Descrizione
Terza parte delle avventure di Matilde, che ora ha 22 anni e si trasferisce ad Amsterdam, per frequentare la facoltà di Storia dell’Arte. Con l’aiuto di Jasmine, la ragazza impara a padroneggiare l’amuleto dell’Aria e a conoscere meglio Astrid attraverso i suoi ricordi, legati a oggetti della sua infanzia, conoscenza importante per contrastare la donna che vorrebbe impadronirsi di tutti i poteri di Matilde. Soprattutto, sarà essenziale impedirle di entrare in possesso dell’amuleto dello Spirito, il più potente di tutti, perché Astrid rappresenta un vero pericolo per l’umanità, e Matilde è l’unica in grado di combatterla. Le difficoltà, le lotte, le avventure e i colpi di scena saranno per Matilde un cammino di maturazione. La vera vittoria di Matilde sarà quella di conseguire una maggiore consapevolezza di sé e del fatto che, prima di aiutare il mondo, bisogna imparare ad aiutare se stessi.
INCIPIT
Settembre 2018
«Non posso procedere oltre, è area pedonale» disse il tassista in perfetto inglese, incrinato solo da un leggero accento nordico.
Matilde si riscosse dalle sue fantasie a occhi aperti e annuì. La casa per studenti in cui si stava trasferendo era situata in un quartiere strategico nel centro di Amsterdam, non raggiungibile in macchina.
Dopo che Matilde ebbe pagato, l’autista scaricò i suoi numerosi bagagli. La ragazza si sarebbe aspettata che la seguisse nel vicolo con le valigie più grandi. Invece l’uomo, con un sorriso affabile, la salutò, montò in macchina e ripartì, lasciandola lì senza neanche chiederle se avesse bisogno di aiuto.
La pioggia scendeva delicata e leggera, ma incessante. Gli occhiali di Matilde si appannavano ogni dieci secondi, impedendole la visibilità.
Matilde si domandò in che razza di situazione si fosse andata a cacciare, mentre cercava di capire come trasportare tre trolley, una valigia di medie dimensioni e uno zaino, con solo due mani a disposizione.
Alla fine impilò la valigia sopra al trolley più grande e si sistemò lo zaino in spalla. Prese un trolley in ciascuna mano e mise il terzo di fronte a sé, contando di spostarlo con il movimento delle gambe.
La residenza era proprio dietro l’angolo, questione di un minuto e sarebbe arrivata. Partì lentamente, incerta e, dopo pochi secondi, esultò: il suo metodo stava funzionando! Ma non durò molto. Riuscì a compiere solo qualche passo prima di inciampare nel trolley che la precedeva. Ogni valigia rotolò per conto suo e mancò poco che anche Matilde ruzzolasse. Si salvò in corner, ma i suoi occhiali non ebbero la stessa fortuna: con un volo di almeno tre metri, schizzarono in avanti e caddero sui ciottoli, infrangendosi.
Matilde imprecò ad alta voce e pestò un piede per terra. «È possibile avere un po’ di aiuto, in questa città?» sbraitò in italiano. A Milano o a Parigi, una ragazza non sarebbe mai rimasta in mezzo alla strada con in mano tutti quei bagagli. Qualcuno sarebbe corso ad aiutarla. E poi probabilmente ci avrebbe provato spudoratamente.
A Matilde venne da piangere quando vide che la valigia si era rotta, o comunque aperta, e le sue belle cose adesso giacevano sparpagliate nelle pozzanghere. Mentre cercava di recuperare tutto, giunse inaspettato il suo salvatore.
«Matilde Lovato?» chiamò una voce alle sue spalle.
«Sì, sono io» rispose Matilde, voltandosi.
«Sono Joren, dell’agenzia» disse il ragazzo, un biondo sui trent’anni. «Seguimi, la residenza è proprio qui» e indicò l’insegna sopra la propria testa.
Matilde tirò un sospiro di sollievo nel constatare di essere già arrivata. «Ehm, potresti darmi una mano?» chiese, e indicò le valigie con aria di ovvietà.
Joren annuì e si avvicinò, prendendo i due trolley più grandi. Matilde raccolse da terra e radunò ciò che aveva perso e seguì l’uomo all’interno dell’edificio.
Con grande disappunto, trovò la scala più ripida di sempre ad accoglierla appena varcata la soglia. Era già stata lì con Giulio e Zoe ma, nell’emozione, doveva aver dato poca importanza a quel dettaglio che ora le sembrava vitale.
Joren, che la precedeva su per quelle scale infernali, sembrava meno preoccupato di lei, eppure dopo la prima rampa aveva il fiatone. «Ancora una e ci siamo.»
«Non è finita?» si lamentò Matilde. «Ma come fate?»
«Be’, la maggior parte degli studenti arriva con una sola valigia» rispose Joren. «È più semplice, così.»
Matilde si rese conto solo in quel momento che arrivare con tutta quella mercanzia era probabilmente un’anomalia. «Ma dovrete pur aver portato dei mobili, a un certo punto» cercò di deviare il discorso.
«I mobili passano per le finestre» replicò Joren, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Finalmente giunsero alla stanza di Matilde. Entrarono, lasciando per il momento i bagagli sulla soglia. Joren le mostrò dove si trovava la cucina, le diede qualche informazione utile, riscosse la caparra e se ne andò.
Matilde, ormai sola, stava trascinando poco alla volta i suoi bagagli nella stanza, quando una voce la fece sussultare. «Viaggi leggera» disse qualcuno dietro di lei. «Io sono arrivato con uno zaino e un marsupio.»
«Quella è l’attrezzatura adatta per un’escursione, non per un anno all’estero» rispose Matilde voltandosi verso di lui.
Il ragazzo scoppiò a ridere. «Sei in Erasmus, allora?» chiese.
«Sì» rispose Matilde. «E tu?»
«Io sono olandese» rispose lui. «Studio all’università di Amsterdam. Sono al terzo anno di biologia.»
«Anche io sono al terzo anno» disse Matilde. «Storia dell’arte.»
«Piacere, Mark» si presentò il ragazzo. «Posso darti una mano con i bagagli?»
Matilde gli strinse la mano. «Io sono Matilde. E sì, per favore!»
Mark rise e la seguì nella stanza, portando qualche bagaglio con sé. «Mi sa che ti sei accaparrata la stanza con la vista migliore» esclamò, indicando la finestra da cui si vedeva un canale sormontato da un ponte.
«Non ho scelto io, me l’hanno assegnata» ribatté Matilde, a mo’ di giustificazione.
«Lo so.»
«Quanti siamo in casa?»
«Dieci» rispose Mark. «Cinque su ogni piano.»
«Sono l’unica straniera?» chiese Matilde.
«No. Anzi, io sono l’unico olandese. C’è anche un’altra italiana.»
«Come facevi a sapere che fossi italiana?» domandò Matilde, a cui il cuore balzò subito in gola. Ormai era sempre all’erta, dopo le esperienze con Jasmine e Matt.
«Perché mancavi solo tu, e quindi siamo andati per esclusione.»
«Oh» fece Matilde. «Quindi sono l’ultima arrivata.»
«Il resto di noi è qui solo da un paio di giorni» rispose Mark. «Non preoccuparti» aggiunse.
Matilde si disse che doveva aver notato la sua tensione. «Hai ragione» rispose con un sorriso. «I traslochi mi stressano.»
«Comprensibile» commentò lui. «Ceniamo tutti a orari diversi, ma stasera alle nove ci troviamo in cucina per un drink. Ci sarai?»
«Certo» rispose Matilde e, non appena Mark se ne fu andato, si distese sul letto e si addormentò come un sasso.
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