La Città Splendente

18,00

Formato: Libro cartaceo pag. 304

Autore:Federica Pavarelli

Note sull’autore

 

COD: ISBN: 978-88-5539-182-5 Categoria: Tag:

Descrizione

Il prestigio di Semerald le ha conferito l’appellativo di “città splendente”, ma molti sanno che dietro la luce più abbagliante si nascondono le ombre più nere, soprattutto i basili, gli sfortunati abitanti della Città Bassa.

Lo stesso Satinel, membro dell’Ordine dei Servi Neri, guardiani della Città Alta e del Patriarcato, ha cominciato da tempo a intuire qualche inceppo negli impeccabili meccanismi del governo. La conferma arriva quando l’efferato assassinio del vecchio Duca Patriarca, di cui lui diviene accidentalmente testimone, è insabbiato in modo sospetto a opera della sua stessa consorte, Lady Luanna.

Perché nascondere la verità se si tratta solo un furto andato male? Il mistero si infittisce e lui sembra proprio intenzionato ad andare a fondo. Con l’aiuto dei suoi poteri e accompagnato dall’amico Markus, intraprenderà un’indagine che rivelerà molto più di un segreto oscuro dietro alle bianche mura degli alti palazzi di marmo, simbolo della stirpe dei nobili nevial.

 

INCIPIT

 1.

Semerald, la Città Splendente.

Satinel aveva sempre pensato che quell’appellativo racchiudesse una verità che non tutti vedevano, o almeno facevano finta di non vedere: non è forse vero che dove la luce risplende più forte anche le ombre sono più scure? E a Semerald di ombre scure ce ne erano davvero moltissime.

 

Dall’alto di una delle torri di guardia della Cittadella, dove si trovava in quel momento, vedeva tutte le luci e tutta l’oscurità che si estendevano sotto di lui. La Città Alta era racchiusa in una lunga muraglia circolare, con i suoi palazzi eleganti e signorili così chiari che nelle giornate di sole davano fastidio agli occhi, disposti in un ordine regolare e preciso, sempre più alti via via che si risalivano i terrazzamenti. Più si avvicinava alla cima della città, più una famiglia era di rango elevato, perciò ci volevano palazzi più alti per ribadirne la superiorità, nel caso a qualcuno fosse sfuggito il concetto.

La cima era riservata alla Cittadella, il cuore politico della città, dov’erano le stanze dalla famiglia Patronale, la Cattedrale, le sale governative e la scuola di addestramento dei Servi Neri, il luogo in cui Satinel era cresciuto.

Tutta questa luce e questo bianco abbagliante non bastavano a nascondere ai suoi occhi le ombre più profonde: corruzione, traffici illeciti, giochi di potere; a quante di queste macchinazioni aveva assistito in tutti i suoi anni di servizio? E su quante di queste storie aveva messo una pezza, poi ricucito lo strappo, perché tutto continuasse a essere brillante. Il marcio aveva la possibilità di esistere solo nella Città Bassa, perché solo ai basili era formalmente concesso di essere farabutti, ladri e ubriaconi.

I nevial no, i nevial erano una razza superiore: elevata, istruita e potente. Ecco perché vivevano nella luce della Città Alta. Ma questa era una stronzata, e Satinel lo sapeva bene.

 

«Tu non sei stanco di tutta questa ipocrisia?»

Markus trasalì. «Cosa?» Satinel si girò verso il suo compagno di ronda. Da quanto tempo si conoscevano? Praticamente da sempre. Erano come fratelli: migliori amici e compagni d’armi. Sorrise pensando che in effetti lo stesso Markus e tutto l’ordine di cui facevano parte erano in sé un’ipocrisia: i Servi Neri non avrebbero dovuto avere legami sentimentali o carnali, ma non era insolito che ogni tanto il suo amico, come quasi tutti i membri anziani, si concedesse una scappatella in qualche bordello segreto della Città Alta. Bordelli che, ovviamente, alla luce del sole non esistevano, questo era chiaro.

Probabilmente stava pensando all’ultima gonnella per cui aveva perso la testa.

«Dico: non sei stanco di tutta questa ipocrisia? Di tutti i casi che abbiamo risolto, quanti colpevoli sono stati condannati e quante volte invece abbiamo dovuto mettere tutto a tacere per il buon nome di una famiglia o un’altra? A volte proprio non capisco il nostro ruolo! Ci allevano come guerrieri e guardiani, ma in realtà siamo solo… dio, non lo so nemmeno io cosa siamo! Nella Città Bassa si ammazzano per un pezzo di pane e non frega niente a nessuno, al massimo la Guardia Cittadina fa qualche controllo ogni tanto solo per far finta di fare qualcosa… lì se la sbrigano fra di loro, e dio solo sa cosa accade in quelle strade, come se non fossero nemmeno parte di questa città! Noi cosa facciamo nel frattempo? Siamo le balie di gente il cui unico problema è quello di accaparrarsi una casa più in alto! Ma, ehi attenzione, Semerald è la Città Splendente! Qui non ci sono ombre, qui tutto è perfetto!»

Markus rimase qualche secondo in silenzio fissando il suo amico, poi si alzò: «Hai finito? Mio dio Sat, per essere uno che parla poco, quando apri bocca gli dai un bel po’ di fiato!» Rise di gusto, tanto che anche Satinel non poté che sorridere con lui.

«Non mi prendi mai sul serio, a volte sembra che viviamo in due mondi diversi.»

«Ehi non dico che non hai ragione, ma… è così che vanno le cose in questa città, e probabilmente in tutte le grandi città del mondo. Il più forte mangia il più debole, l’importante è mantenere l’ordine perché non scoppi il caos. Noi siamo quelli che mantengono l’ordine, ecco cosa siamo.»

Sempre il solito Markus: capace di innamorarsi di ogni donna che incontrava, ma quanto cinismo nella sua filosofia di vita. «Sai Satinel, a volte sono io a chiedermi se non viviamo in due mondi diversi. Tu sei un fratello per me, e sarei disposto a dare la vita per salvarti, nel caso fosse necessario, ma quando fai così non ti capisco. Non siamo stati noi a fare le leggi in questa città, né i nostri genitori, né i genitori dei nostri genitori. È così da sempre e forse sarà così per sempre. Non sta a noi cambiare le cose, noi dobbiamo solo far rispettare le regole, e se ogni tanto ci viene chiesto di chiudere un occhio, che male c’è? A me non interessano i giochi di potere, che si combattano negli alti palazzi. Che se la sbrighino fra loro… e comunque anche tu che stai qui a pontificare, non è che in trent’anni ti sei mai allungato nella Città Bassa a distribuire pezzi di pane, o sbaglio?»

Punto sul vivo, e affondato. Satinel ringraziò il cielo che fosse l’imbrunire, almeno Markus non poté accorgersi dell’imbarazzo che gli si era dipinto sul volto.

«Dai su Satinel, non prendertela! Sei un brav’uomo, hai un gran cuore e sei più intelligente di chiunque altro abbia incontrato, persino di questi papaveroni della Cittadella! Essere un Servo Nero per te è sprecato, è normale che tu ti ponga delle domande e che vorresti di più, ma questo è, questo siamo noi! Andiamo, finiamo la ronda poi ci facciamo un goccetto.» Gli batté una sonora pacca sulle spalle accompagnata da una di quelle tipiche risate contagiose à la Markus.

 

Si avviarono lungo i bastioni, il sole era ormai tramontato e le poche fiaccole lungo le mura bastavano a malapena a illuminare i loro passi. Chissà perché lassù non si usavano le luci artificiali, per fortuna i Servi Neri non dovevano porsi il problema, perché avevano fra i loro poteri quello di vedere anche al buio.

Mentre camminavano, Satinel ripensò a ciò che aveva detto il suo amico e non poté che dargli ragione: lui se ne stava lì a pontificare, a parlare di ipocrisia e ingiustizia, ma cosa aveva mai fatto nel concreto per combattere tutto questo? Niente. Niente di niente.

Non che fosse in suo potere fare qualcosa a livello giuridico; anche se il suo ordine era di gran prestigio, temuto e rispettato, lui rimaneva una semplice guardia e non aveva nessuna possibilità di influire sulle scelte politiche e legislative del Gran Consiglio. Dal punto di vista pratico però, avrebbe potuto fare qualcosa, andare nella Città Bassa, vedere con i suoi occhi, magari aiutare… certo aiutare, ma che stava pensando? Era improvvisamente diventato un missionario? Ultimamente stava facendo pensieri sempre più assurdi, aveva ragione Markus. La sua vita era un’altra, il suo ruolo era un altro, era il momento di smetterla di pensare a certe cose e concentrarsi su…

 

Un grido squarciò l’aria all’improvviso, poi fu di nuovo il silenzio.

 

«Da dove veniva?» Markus era immobile, i sensi tesi al massimo, cercando di carpire qualche segnale. Satinel chiuse gli occhi e aspirò a fondo, scandagliò l’aria e lo percepì: un leggero sentore di sangue, lontano ma inconfondibile. «Di là» indicò «verso gli appartamenti Patronali».

Si mossero veloci e silenziosi come ombre, Markus non chiese al suo amico come sapesse dove andare perché era ben consapevole delle sue doti, superiori a quelle di tutti gli altri Servi Neri, lui compreso.

Con pochi balzi, di tetto in tetto, coprirono una lunga distanza e l’odore divenne più forte, ma non perché si stessero avvicinando… altro sangue, più sangue, era stato versato, Satinel lo sentiva.

Un nuovo grido di dolore, al quale stavolta si unirono gli schiamazzi concitati della servitù e delle Guardie Private che si riversavano nei corridoi del palazzo.

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