Descrizione
Settantenne elegante e in splendida forma, Lanziano, che lavora per un’ONG, viaggia molto, partecipa a conferenze e, durante la sua attività, conosce diverse giovani donne; con tre di loro, in particolare, Siret, Aldona e Cristina, provenienti da paesi dell’Est europeo, l’uomo, pur essendo sposato, mantiene contatti di tipo sentimentale/sessuale, pianificando i loro incontri, una o due volte all’anno. È il suo modo di restare giovane, di esorcizzare il tempo che passa, ricorrendo ad emozioni programmate per sfuggire all’inesorabile scivolamento verso la temuta vecchiaia.
Per un banale scherzo del destino – Cristina e Aldona si incontrano ad uno stesso meeting – le donne di Lanziano si allontanano da lui, “il suo cuore bucato le sta perdendo tutte”, come confessa lui stesso a Gaia, un’altra donna della sua vita che ha conosciuto ragazzina e con la quale ha mantenuto rapporti sporadici, per frequentarla poi, da donna adulta, come sua personal trainer.
La relazione con Siret, durata circa vent’anni, sembra essere la più profonda, eppure anch’essa ha sviluppato soltanto “fragili rizomi amorosi”.
Ma ormai la strada è tracciata e, fino a che sarà possibile, Lanziano continuerà ostinatamente a percorrerla: come non accetta la vecchiaia, così l’uomo sembra aver paura anche dei sentimenti troppo profondi e coinvolgenti, e sceglie di vivere una vita fondata “sulla vaghezza degli affetti mai affermati”.
Romanzo che scorre veloce, tra presente e flash-back, per affrontare, con un pizzico di disincantata malinconia, il tema del desiderio di fermare il tempo contrastando l’invecchiamento fisico, dominante oggi nel mondo occidentale che non esita neppure di fronte al ricorso alla chirurgia ma, in fondo, sogno antico, come ci dimostra la leggenda di origine biblica della fonte dell’eterna giovinezza, da cui sgorgavano i fiumi dell’Eden, ma che trova posto anche in tante altre mitologie, orientali e occidentali
INCIPIT
Aveva trascorso la notte tra sogni brevi e smaniose giravolte. Ormai da qualche decennio, un interruttore vescicale a forma di noce spegneva a intervalli regolari la fioritura e la qualità dei suoi sogni per fare fronte all’urgenza generata dall’ipertrofia prostatica benigna, almeno per il momento.
Nella notte appena trascorsa già aveva dato sfogo un paio di volte a quella fastidiosa pressione idrica che quasi sempre riusciva a trasformare i sogni in incubi vissuti tra la ressa di una folla indifferente alla ricerca angosciosa di un impossibile vespasiano, prima di aprire gli occhi, cancellare l’orrore e affacciarsi sul water con il rubinetto così duro e congestionato da ricorrere ad assurde contorsioni per regolare una traiettoria decorosa del getto.
A fronte di seccature come questa, Lanziano riusciva ad accettare con apprezzabile ottimismo i cambiamenti di un corpo in discesa, non rapida, ma continua e inesorabile, cosparsa di sorprendenti rivelazioni, alcune delle quali a pollice verso.
Così come da adolescente aveva esplorato e interrogato il corpo in fioritura accelerata, ora, al giro di boa dei settant’anni, auscultava segnali identici di un corpo in traiettoria inversa.
Di solito le informazioni erano percepite attraverso fitte improvvise, brevi contratture, spasmi di corta durata, rigidità muscolari, scatti tendinei, ai quali decideva di prestare un’attenzione immediata oppure attendere che i fenomeni assumessero contorni più decifrabili.
Ovviamente a una linea di febbre provvedeva con una tachipirina, a un mal di stomaco con un antiacido o un miorilassante, a un dolore addominale di provenienza esplicita, con un antispastico.
Era cosciente che i sintomi percepiti appartenessero al bagaglio ordinario di persone di una certa età che normalmente frequentano le farmacie, che praticano l’automedicazione, che di tanto in tanto ingrossano la fila dal medico di base, che si sottopongono saltuariamente a un check-up.
Ricordava le chiacchiere di Lele, l’amica di Sabaudia di qualche anno più giovane:
«Ogni mattina mi alzo e scopro delle novità: un dolore insolito, un nevo sotto il seno mai notato prima, il ginocchio che scricchiola senza che lo avessi sollecitato.»
«Sono i frutti dell’età, Lele! Dopo la quarantina un malanno ogni mattina.»
«Altro che quarantina!»
«Allora aggiorniamoci, diciamo dopo la sessantina.»
«Adesso va meglio.»
«Comunque dimostri appena i tuoi ottanta…»
Lele gli fiondava la prima cosa che le capitava tra le mani, di solito qualche libro, scegliendo d’istinto un’edizione economica, più contenuta nel peso e meno dolorosa all’impatto.
Una delle novità che negli ultimi tempi preoccupava Lanziano era la percezione di mancanza di equilibrio, l’andatura non più stabile, un universo di pianeti in folle orbita nella sua testa, una bussola che non teneva più dietro al suo nord.
Nell’ultimo check-up al Day Hospital geriatrico il medico lo aveva sottoposto a una prova di equilibrio.
«Così ritto, poggia la gamba destra avanti, allarga le braccia, ben tese. Adesso chiudi gli occhi, fletti il braccio destro e toccati con il dito medio la punta del naso. Non aprire gli occhi! Fai la stessa cosa con il sinistro.»
Lanziano aveva eseguito.
«Non hai nulla – lo aveva liquidato il dottor Francesco – per la tua età sei al massimo.»
«Ma questi sbandamenti?»
«Può dipendere anche da qualche disturbo dell’orecchio, ma l’otorino non ha rilevato niente di anormale. Ultima possibilità – aveva definitivamente chiuso il medico – colpa della tua pressione bassa. Ma questo potrebbe risultare un altro punto a tuo favore!»
Si era rassegnato ai disturbi misteriosi.
All’inizio di una lezione ne aveva parlato a Gaia, la giovanepersonal trainer nipote di Lele, che gli aveva fatto eseguire un paio di prove d’equilibrio più impegnative:
«Stai dritto, unisci le mani ad altezza petto come se pregassi, solleva la gamba destra e rimani in equilibrio per trenta secondi sulla gamba sinistra, che per te è quella più forte; non dovrebbe essere difficile.»
Lanziano aveva portato a termine la prova, solo qualche cenno iniziale di sbandamento.
«Ora esegui lo stesso esercizio, sempre per trenta secondi, ad occhi chiusi!»
Per i primi dieci secondi aveva mantenuto un assetto discreto, poi aveva cominciato a sbandare, aveva gradualmente perso l’orientamento, subiva la mancanza di punti di riferimento, era franato come un albero segato alla base.
«È normale la prima volta, ma è indicativo comunque di una carenza di propriocezione.»
La conclusione oscura era rimbalzata nella sua testa come la pallina di un flipper.
Gaia aveva interrotto la prova ed era subito dopo passata a esercizi d’altro genere, senza badare a fornire spiegazioni ulteriori. Tuttavia da quel momento, tra le normali prove di elasticità e resistenza, aveva sottoposto Lanziano a esercizi specifici nei quali l’equilibrio veniva tirato in ballo, limitati interventi di stabilità e bilanciamento di una costruzione in bilico.
Di fronte ai risultati pure accettabili delle varie prove ed esami clinici, alla luce dell’evidente scetticismo sulle sue paure manifestato dagli amici specialisti, Lanziano dentro di sé già si era dato la risposta, era giunto alle sue personali conclusioni: sicuramente stava per imboccare il confuso percorso che conduce l’anziano a diventare inesorabilmente il vecchio attraverso passaggi tortuosi e circuiti temporali che imbrigliano le muscolature e sviliscono i neuroni.
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