Descrizione
Nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 muore Pier Paolo Pasolini. Morte violenta, squallida… “pasoliniana” a tutti gli effetti. Pino Pelosi, il “ragazzo di vita” che lo ha massacrato a legnate e gli ha rubato l’auto con cui lo ha investito già esanime, catturato poco dopo, confessa. Benché vi siano incongruenze, parecchie incongruenze, l’idea dell’assassinio maturato nell’ambiente della prostituzione omosessuale soddisfa i media e l’opinione pubblica. Ma fra gli intellettuali, come nelle forze dell’ordine, molti non sono convinti. Circola un’inquietante ipotesi che collegherebbe la fine di Pasolini alle “lotte di potere” all’interno del settore petrolchimico, tra ENI e Montedison, tra Enrico Mattei (morto nel ’62 in circostanze non meno dubbie) ed il suo vice Eugenio Cefis. Pasolini, infatti, si era interessato al ruolo di Cefis nella storia e nella politica italiana facendone uno dei personaggi chiave del misterioso romanzo-inchiesta a cui stava lavorando prima della morte. Così, quando in seguito, a distanza di una settimana l’uno dall’altro, vengono trovati i cadaveri seminudi di due alti dirigenti dell’ENI e spuntano le copie ciclostilate degli appunti di Pasolini con i nomi di maggiorenti della DC e dell’ENI legati alle vicende dello stragismo italiano, un brivido scuote parecchie schiene nei palazzi del potere. Oltre alla pista politica, però, altre sono possibili, e recano l’impronta di due donne: Santina Martino, ammaliante pittrice e ballerina di danze orientali che usa la sua avvenenza per irretire e spillar soldi a facoltosi manager e Luana Dabrowska, moglie del Prefetto di Roma, dirigente all’ENI come i due morti, algida carrierista; una donna dal passato oscuro le cui origini si perdono nella tragedia della repressione nazista nel ghetto di Varsavia. Due sirene… che renderanno a Soccodato molto difficile dipanare l’intricata matassa.
INCIPIT
“Dovresti portarmi un minimo di rispetto…” protesta l’uomo, rivolto alla donna in biancheria intima di seta bordeaux. Non scontata.
“Rispetto?!” esclama lei.
Lui ha la camicia sbottonata al torace. Gli ultimi bottoni tirano sul ventre gonfio e dilatano le asole. Pantaloni grigi. Taglia calibrata. Suda. Apre la bocca. Per ribadire la rimostranza. Lei si avvicina. Ne sente il respiro caldo sul collo. Un istante per inalarne l’alito esaltato dallo champagne, poi la lingua umida s’insinua a violargli l’orecchio. Non ha più voglia di invocare rispetto. Parla lei, invece. Senza scostarsi dall’orecchio, anzi solleticandolo col movimento delle labbra:
“Rispetto?!” ripete. “Pensi di meritarlo?”
Con quella bocca che continua a riversargli calore insano direttamente nel cervello, neanche sa più se davvero meriti rispetto. Anche pensare è faticoso. L’eccitazione cresce. Lei lo sente. Legge il viso madido e paonazzo, il respiro sempre più rapido che solleva il ventre grasso sotto la camicia celeste che fa tanto manager. Lei lo sente. E una scintilla d’inferno le attraversa gli occhi. L’uomo è in suo potere. Si è pure inzaccherato la camicia succhiando le ostriche su ghiaccio che lei ha preteso insieme con una buona riserva di Veuve Clicquot. Una bottiglia già vuota è ai piedi d’una poltrona in pelle chiara. Ne ha bevuto una coppa, il resto lo ha ingollato il dirigente… Ostriche, champagne e una notte di trasgressione nella villa di Fiumicino. Se la moglie sapesse! Veuve Clicquot. Veuve… Gli infila in bocca un altro mollusco e osserva le macchie sulla camicia. Una virgola perfida le arriccia l’angolo della bocca.
I sensi del maschio sono ottenebrati. Lei disponibile, ammiccante, trasgressiva… Il profumo, lo champagne fanno il resto. Continua a porgergli i frutti di mare. Lo invita a suggerli direttamente dalla sua bocca…
Il calore è insopportabile. Rivoli di sudore scendono dalla fronte e scivolano sul collo pingue. Mangia, beve… Valuta l’adeguatezza della risposta del suo membro. Anche questo lei indovina.
“Voglio legarti” gli dice a un tratto.
Ci siamo, pensa lui. Regali costosi, aperitivi e cene in locali alla moda, galanterie… E oggi la villa al mare, le ostriche, lo champagne… Il conto in banca è la sua arma vincente. Non ci sono pettorali e bicipiti che possano competere con un portafogli rigonfio.
Dopo che lui s’è steso sul letto, lei si sfila le autoreggenti con studiata lentezza.
“Via i pantaloni” gli ordina.
Stringe le calze fra le due mani, a provarne elasticità e resistenza. La lingua occhieggia un istante fra i denti che baluginano esaltati dal rossetto. Che misero spettacolo l’ometto congestionato, stropicciato, spampanato sul letto come un tacchino nel piattone di portata! Contiene il riso. Poche mosse e le braccia di lui sono bloccate alla spalliera in ferro battuto. Validamente annodate dalle calze.
S’è lasciato le scarpe per la foga di togliersi i calzoni. Ottimo, considera lei. Lui la osserva. Divertito. Un po’ inquieto… E poi fa un caldo assurdo! La bocca ha preso a bruciargli, sebbene non ci fosse pepe sulle ostriche. Come se un insetto gli avesse punto le labbra. I lacci delle scarpe, bel modello all’inglese, di marca, servono egregiamente ad assicurare i piedi del maschio al fondo del letto. Immobilizzato a croce di sant’Andrea… Davvero buffo…
La sensazione di gonfiore alle labbra non si placa. Anzi, diventa più fastidiosa e si trasmette alla lingua e alla gola. Forse non c’entra niente, ma sembra andar di pari passo con l’aumentare del calore che rende affannoso il respiro… Non è il momento di badare al caldo o alla bocca congestionata, però: lei si sta togliendo gli slip! Il reggiseno lo lascia. Si avvicina e fa il gesto di lanciargli sul viso le mutandine. Solo il gesto. Basta per vagheggiare nell’aria mossa il profumo del sesso di lei. No, non è proprio il momento per pensare al malessere… Anche se si sta facendo persistente. La gola… si sta gonfiando!
La donna si siede al bordo del letto e con rapida rotazione del bacino si pianta a cavalcioni sul torace del manager. Mossa studiata, anche questa. L’odore, un istante prima solo rubato all’aria, adesso è su di lui. S’insinua fra la fragranza di Chanel 5 che emana dal corpo nervoso.
Gli occhi di lui si sgranano di sorpresa. Poi si chiudono per non distrarre i sensi dal paradiso di vibrazioni che si irradiano per tutto il corpo. Anche se adesso respirare sta diventando realmente penoso…
La mano destra di lei spinge con forza la testa del maschio verso la sua intimità. Le dita risaltano sulla fronte paonazza dell’uomo, fra i capelli radi, contratte nello sforzo di non mollare la presa.
Sulle prime il grasso dirigente prova piacere. Ma presto tutte le energie deve impiegarle per respirare. Lei non gli da tregua. Un diffuso tremore prende a scuotere le membra dello schiavo. I nodi che assicurano braccia e gambe al letto permettono solo disordinati scossoni. Dalla bocca escono sordi mugolii. Il ventre gonfio si agita per l’inutile tentativo di avere aria.
Le ostriche! Una volta, dopo averne mangiate due o tre, ha avuto la stessa sensazione di congestionamento alle labbra… Oggi ne avrà buttate giù almeno una dozzina! Perciò… potrebbe essere una reazione anafilattica!!! Oddio! Perché lei non capisce?!… Perché non lo lascia respirare?! Al petto una morsa diabolica. Se almeno lei lo guardasse… comprenderebbe che è meglio interrompere il gioco!! Ma lei… lo sta guardando!! Perché non legge il terrore nei suoi occhi?! Perché non capisce che i movimenti inconsulti per liberarsi sono dettati dalla necessità?! Lei lo guarda. Lo guarda. Lo guarda… E negli occhi ha di nuovo la scintilla d’inferno.
Si morde le labbra con i denti, lei. Gode. Ma non distoglie gli occhi maligni dal terrore di lui, cianotico. Aggiunge altra forza alle dita che spingono la testa del disgraziato dentro l’abisso del suo ventre e si muove lasciva.
Il respiro dell’uomo è un sibilo. Un orribile rantolo. I sussulti del corpo legato si fanno più deboli. Rari… L’ultimo coincide con la scossa che attraversa il corpo di lei dal cervello al centro della sua femminilità esaltata di perversione assassina… La testa riversa all’indietro, gli occhi chiusi per assaporare il piacere eccitato dal dominio. Solo adesso la mano allenta la presa. Si stacca. Il viso dell’uomo è una maschera fissa di terrore. Non più un soffio. Non più un movimento. Non più…
Il respiro di lei torna regolare.
Elena G –
Lettura davvero piacevole e consigliata
La Pavoncella è un romanzo che mette a proprio agio chi ama il genere poliziesco tradizionale. Il commissario Soccodato indaga su una serie di delitti, arrivando ad una soluzione che non è particolarmente recondita né complessa, anche considerando l’esiguo numero di personaggi e di moventi possibili. Non è un genio, piuttosto un funzionario sufficientemente motivato a fare bene il proprio lavoro. È accomunato a Maigret, oltre che dalla pipa, anche dalla tendenza a rimuginare dentro di sé le valutazioni sul caso e da un metodo più imperniato sull’analisi psicologica che sugli indizi materiali. Un filo di antipatia lo rende un personaggio umano, con le sue rimuginazioni intrise di una morale borghese di cui va fiero, i suoi richiami a una giustizia divina che sembra convinto di poter correttamente interpretare e il suo innocuo gusto sadico nel mettere in difficoltà l’interlocutore. Il romanzo cattura dalle prime righe, con un grande potere seduttivo sul lettore. L’ambientazione è interessante da un punto di vista storico e il modo con cui le morti di Enrico Mattei e Pierpaolo Pasolini vengono legate senza forzature all’interno della trama è indice di solide conoscenze storiche dell’autore. Lettura davvero piacevole e consigliata.
Claudio O –
Molto curato
Un modo di scrivere gioviale e talvolta scanzonato accompagna il lettore in questa storia in cui poco scorre il sangue ma molto lavora il cervello. In un momento storico descritto nei minimi particolari vengono svelati accenni di segreti che alcuni dei migliori uomini di quel tempo si sono portati nella tomba e che forse mai verranno svelati.