrivati a toccare il fondo e d’istinto si era aggrappata al secchiello usandolo come salvagente. Grazie a questa sua prontezza di riflessi e all’aiuto della corrente stava già tornando al sicuro ma in quel momento suo padre, da poco accortosi dell’assenza della figlia sul bagnasciuga, l’aveva intravista dentro l’acqua e si era subito fiondato verso di lei. Nel giro di pochi secondi la stava già stringendo fra le sue braccia, come se l’avesse rivista tornare da un lungo viaggio. Alice non poteva ricordarlo, ma allora suo padre si era davvero impaurito. Non ebbe neppure la forza di rimproverarla, tanto si era allarmato alla vista della figlia in balia delle onde. Eppure, dopo che lo spavento andò via via ad affievolirsi, Antonio notò con stupore quanto sua figlia fosse a suo agio nell’acqua. Siccome lui era nuotatore assai esperto, questa visione lo riempì d’orgoglio. Fu così che quel giorno cominciò a insegnarle a nuotare. E nell’estate dei suoi quattro anni Alice aveva già imparato benissimo. Poi, sotto incitamento del padre, due anni dopo si era iscritta a un corso di nuoto senza più abbandonarlo. Avrebbe anche potuto intraprendere la carriera agonistica ma, non volendo rischiare di compromettere il suo rendimento scolastico, aveva rinunciato: del resto anche Antonio era sempre stato d’accordo al riguardo. E poi ciò che più le importava era la semplice opportunità di nuotare, nient’altro. E il fatto di poter frequentare un liceo che distava solamente un centinaio di metri dal mare le era sempre sembrato un altro valido motivo per sentirsi fortunata. L’edificio era collocato su una strada in salita collegata con il Borgo dei Pescatori, l’ultima propaggine del lungomare della città. Aveva così l’occasione di percorrere la strada che tanto amava già di prima mattina, in compagnia della sua amica Serena. Loro due abitavano infatti a due palazzi di distanza, e si incontravano sempre alla stessa ora per andare a scuola insieme. Ormai non avrebbe neanche più concepito un inizio di giornata senza l’appuntamento con Serena, ma non era sempre stato così: ai tempi delle medie percorreva quella stessa strada, costellata di ciottoli rossi e arancioni dalle forme geometriche più varie, in totale solitudine. A farle compagnia era soltanto il fragore del mare, che sembrava fosse capace di rispecchiare alla perfezione il suo stato d’animo. Eppure, la mattina del primo giorno di liceo un grido lontano l’aveva sorpresa a pochi metri dalla svolta verso la sua nuova scuola.

«Alice, aspetta, ci sono anch’io!» aveva detto Serena con la voce spezzata dalla fatica. Voltandosi aveva visto una figura femminile che la rincorreva e si sbracciava con foga per farsi notare; i suoi capelli biondo cenere erano un po’ scarmigliati per la corsa. Era molto alta, e le gambe snelle la rendevano ancora più slanciata. Riconobbe subito quella bella ragazza: era la sua vecchia compagna Serena. Avevano già frequentato la stessa classe alle medie, ma nessuna delle due aveva mai instaurato un rapporto con l’altra. A dire il vero, sarebbe più corretto affermare che Alice non avesse mai dato troppa confidenza a qualcuno, pur avendo cura di mostrarsi sempre affabile con tutti. Non c’era una ragione particolare a motivare quel suo atteggiamento: lei in quegli anni si era semplicemente limitata a dare il meglio nello studio, senza però interessarsi alle dinamiche sociali della classe. Si era quindi ritrovata in una sorta di zona grigia, finendo per essere considerata “ah sì, quella brava”. Insomma, tutta la classe si era abituata alla sua presenza ma nessuno ne avrebbe notato l’assenza. E così era riuscita ad andare avanti senza instaurare nessun legame solido, dividendo le sue giornate tra lo studio e il nuoto. Forse dentro di lei era convinta che col tempo qualcosa sarebbe cambiato, come se il fatto stesso di sviluppare un’amicizia fosse un processo inevitabile. Chi può dirlo. Alice non sarebbe stata in grado di decifrare la personalità che la distingueva all’epoca delle medie. Ad ogni modo, all’improvviso quella mattina qualcosa cambiò per davvero. Quando Serena l’ebbe raggiunta, non riuscì a parlare subito per via dello sforzo. D’istinto era rimasta a osservarla aggrottando le sopracciglia. In realtà si era subito ricordata di quella bionda, così slanciata, con cui aveva condiviso tre anni della sua vita. Ma proprio non era riuscita a capire il motivo di tanta fretta. Quando Serena ebbe rialzato gli occhi, finì per considerare la sua espressione interrogativa come un gesto di stizza. Temendo di averla importunata, aveva iniziato a scusarsi senza però riuscire a trattenere le risate. A quel punto anche Alice fu trascinata dalla sua risata acuta, e così erano andate avanti per una quantità di tempo indefinito. Dopo che si furono calmate, la cosa più naturale per entrambe fu proseguire nella stessa direzione. Entrambe avevano dato per scontato il fatto che avrebbero frequentato la stessa scuola, iniziando a discutere delle loro paure e delle loro speranze. A reggere le redini del discorso era stata Serena, ma anche lei aveva risposto alle sue domande con un’ottima disposizione d’animo. D’altronde non era mai stata introversa di carattere, solo non aveva mai fatto nulla per uscire da quella zona grigia. C’era voluto l’arrivo di Serena per tirarla fuori da lì. Quando poi avevano realizzato di essere ancora una volta compagne di classe, avevano finito per condividere il medesimo banco senza alcuna esitazione. Da quel momento erano diventate ottime amiche e, grazie all’influenza di Serena, Alice poté inserirsi nella nuova classe evitando così di ripiombare nello stesso baratro. Tuttavia, non riuscì subito a comprendere l’importanza che avrebbe avuto quel tenderle la mano da parte di Serena. Solo nel corso dei mesi, e poi degli anni, Alice comprese di essere stata davvero salvata quella mattina, proprio come se Serena fosse un angelo. E una volta accettata questa realtà, iniziò a considerare l’affetto che la legava a lei come qualcosa da proteggere. Un qualcosa che le aveva fatto scoprire quanta bellezza ci fosse in quell’interesse disinteressato chiamato amicizia.