La fine dell’ora legale

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Claudia Cassio

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-481-6 Categoria: Tag:

Descrizione

Un ragazzo che fugge dalla ‘ndrangheta, che gli ha ucciso genitori e fratelli; un vecchio e anziano malato: per il primo, l’inizio del lavoro come guardiano di un parco in una cittadina nei pressi di Torino, per il secondo l’inizio della pensione. A unirli, un sentimento di ostilità e il ritrovamento, su una panchina del parco, del cadavere di un giovane apparentemente morto di overdose. Ma forse non è quella la verità. Attorno al parco, tante storie e tanti personaggi che si intrecciano e interagiscono, mentre la stagione scivola verso l’autunno e finisce l’ora legale. Metafora di un cambiamento: qualcosa finisce, qualcosa comincia. Il cambiamento annunciato dallo spostamento delle lancette si materializza con l’arrivo di una ragazza dagli occhi verdi, la nascita di un amore, la scoperta della verità, la fine dell’ostilità tra i due protagonisti. Lo scarto di un’ora segna una frattura: la morte di qualcuno e un futuro diverso per gli altri.

INCIPIT

1. Dove diavolo vai?

 

Il telefono suona mentre si sta lavando la faccia. Tommaso Benetti esce gocciolando dal bagno. Risponde in canottiera, pantaloni del pigiama e pantofole.

«Tommaso, sono Nico. Vieni qui subito. Corri. Non so cosa fare.»

«Qui dove?»

«Al parco. Sbrigati!»

Tommaso ripiglia dal cesto la biancheria del giorno prima, torna nella stanza da letto, indossa i vestiti che la moglie ha piegato alla sera. Prende il giaccone ed esce di casa.

Teresa non fa in tempo a dire: «Dove diavolo vai?» Ce l’ha sulla punta della lingua, ma la porta si è appena chiusa con un tonfo.

Rimane impalata in camicia da notte con il cucchiaio pieno di polvere di caffè – qualità arabica – a metà strada tra il barattolo e la moka che stava riempiendo.

Tommaso in fondo alle scale è già trafelato. Abita vicino al parco. Il tragitto è breve, ma l’età lo fa boccheggiare quasi subito. Il cancello d’ingresso è in fondo alla recinzione metallica che costeggia il corso. Tommaso un po’ cammina e un po’ corre. Di più non può fare. Ha il cuore che scoppia.

Non è ancora arrivato all’entrata che lo sente imprecare ad alta voce.

«Cazzo, cazzo, cazzo…»

Nico si agita davanti a una panchina. Gambe scoordinate e mani che passano dai capelli al volto pallido, per poi tornare ai capelli e ancora a strisciare sul viso. Ripete “cazzo” come una cantilena. È una parola meccanica, inconsapevole, perché nella mente i pensieri non si articolano logicamente. Sono confusi, agitati da paure, minacce e stupore.

Tommaso lo raggiunge. Lo scuote.

«Cos’è successo? Quello chi è? Parla, per la miseria!»

Nico si volta, ma i suoi occhi non mettono a fuoco. Tornano subito al corpo di un uomo per terra. Lo indica con un dito che trema.

«Ha una siringa piantata nel braccio. Un drogato morto, proprio qui, proprio oggi. Era sdraiato sulla panchina. Mi dava la schiena. Pensavo dormisse. L’ho appena toccato, lui è caduto e ho visto la siringa. Cazzo, cazzo, cazzo…»

Tommaso è sconvolto. Un morto nel parco non era mai capitato. Deglutisce la saliva di cui ha piena la bocca, cerca di mantenere la calma.

«Hai chiamato la polizia?»

«Non ci ho pensato, non riesco a pensare.»

«Telefona immediatamente, è la prima cosa da fare.»

Nico si sposta di pochi passi. Prende il telefono. Descrive in modo confuso la scena agitando le braccia. Tommaso lo lascia da solo. Rimane a guardare quel corpo scomposto finché l’altro non torna. Ha ancora gli occhi assenti e la fronte sudata.

«La polizia ha detto di non toccare niente. Arrivano subito. Massimo dieci minuti.»

Nico parla a Tommaso ma guarda per terra. La nausea gli stringe lo stomaco. Il morto non è un bello spettacolo: occhi ciechi, faccia contorta, bocca semiaperta. Un fiotto di bile sale alla bocca di Nico. Vomita, poi si asciuga la bocca col dorso della mano.

«Cazzo, ho paura» ansima.

Tommaso lo rassicura con un’alzata di spalle: «È un incidente, un drogato. Basta dire la verità alla polizia».

Nico si rivolta, si scuote, si chiude in difesa.

«Pensi che conti palle, che sia stato io a dargli la roba? Era meglio se non ti chiamavo.»

«Non ti sto accusando. Se vuoi me ne vado, ma non prendertela con me. Sarebbe meglio che…»

«Non darmi consigli, lo so che te ne freghi. Da ieri sera non sei più in servizio.»

«Insomma, ragazzo, mi hai detto di correre… mi ero appena alzato… sono qui perché mi hai cercato.»

«Ho perso la testa, va bene, ma la prima cosa che mi è venuta in mente è che tu forse conosci questo bastardo. Lavori qua dentro da anni. In pratica ci vivi.»

Tommaso scuote la testa.

«No, non so chi è. L’avrei detto. Potrei descriverti a occhi chiusi le persone che ho visto ogni giorno. Del parco so tutto. Conosco i nascondigli e i segreti, questo tizio non l’ho mai visto. Potrebbe essere qualcuno che entra dopo l’orario di chiusura. Sono tanti, ma io la notte dormo. Tu invece hai visto qualcosa, qualcuno, quando sei arrivato?»

Nico non risponde. I due tacciono sfidandosi in una battaglia di sguardi, di sospetto reciproco, mentre da lontano si sente l’urlo della sirena.

Nico va incontro all’Alfa della Polizia che frena slittando e blocca l’entrata del parco. Al seguito c’è l’ambulanza. Tommaso rimane dov’è, segue da spettatore la scena. Dall’auto scendono due agenti. Uno resta in piedi di fianco al cancello, l’altro raggiunge il medico già chino sul morto. L’ambulanza riparte. Il poliziotto rimane e controlla la zona. Si infila un paio di guanti, fotografa dettagli, raccoglie frammenti, li imbusta uno per uno. Quando ha finito isola lo spazio della panchina con paletti e un nastro di plastica rosso e bianco.

Nico e l’altro agente raggiungono Tommaso.

«Il signor Russo afferma che lei è testimone del ritrovamento. Ha dichiarato che potrebbe conoscere il morto. Favorisca le sue generalità.»

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