Lei è una grande

16,00

Formato: Libro cartaceo

Autore: Franco Pulcini

Note sull’autore

 

Esaurito

COD: ISBN 978-88-6690-232-4 Categoria: Tag:

Descrizione

Vi furono tempi lontani in cui non si parlava ancora di cougar e di toy-boy. Negli anni Sessanta, quando non era ancora uscito Il laureato, davano scandalo le relazioni con differenza d’età, specie se a sfavore del maschio.

La categoria “donna matura” non era ancora divenuta allettante, ed era, se mai, un marchio d’infamia. La violenza del pregiudizio poteva essere brutale sui sentimenti delle coppie squilibrate. Denigrarle era uno dei tanti esercizi sessuofobici della società, che ha sempre perseguitato ogni inclinazione, figurarsi quella un ragazzino per donne dell’età della madre e oltre.

Lei è una grande è il sospiro di un giovane normale, intelligente, laborioso, ma inadatto alla sua età e fatalmente attratto dalle donne ricche di esperienza, autoironia, sapere esistenziale.

L’avventura di Federico scivola tra Milano, Vienna, il mare della Toscana, l’amata famiglia piccolo-borghese, la nonna, le vacanze studio, l’esame di maturità. Incontra l’opera, conosce un grande scrittore, ascolta storie. Lo guidano i sogni, il suo amore per gli animali, tra cui i cavalli del destino. Ci sono le ragazze, i compagni di scuola, ma soprattutto la meraviglia, l’incanto delle donne “grandi”, quanto di meglio il mondo riesca a offrire al protagonista.

Lei è una grande è il primo romanzo di Franco Pulcini, ma esce dopo la pubblicazione del suo secondo, Il maltempo dell’amore, che molti conoscono come un testo riuscito, scritto in modo abile, arguto e divertente. Ebbene, era già parecchio smaliziata anche la mano che ha portato a termine quest’altra storia d’amore, ancor più particolare e sorprendente negli sviluppi. La narrazione è sempre condita di toni scherzosi e ironici, ma la sostanza profonda resta anche qui innanzitutto umana, incentrata sull’analisi della passione amorosa, forse il principale motore della vita, e come tale da manutenere sempre con cura.

Classico romanzo di geometria galante, Lei è una grande si presenta anche come parafrasi stravolta dell’opera lirica che i protagonisti vanno ad ascoltare all’Opera di Vienna: quel Cavaliere della rosa che pure racconta la storia di un diciassettenne svezzato da una tenera aristocratica parecchio maggiore d’età.

Ma gli esiti della caleidoscopica e moderna riscrittura di un archetipo millenario sono ben diversi, anzi diametralmente opposti.

INCIPIT

Come essere rimandati il primo giorno di scuola
“Ma tu ce l’hai una ragazza?”
“No.”
“Non ce l’hai adesso, o non ne hai mai avuta una?”
“Non ce l’ho e basta.”
“Allora io sono la tua prima donna?”
“Sì.”
“E non l’avevi mai fatto con nessun’altra?”
“No.”
“Non avevi mai fatto neanche il tentativo?”
“No… Cioè, sì. Ma non so se è il caso che te lo racconti…”
“Dai, raccontamelo! Mi piacciono tanto i segreti.”
“Qualche mese fa sono andato con una prostituta.”
“Con una prostituta? Ma sei matto? Un bel ragazzo come te? Ma hai preso delle precau­zioni?”
“Non ce n’è stato bisogno. È stata una cosa molto strana…”
”…”
“Passavo a piedi per una strada, e questa ha insistito perché andassi con lei. Io l’ho se­guita in un al­berghetto. Era gentile. Mi sono sdraiato sul letto. Era una stanza un po’ squal­lida. Lei si è spogliata, poi si è voltata di scatto, tenendosi i seni in mano come una culturista che tendeva i muscoli e ha detto: ‘però per avere trent’anni, ho ancora un bel seno…’. Se li strizzava come se volesse puntarmi e colpirmi con uno schizzo di latte. Io non so cosa mi è successo, ma ho iniziato a tremare. Avevo un fremito per tutto il corpo. Mi sono attaccato alla te­stiera del letto, che ha cominciato a tremare anche lei, perché il letto era mezzo sgangherato. Sembrava un attacco epilettico. Lei si è spaventata da pazzi. Ha co­minciato a chiedere se avevo preso qual­cosa, se ero drogato. Poi ha cercato di tenermi fermo con il suo peso, ma non ci riusciva, anzi peg­giorava la situa­zione. Non la smettevo di tremare. Mi di­ceva di calmarmi. Io non riuscivo ne­anche a parlare. Battevo i denti. Avevo paura di scheg­giarmeli. Mi sono persino morso la lingua. Ricordo quella testiera, mi c’ero attaccato come un pipistrello, il letto scricchio­lava e sem­brava spezzarsi. Lei con­tinuava a chiedermi che cosa mi succe­deva. Voleva andare a chia­mare qualcuno. Poi ho avuto un’intui­zione. Diciamo che mi sono salvato con una bugia. Appena le ho detto una bugia ho iniziato a calmarmi.”
“E cosa le hai detto?”
“Le ho detto che tremavo per l’emozione, perché l’amavo. Le ho detto che l’a­vevo vista tante altre volte passando da quella strada, il che era vero, e che non facevo altro che pen­sare a lei. Naturalmente questo non era vero. Lei ne è stata talmente lusingata, che mi ha fatto centomila domande. Su cosa mi pia­ceva di lei, sui vestiti che aveva. Io ho un po’ in­ventato. Poi ce ne siamo andati via. Nulla di fatto. Tutto qui.”
“Mi sembra una storia un po’ strana.”
“Anche lei mi ha detto che non le era mai capitata una cosa del genere. Diceva che i clienti lo fanno in media uno sì e uno no, ma che nes­suno ha degli attacchi nervosi come me.”
“Ma non è che era una vecchia che ti ha fatto orrore quando l’hai vista bene alla luce e ti ha spaventato?”
“No, no…”
“O un travestito?”
“No, assolutamente… Almeno non mi è sembrato…”
“Ma come ti è saltato in mente di andare con una di quelle?”
“Certi miei compagni di scuola erano andati con delle prostitute durante una gita sco­lastica a Nizza. Eravamo in un albergo e avevamo conosciuto delle ra­gazze francesi, che sembravano delle persone normali, invece, dopo un po’, si sono offerte. Io non ci sono an­dato, ma due o tre miei compagni non se lo sono fatti chiedere due volte. Queste vivevano lì nell’albergo e con­tinuavano a giron­zolare per trovare lavoro. A volte bussavano anche nelle stanze di sera.”
“Ma non c’erano i professori a controllare?”
“Figurati, c’era solo il professore di ginnastica, che non ha neanche ca­pito che erano due squillo, continuava a incontrarle e a dire Bonjour mademoi­selle, bonsoir mademoiselle… È fortissimo quello che è capitato al mio amico Luca. Lui una sera era già a letto e stava leggendo un libro. Una di queste è ar­rivata, ha bussato, è entrata e, senza che lui si alzasse dal letto, ha cominciato a chiacchierare del più e del meno per vedere se poteva spillargli qualche soldo. Lui allora le ha detto che gli dispiaceva, ma non vo­leva stare con lei perché si vergognava di avere un arto artificiale. Si è bat­tuto con le nocche su un osso della gamba. Lui ha le gambe molto magre e si è sentito toc-toc, come se la gamba fosse stata di legno. Allora lei se ne è subito andata un po’ imbarazzata, scusandosi e con un sorriso di circostanza. Luca lo raccon­tava a tutti, continuava a farsi toc-toc sull’osso. Ci ha fatto mo­rire tutti dal ridere sul pullman, al ritorno… Luca è fortissimo.”
“Ma lui non aveva una gamba artificiale?”
“Ma va’!”
“Voi, ragazzi del liceo, con quelle arie da angioletti, siete tremendi, do­vete avere chissà quali segreti…”
“Io non ho nessun segreto!”
“Senti, devi telefonare a casa?”
“No, per carità, che magari becco mia madre: è un incubo. Ogni volta che mia madre apre bocca, sembra che lo faccia solo per rovinarmi la vita.”
“Che esagerato. Vorrei proprio vederti. Voi ragazzini fate tanto i grandi e gli indipen­denti, e poi siete tutti ancora attaccati alla gonna della mamma…”
Lui rimase per qualche istante perplesso in quel cubo d’aria accaldata e vissuta. I fru­scii delle lenzuola tacquero per qualche secondo. Il buio pesto era come inscatolato nella stanza da letto. Dalle tapparelle filtravano solo impotenti spilli di luce. Nell’aria vibrava qualcosa. Lui le disse, all’improvviso, con minacciosa ironia:
“Ma tu, quando ti porti a letto qualcuno, le cambi le lenzuola prima di portar­tene un al­tro?”
Il suo volto, spesso vivo per il brillio dello sguardo dolce e torvo, si era rilassato in un accenno di sfida: una smorfia indecifrabile disegnata sulla faccia che nessuno al buio poteva vedere. Ma col gomito appoggiato a un cuscino guardava un po’ scocciato dall’altra parte rispetto a lei, come si fosse già pentito della provocazione. Solo gli occhi di un gatto avrebbero potuto vedere quel volto infantile divenuto all’improvviso gelido, mentre prima era percorso da una misteriosa, delicata e complice sensualità. Grazioso come una bella ragazza offesa, in quel momento non aveva certo l’aria del predato. Le onde dei capelli color miele millefiori, cascate in avanti come le fronde di un salice, gli facevano il solletico alla fronte. Continuava invano a spostarle da quella pelle chiara, morbida e distesa. S’era un po’ graffiato il naso per domare con uno scatto puberale le ciocche ribelli. Sembrava un nasino femminile, mentre il corpo era invece di un ragazzo sportivo, dai fianchi stretti e i muscoli ben accennati. Il viso non assomigliava a quello di nessun altro, se non a un ideale di regolarità che lo rendeva un po’ troppo simile a molti teenager di quel tempo. La sua nudità era davvero ben riposta: malgrado l’età, intorno all’ombelico premeva già una promessa di tartaruga, che per qualche motivo respirava nervosa insieme a un petto che non si poteva immaginare più glabro.

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Lei è una grande”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *