Jukebox 2

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Riccardo Moglioni

Note sull’autore

COD: ISBN: 978-88-5539-270-9 Categoria: Tag:

Descrizione

Tre racconti sulla presa di coscienza di sé e sul cambiamento della propria vita.

In 24 ore daTulsa, il viaggio di ritorno a casa di un uomo che sta per sposarsi; sulla sua strada, l’incontro un po’ surreale con una strana ragazza.

Rock and Roll Lullaby, ambientato a Roma, è la storia di due ragazzi che crescono assieme si cercano senza trovarsi per lungo tempo. Una singolare ninnananna lega i loro destini.

Con Heartbreak Hotel, infine, ci troviamo in piena New York, in una clinica che cura persone ricche e famose dal mal d’amore, gestita da un luminare della medicina in modo poco ortodosso. Nello staff, il figlio biologico del dottore e il suo figliastro. Con l’aiuto di una nuova, intrepida ospite, saranno loro a cambiare le regole del gioco.

INCIPIT

24 HOURS FROM TULSA

 

«Ciao amore, com’è andata oggi?»

La telefonata di rito non lo colse affatto impreparato; quando faceva queste lunghe ed estenuanti trasferte lavorative, poiché durante il giorno non riusciva a prendersi neanche una pausa per un caffè e una degna seduta al bagno, la sera e la macchina erano gli unici alleati per concedere la giusta attenzione a Mary.

«Mah, il solito. Un po’ di incontri, un tedioso pranzo e poi infinite, ripetitive chiacchiere.»

Gene non era di cattivo umore ma era stanco. Aveva ormai raggiunto quello status di semi-coscienza tipico della decompressione emotiva. Per fortuna esiste una parte del meccanismo umano che ci assicura a una sorta di pilota automatico, un’entità benevola all’interno del nostro io che ci porta sani e salvi a destinazione, senza neanche aver capito bene come. Ed erano appena le sei e trenta del pomeriggio. Tutto fuori però era già buio da almeno un’ora. Poche luci illuminavano la strada, ottenendo solo un’aggravante nel senso di intorpidimento generale.

«Immagino, non è che ci sia mai granché da divertirsi. Ma dove sei stato stavolta?»

Gene apprezzò il tentativo di alimentare la conversazione. Aveva voglia di sentire la sua fidanzata ma non aveva la forza di pensare a qualcosa di acuto da dire.

«Huntsville, in Texas.»

Avrebbe potuto aggiungere diversi dettagli sull’esperienza. A cominciare dalla gigantesca statua di Sam Houston che si era trovato ad ammirare in attesa dell’appuntamento delle undici del mattino. Si era concesso un pizzico di turismo, indirizzato verso l’unica attrazione cittadina. Se non si considera il famigerato carcere, naturalmente. Si era inoltrato nel parchetto che cela la mega rappresentazione del defunto generale americano, deceduto proprio in quella ridente cittadina quasi un paio di secoli prima. Oltre venti metri di acciaio e calcestruzzo per un risultato impressionante.

Avrebbe potuto persino rimarcare con sorpresa la qualità del ristorante in cui aveva pranzato; una bisteccheria a cui non avrebbe dato un centesimo di fiducia, giudicandola dall’esterno. Eppure si era rivelata buona nella sua semplicità, anche grazie a un servizio gioviale e cortese.

Ma non disse niente di tutto ciò, rimase statico su quell’unica spoglia sentenza. Come se ciò che c’era nella sua testa fosse leggibile persino via telefono, a distanza di centinaia di chilometri.

«Non ci sono mai stata. E gli appuntamenti, tutto bene?»

Ecco, quella era una domanda di circostanza. Mary era consapevole che il lavoro procedeva bene ed era tutto ciò che le interessava. Pur non ammettendolo mai apertamente, era piuttosto chiaro che non avesse nessun coinvolgimento negli affari di Gene. A stento aveva capito di cosa si occupasse. Proporre prodotti innovativi sul mercato per un’azienda sempre ricca di idee. Questo era tutto. Ben coscio di ciò, Gene non ritenne necessario confessare il quasi totale buco nell’acqua appena fatto. A prescindere dalla responsabilità diretta, che peraltro non sentiva. Ma proporre cocktail già pronti in bustina in un posto che al massimo nel menù prevede birra dozzinale, beh, era di partenza una strategia un pizzico debole. Lui aveva fatto il massimo ed era convinto della qualità del prodotto. Ne aveva fatto assaggiare un campione all’uomo a cui aveva dato appuntamento. Gli aveva letto negli occhi un sano stupore nel testare la bontà di quel daiquiri. Eppure non aveva trovato un motivo utile ad investire.

«Tutto bene, magari ne esce qualcosa.»

Come detto, non ne sarebbe uscito niente e lui lo sapeva. Voleva solo evitare ulteriori frasi fatte per tirargli su il morale. L’insuccesso lavorativo, anche se parziale, veniva accolto sempre con eccessiva melodrammaticità. Come avesse fatto cilecca a letto.

Ci fu un attimo di pausa e il suo sesto senso gli disse che stava per arrivare il solito argomento. Mary non aveva altro per la testa; come uno squalo gira intorno alla preda, lei attendeva il momento più opportuno per piazzarlo all’interno di una conversazione. E ne aveva ben donde.

Si domandò perché per lui non era lo stesso. Forse avrebbe dovuto.

«Ho ridotto la selezione dei centrotavola a quattro papabili. Vuoi che te li mandi su whatsapp e te li guardi con calma quando arrivi in hotel? Hai già trovato un posto dove dormire?»

Ebbe un sussulto, una scimmia antipatica toccò le corde del suo fastidio. Scherzi usuali al cospetto della stanchezza, quella brutta bestia che ti fa odiare qualsiasi sforzo in più che ti allontani dal letto anche solo di un centimetro. Non gliene fregava un tubo dei centrotavola. E questo sarebbe valso in qualsiasi condizione psicofisica si fosse trovato. Ma lei si sarebbe offesa se avesse manifestato totale disinteresse, questo lo capiva e di nuovo lo trovava legittimo. Perciò avrebbe ricevuto quelle foto e avrebbe espresso il miglior parere di cui era capace.

«Ma certo tesoro, manda appena puoi. Sai che non sono un asso in queste cose, ma ti dirò il mio parere da profano. E no, penso che troverò un posto lungo la strada. Appena mi sento un po’ stanco.»

Vale a dire a brevissimo, già non ne poteva più di guidare. Assaporava le fresche lenzuola di un Super 8 o, ancora meglio, di un La Quinta. Si sarebbe fatto una doccia calda, un goccio di qualcosa, forse uno snack salato e una doctor Pepper. E poi a letto con la televisione accesa giusto per compagnia. Aveva poca fame e il pensiero di andare al ristorante da solo lo angosciava.

«Va bene, allora appena attacchiamo te le mando. Ti scrivo anche qualche altro dettaglio. La composizione delle tavolate è delicata. E tu hai qualche amico che non va a genio ai miei. Mi dicevi che volevi far rimorchiare Michael, ma la vedo dura. So che mancano ancora due mesi ma sono così emozionata al pensiero.»

Se solo avesse potuto travasare un po’ di quell’entusiasmo in lui, pensò Gene.

«Vuol dire che Michael si accontenterà di farsi una bella mangiata. E magari di piangere durante la cerimonia.»

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Jukebox 2”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *