Descrizione
Il “caso Majorana” e la presunta scomparsa volontaria dello scienziato rappresenta il punto di partenza di quest’opera teatrale che, attraverso una riflessione sul mondo, sulla storia e sulla vita, affronta il tema della libertà e della responsabilità.
Il gatto è, a buon diritto, un personaggio centrale della pièce. Siano rassicurati gli animalisti: il micio non sarà assolutamente avvelenato ma, arzillo più che mai, sarà pronto per innumerevoli, successive rappresentazioni.
INCIPIT
ATTO I
SCENA I
Un ufficio. Scrivania, divano, libreria, qualche strumento scientifico in esposizione. Sottofondo d’inni marziali. Heisenberg, il gatto tra le braccia, guarda fuori dalla finestra. Novecento di lato sul bordo del palcoscenico.
NOVECENTO Lipsia. Ufficio del premio Nobel Werner Heisenberg, presso l’Institut für Theoretische Phisik. Un manipolo di camicie brune sfila nella sottostante Linnestrasse. Come ai tempi del Kaiser il mondo torna a chiedersi se la Germania è una prigione o una caserma.
PUBBLICO In che anno siamo?
NOVECENTO Potremmo essere nel luglio del 1933. Hitler, vinte più o meno regolarmente le elezioni in Marzo, ha già espulso i comunisti dal parlamento e promulgato le prime leggi razziali. La maggioranza dei tedeschi, più o meno convinta, è dalla sua parte. Ma potrebbe essere anche dopo: in fondo, come la bomba atomica, la precisione delle grosse date non ha molta importanza.
PUBBLICO Ma non potresti essere più precisa?
NOVECENTO L’esattezza è ambizione da fisici. Io, che sono la Storia, amo invece l’indeterminazione.
PUBBLICO Un’altra battuta?
NOVECENTO È una battuta, ma non è una battuta. È scienza esatta: lui potrebbe confermare. (Indica Heisenberg, sempre di spalle alla finestra) Cosa afferma il principio d’indeterminazione?
PUBBLICO Quanto più definiamo la posizione di un elettrone, tanto meno possiamo conoscere la sua velocità nello stesso istante.
NOVECENTO Vedo che hai studiato.
PUBBLICO Sapevo che me lo avresti chiesto. Mi sono preparato.
NOVECENTO E cosa dice il principio d’indeterminazione, riguardo alla nostra vita pratica?
PUBBLICO Non saprei… è una teoria che riguarda le particelle sub atomiche, non penso c’entri qualcosa con noi.
NOVECENTO Uhm… Perché non possiamo misurare contemporaneamente posizione e velocità di un una particella? Perché nonostante i nostri sforzi d’ingabbiarlo l’elettrone ci sfugge?
PUBBLICO Immagino che ancora non abbiamo gli strumenti. O forse non sappiamo come farlo.
NOVECENTO Magari.
PUBBLICO Magari?
NOVECENTO Fosse una questione di strumenti o di semplice ignoranza, presto o tardi troveremmo un modo per inchiodare l’elettrone.
PUBBLICO E invece?
NOVECENTO Semplificando, possiamo dire che per vedere un elettrone lo dobbiamo in qualche modo illuminare. Ma se gli gettiamo addosso un fascio di luce dobbiamo per forza trasmettergli dell’energia e quindi l’elettrone non sarà più quello di prima. Lo misuriamo adesso, ma il nostro atto di misurarlo lo ha cambiato e dobbiamo misurarlo di nuovo, ma nel farlo lo cambiamo ancora… all’infinito.
PUBBLICO Questo per semplificare… e se invece volessimo complicare?
NOVECENTO In questo caso avremmo solo l’imbarazzo della scelta. Potremmo ad esempio affermare che l’elettrone in medesimo istante non ha una posizione e una velocità definite: decide di avere una posizione o una velocità in base a quello che noi abbiamo deciso di misurare.
PUBBLICO Mi pare assurdo.
NOVECENTO È così. Fidati.
PUBBLICO Ok, mi fido. Ma tornando alla tua domanda: noi, nella nostra vita di tutti i giorni, cosa c’entriamo col principio d’indeterminazione?
NOVECENTO (Heisenberg attraversa il palcoscenico e mette il gatto nel cestino.) Il professor Heisenberg col suo principio ci vuole dire che quando guardiamo un fatto, per il solo fatto di guardarlo, cambiamo il fatto stesso. Le domande che facciamo alla realtà influenzano le sue risposte. Le domande sono già delle risposte.
PUBBLICO E se stiamo in silenzio?
NOVECENTO Esserci è già una domanda. E quindi una risposta. Come stai facendo tu con me in questo momento.
PUBBLICO Vuoi dire che la mia presenza in sala modifica quello che avviene sulla scena?
NOVECENTO E non è così? Noi attori siamo qui per te: senza il pubblico, anche il palco sarebbe deserto.
PUBBLICO In effetti è vero…
NOVECENTO In termini filosofici non possiamo distinguere l’oggetto osservato dal soggetto che osserva. Fanno parte di un unico sistema.
PUBBLICO Vorresti dire che non c’è differenza tra attori e pubblico?
NOVECENTO Esattamente. Tranne il costo del biglietto.
PUBBLICO Quindi le parti potrebbero invertirsi e gli attori potrebbero mettersi guardare il pubblico.
NOVECENTO Pensi che non lo facciamo? Anche noi nella nostra mente applaudiamo un bravo pubblico e fischiamo quello incompetente.
PUBBLICO Quindi per te sarebbe normale se qualcuno venisse a teatro per il pubblico invece che per gli attori?
NOVECENTO Lo fanno in moltissimi. Magari non ci pensano, ma oscuramente sanno di far parte dello spettacolo. Si vestono, si pettinano, si truccano e si atteggiano in un certo modo. Magari nei giorni precedenti hanno fatto le prove e preparato una certa parte.
PUBBLICO Anche questo è vero…
NOVECENTO Platea e gallerie sono un unico palco, insieme al palco stesso. E su questo non ci dovrebbero essere dubbi. Quello che non tutti sanno è che lo spettacolo non finisce in sala.
PUBBLICO Ah no?
NOVECENTO Vedi… stasera, per circa due ore ci sembrerà di stare con Ettore Majorana e una decina di altri personaggi tra il 1933 e il 1945. Ma in realtà risaliremo i millenni trascorsi e ci proietteremo in quelli a venire fino ai più remoti angoli dell’universo. E l’eco delle nostre parole, presentito all’alba della creazione, si spegnerà solo con l’ultima stella.
PUBBLICO Esagerata! Adesso sei proprio teatrale!
NOVECENTO Sì: teatrale. Mi piace! La meccanica quantistica c’insegna proprio che il mondo non è un museo pieno di oggetti immobili e polverosi, ma un teatro vivace e affollato. Un teatro di parti e controparti, azioni e reazioni, apparizioni e sparizioni, relazioni e rimandi… che genera da sé il suo spazio e il suo tempo.
PUBBLICO Va bene, ma il contenuto del tuo teatro esiste in ogni caso. Gli oggetti ci sono. Noi ci siamo. Qui e ora, indipendentemente da tutto il resto.
NOVECENTO (Scuote la testa) Ricorda l’elettrone: non c’è un “qui” e un “ora” se qualcuno non decide di misurarlo.
PUBBLICO Non ha senso!
NOVECENTO La fisica non pretende di avere un senso.
PUBBLICO La meccanica quantistica, la nostra migliore teoria scientifica, non ha senso?
NOVECENTO Non le serve e non vuole averlo: la realtà accade e basta. La meccanica quantistica si limita a descrivere la realtà, e all’interno del suo ambito lo fa piuttosto bene. Funziona e basta: nessuno la obbliga ad avere un senso. Quella dell’avere un senso è una domanda che la fisica non si pone.
PUBBLICO Va bene per la fisica, ma tu che sei la Storia, almeno tu, saprai come estrarre un senso dai fatti… dal mondo, dallo spazio e dal tempo che abitiamo.
NOVECENTO I fatti… (Tira su la manica delle divisa del lager e mostra il numero sull’avambraccio) Questo numero: ecco un fatto. (Pausa)Davanti a certi fatti si potrebbe impazzire a cercare un senso. A più d’uno è proprio successo d’impazzire, te ne potrei nominare tanti. E tanti nomi ancora più numerosi li ho dimenticati. (Pausa) Forse la fisica ha ragione. Forse è meglio convincersi che anche per la Storia la realtà accade e basta. E che nessuno obbliga nessuno ad avere un senso.
Entra Majorana.
PUBBLICO Cosa ci fa Majorana a Lipsia?
NOVECENTO Fermi l’ha mandato con una borsa di studio a perfezionarsi da Heisenberg. In qualche mese sono diventati buoni amici, cosa, per un solitario come Ettore, più unica che rara. Werner gl’insegna il tedesco e insieme giocano a scacchi e a ping-pong. Ettore è stato anche a Copenaghen da Niels Bohr, e adesso sta per rientrare in Italia… Sentiamo cos’hanno da dirsi.
Le luci si spengono su Novecento che rimane quasi invisibile sulla scena.
MAJORANA Buon giorno, Werner.
HEISENBERG (Pensieroso) Ciao Ettore. Accomodati. (Indica il divano)
MAJORANA Grazie, non voglio farti perdere tempo: sono solo passato a salutarti.
HEISENBERG (Si siedono) Come va la tua gastrite?
MAJORANA Migliora. A furia di mangiare solo verdure, finirò col ruminare.
HEISENBERG Rientri direttamente a Roma?
MAJORANA No. Prima passo dalla Slovenia. Starò qualche giorno con i miei in vacanza ad Abbazia.
HEISENBERG (Come in difficoltà a introdurre l’argomento) Bene… Capiti a proposito: se non fossi venuto ti avrei cercato… vorrei parlarti di una questione.
MAJORANA Riguarda l’articolo sulla teoria dei nuclei?
HEISENBERG Non si tratta delle solite cose… sebbene le solite cose c’entrino. Cosa ne pensi della situazione in Germania?
MAJORANA (Difensivo, imbarazzato) Ho seguito poco la vostra politica…
HEISENBERG Ti sarai fatto qualche idea in questi mesi.
MAJORANA (Tasta nervosamente la cicatrice sulla mano) I disordini potrebbero finire presto. La gente cerca ordine e Hitler potrebbe essere l’uomo giusto.
HEISENBERG Sei quindi d’accordo con la maggioranza dei tedeschi.
MAJORANA Non so… non ho un’idea precisa. Tu la pensi diversamente?
HEISENBERG (Attende un attimo a rispondere) Hitler non mi piace, ma vuole ridare alla Germania il posto che le spetta tra le potenze mondiali. E almeno in questo ha ragione: l’infamia di Versailles va cancellata. E poi l’economia ricomincia a funzionare: con l’inflazione finalmente sotto controllo possiamo riprendere a vivere.
MAJORANA L’economia. Alla fine è questo che interessa la gente.
HEISENBERG Non dimenticheremo la repubblica di Weimar finché vivremo: le file per il pane, il freddo, la mancanza dei beni più essenziali, i francobolli da un miliardo di marchi, le piramidi di soldi costruite dai bambini per gioco, le valigie di denaro portate al mercato per non comprare nulla… Hitler potrebbe essere il riscatto da tutto questo.
MAJORANA Da quello che sento, certe misure stanno dando risultati. La stessa espulsione degli ebrei dagl’impieghi pubblici e dalle università alla fine farà comodo ai molti tedeschi che ne prenderanno il posto. Un modo discutibile, ma efficace, per ridurre la disoccupazione. (Bloccandosi, come se si fosse accorto di aver parlato troppo) Ma penso che tu non sia interessato alle mie opinioni politiche…
HEISENBERG Sì e no… In effetti, ho altro per la testa. (Guarda fuori, poi il gatto) Ettore, hai mai pensato alle possibili conseguenze delle nostre teorie sulla struttura dei nuclei atomici e sulle forze di scambio?
MAJORANA (Di nuovo difensivo) C’entra qualcosa con quello che abbiamo appena detto?
HEISENBERG Ci avrai pensato anche tu… se riuscissimo a indurre artificialmente la rottura dei nuclei, potremmo sprigionare energie enormi.
MAJORANA A quale scopo?
HEISENBERG Lo scopo di sempre. Conoscenza innanzitutto. L’estasi di sbirciare nella mente di Dio.
MAJORANA E poi?
HEISENBERG Possibilità di dominio della natura sinora impensabili.
MAJORANA (Accende meccanicamente una delle sue Macedonia)… e possibilità di distruzione altrettanto impensabili. (Silenzio imbarazzato)
HEISENBERG Stai andando troppo avanti.
MAJORANA Qualcuno per l’estasi di sbirciare nella mente di Dio, potrebbe rischiare questo misero mondo. Come i nostri progenitori innanzi all’albero della conoscenza, non si tirerebbe indietro. Quella volta non andò benissimo: secondo alcuni ne paghiamo ancora il prezzo.
HEISENBERG Come sempre la scienza offre opportunità e rischi.
MAJORANA Opportunità vaghe e rischi precisi: in un’unica esplosione almeno l’equivalente di ventimila tonnellate di TNT.
HEISENBERG Vedo che hai approfondito…
MAJORANA Sono incubi che per ora visitano tanti nel nostro giro. Siamo comunque lontani dal comprendere come il mostro possa venire alla luce.
HEISENBERG Si parla di rompere i nuclei di uranio. Qualcuno ha proposto un reattore che funzioni con una miscela di uranio naturale.
MAJORANA Avete fatto i calcoli?
HEISENBERG Siamo ancora al livello di congetture.
MAJORANA Secondo me la reazione sarebbe molto lenta.
HEISENBERG Sì, probabilmente il calore distruggerebbe il reattore prima che la reazione sia completata.
MAJORANA Infatti.
HEISENBERG Cosa mi dici invece dell’uranio 235?
MAJORANA Non saprei…
HEISEMBERG Non essere modesto!
MAJORANA No… veramente… non ci ho pensato.
HEISENBERG Ettore, cos’è tutta questa reticenza! Stiamo solo chiacchierando. Se hai paura che possano spiarci ti tranquillizzo, ho controllato: qui siamo al sicuro.
MAJORANA Se hai sospettato che ci fossero microfoni nel tuo ufficio, la situazione non mi sembra affatto tranquillizzante…
HEISENBERG Tempi difficili, ma non disperiamo. Torniamo all’uranio: cosa ne pensi?
MAJORANA Ti ripeto: non ci ho pensato abbastanza. (Pausa) Sì: il 235 potrebbe funzionare. I neutroni potrebbero innescare una reazione a catena.
HEISENBERG Hai in mente una specie di bomba?
MAJORANA (Si alza per andarsene) Non ho in mente proprio nulla. Non ci voglio proprio pensare. Ero venuto soltanto a salutarti.
HEISENBERG (Trattenendolo) Aspetta. L’uranio 235 è rarissimo, si dovrebbe ricavare separandolo dal più diffuso isotopo 238, ma è molto difficile e costoso.
MAJORANA Non m’interessa, e non dovrebbe interessare nessuno che possegga un minimo di coscienza. Anzi, che abbia un barlume di ragione.
HEISENBERG D’accordo, ma noi stiamo ragionando solo per ipotesi. E per ipotesi potrebbe saltar fuori un problema di massa critica che richiederebbe quantità enormi di 235 per innescare la reazione a catena e quindi l’esplosione.
MAJORANA Sono conteggi complicati.
HEISENBERG Abbiamo i calcoli di Hahn.
MAJORANA (Stupito, preoccupato) Hahn?
HEISENBERG Niente di definitivo. Stime. Secondo Hahn, occorrerebbero diverse tonnellate di 235 per innescare una reazione a catena. Un quantitativo simile non lo produrremo neppure in decenni.
MAJORANA Meno male.
HEISENBERG E se invece ci volesse molto meno? Hahn è un chimico: non sono sicuro che abbia ben compreso la natura del problema.
MAJORANA Non ha importanza. Prendete per buoni i suoi numeri e lasciate perdere.
HEISENBERG Se la quantità di uranio necessaria fosse molto minore, tutto sarebbe diverso: produrre qualche decina di chili di 235 è un’impresa immane ma possibile.
MAJORANA Meglio non saperlo.
HEISENBERG Tu dovresti saperne qualcosa… La settimana scorsa in birreria stavi lavorando su delle formule… mi sembra riguardassero proprio questo problema.
MAJORANA (Imbarazzato) Numeri buttati a casaccio, per passatempo. Niente di significativo. La cosa più saggia è lasciar perdere. La massa critica troppo alta potrebbe essere una fortuna: una specie di sigillo messo da Dio sulla nostra passione di farci del male.
HEISENBERG (Grave) Sono ancora d’accordo, ma dobbiamo essere certi.
MAJORANA Le intenzioni di Dio riguardano la teologia: scienza, com’è noto, priva di certezze matematiche. In questo campo dobbiamo avere fede: la bomba non si può fare e basta.
HEISENBERG Il calcolo della massa critica è fisica, non teologia.
MAJORANA Può darsi, ma rimane comunque fuori dalla nostra portata.
HEISENBERG Credo che esista un solo uomo capace di affrontarlo.
MAJORANA E chi sarebbe?
HEISENBERG Tu, naturalmente.
MAJORANA Che dici!
HEISENBERG Sei l’unico che possieda insieme le capacità matematiche e la visione fisica per dominare il problema.
MAJORANA Se esiste una persona, è Fermi.
HEISENBERG Come al solito ti stai sottovalutando. Non nego che Enrico sia un grande sperimentatore, ma tu sei superiore sia come matematico che come teorico.
MAJORANA Non è vero.
HEISENBERG Non nasconderti. Oltre ad avere il più grande intuito fisico che io conosca, probabilmente sei davanti a tutti nella fisica dei nuclei. Sei stato il primo a comprendere il ruolo dei protoni e dei neutroni e scommetto che hai scoperto altro…
MAJORANA Mi sopravvaluti.
HEISENBERG Vorrei dare un’occhiata ai tuoi cassetti.
MAJORAN Ti deluderebbero.
HEISENBERG Ettore, condivido i tuoi timori per un’arma d’inaudita potenza e le tue intenzioni di seppellirne persino la possibilità, specie in un momento in cui nel mondo diminuiscono gli scrupoli a utilizzarla; ma qualcuno, animato da uno spirito molto meno nobile, tra le tue carte potrebbe trovare la chiave dell’inferno.
MAJORANA Stai tranquillo, il camino della mia pensione sa mantenere il segreto: quegli appunti non esistono più, o se vuoi, non sono mai esistiti.
HEISENBERG Non basta a scongiurare il pericolo. Non tira aria buona tra le nazioni: per precauzione – diciamo così – ogni potenza degna di questo nome ha un gruppo al lavoro sull’energia nucleare.
MAJORANA E il tuo Führer?
HEISENBERG Naturalmente anche i nazisti si sono messi in moto.
MAJORANA Basterà che spieghi loro che l’ordigno è impossibile da realizzare, e la parte del problema che ti riguarda è risolta.
HEISENBERG Fosse così semplice. Non si fidano di me.
MAJORANA Riuscirai a tenerli a bada.
HEISENBERG Forse… ma hanno incaricato altri di seguire le stesse ricerche. Ci stanno mettendo in concorrenza e in diversi si stanno lanciando nella competizione con entusiasmo: tra noi aumentano i nazisti convinti.
MAJORANA Senza te non andranno da nessuna parte.
HEISENBERG Non è detto. Qui non mancano certo i fisici di talento: nei campi che contano siamo davanti alle altre nazioni.
MAJORANA E meno male che con la fissazione degli ebrei qualcuno dei migliori lo avete fatto scappare… A proposito, Einstein è rientrato dagli Stati Uniti?
HEISEMBERG Dubito che lo farà: prima di partire ha dichiarato pubblicamente che il paese è in mano a una rozza e rabbiosa banda di miliziani nazisti, e quelli gli hanno quasi distrutto la casa.
MAJORANA Dov’è adesso?
HEISENBERG Non so bene… in Belgio, forse in Inghilterra.
MAJORANA Quanti altri colleghi hanno abbandonato la Germania?
HEISENBERG Tra fisici, matematici e chimici, più di mille. Saprai che mi sono esposto personalmente in favore di Max Born, il che mi sta causando non pochi problemi con le autorità… rimango pure in contatto con Bohr a Copenaghen.
MAJORANA Werner, non capisco… vuoi o non vuoi la bomba?
HEISENBERG Lavoriamo insieme, stabiliamo se la bomba è realizzabile. Se è impossibile, possiamo lasciare tutti i pazzi del mondo a baloccarsi dentro i loro laboratori… e magari facciamo finta di partecipare anche noi al gioco.
MAJORANA E se così non fosse? Se dalle nostre carte uscisse il passaporto per l’apocalisse?
HEISENBERG In questo caso il gioco sarebbe più sottile e pericoloso: dovremmo fare di tutto per sottrarre risorse e menti agli altri gruppi. E una volta sotto il nostro controllo, sviare il progetto verso strade infruttuose e innocue.
MAJORANA Hai detto che i tuoi capi non si fidano. Perché dovrebbero abboccare?
HEISENBERG Ci dimostreremo i migliori. Ai nazisti interessano i risultati, e noi ogni tanto daremo un contentino per mantenerne la fiducia.
MAJORANA Troppo pericoloso: un passo dopo l’altro, anche senza volerlo potremmo finire troppo vicini alla bomba.
HEISENBERG Se servirà, correremo il rischio: viene un tempo in cui non esisteranno scelte innocenti. Il vento nuovo che soffia potente nelle strade non rimarrà fuori dalle nostre aule e dai nostri laboratori. Non possiamo sottrarci.
MAJORANA (Accende un’altra sigaretta) Pessimo destino quello di noi teorici: la speciale inclinazione degli uomini a pervertire qualsiasi strumento non ci rassicura che le nostre idee rimangano inutili per sempre. Certe formule inedite dovrebbero rimanere secretate per sempre negli archivi del cielo.
HEISENBERG Avrai saputo del discorso d’insediamento di Heidegger a Friburgo: tutti quei riferimenti al mondo spirituale del popolo tedesco, alle sue forze fatte di sangue e di terra, all’onore e al destino degli ariani… per non parlare della critica alla libertà accademica tedesca.
MAJORANA Torniamo alla fisica.
HEISENBERG Sì. Torniamo alla fisica.
MAJORANA Ci ragionerò ancora, ma secondo me la bomba, nel migliore dei casi, che poi è il peggiore, è molto lontana.
HEISENBERG Anch’io penso che quest’affannarsi sia solo isteria, ma non possiamo trascurare alcuna ipotesi. Il Patto a quattro non durerà, la Germania si riarma e tutte le altre potenze presto la seguiranno.
MAJORANA C’è solo da sperare che l’arma tanto distruttiva che immaginiamo sia impossibile da realizzare, o almeno collocata oltre l’orizzonte della nostra vita, in lontananza, nel buio dei futuri massacri.
HEISENBERG Per la nostra personale ambizione vorremo fare e per la nostra personale salvezza dovremo fare, ma per la salvezza di tutti sarà bene al tempo stesso disfare.
MAJORANA Non ti vedo nei panni di Penelope.
HEISENBERG Sarà inevitabile affinché Hitler non abbia a disposizione un’arma terrificante.
MAJORANA Sarà meglio se l’avranno gli inglesi, i francesi o gli americani?
HEISENBERG Dimentichi i russi di Stalin. No, non faccio differenze: ovunque i politici incarnano gl’istinti primitivi della folla, siamo noi scienziati i custodi della ragione.
MAJORANA La vecchia idea di Platone del governo dei filosofi: gli scienziati custodi della ragione. E cosa dire di gente come Lenard o Stark? Premi Nobel che vaneggiano di fisica ariana… forse noi scienziati non siamo meno folli dei politici e della gente che li acclama e brucia libri nelle piazze.
HEISENBERG Se anche tra noi ci sono degli idioti, non viene meno la nostra responsabilità di opporre la ragione alla barbarie.
MAJORANA Mi sembra inutile. Inutile perché nessuno – neppure Dio stesso – riesce a impedire agli uomini di farsi del male.
HEISENBERG Dobbiamo in ogni caso provarci. Insisto: collaboriamo.
MAJORANA Ci penserò…
HEISENBERG Qualunque idea dovesse venirti in mente, qualunque informazione di cui venissi a conoscenza, informami. E soprattutto non ne parlare con nessuno.
MAJORANA Distruggerò tutto. Anche i miei pensieri.
HEISENBERG Ci sono mostri che una volta generati non si possono uccidere, ma solo addomesticare. Ricorda: fare e disfare. E per disfare si dovrà anche fare. Comunicami le tue scoperte e decideremo insieme.
Si stringono la mano: Majorana esce, Heisenberg riprende il gatto e torna alla finestra.
NOVECENTO (Al pubblico) E allora, che te ne pare del buon Werner?
PUBBLICO Non mi sembra male. La sua è una posizione difficile.
NOVECENTO Ci sarà da fidarsi?
PUBBLICO Che vuoi dire?
NOVECENTO Belle parole le sue.
PUBBLICO Infatti. Mi è piaciuto: crede nella missione della ragione.
NOVECENTO Ma crede pure nella Germania. Pensa che la Germania abbia subìto alla fine della prima guerra mondiale un’ingiustizia dalle potenze vincitrici.
PUBBLICO Ha torto?
NOVECENTO No. Sulla stupidità di Versailles ha proprio ragione.
PUBBLICO Allora perché dubiti di lui?
NOVECENTO Con tutto l’astio che nutre verso la Francia e l’Inghilterra, sarebbe così strano che il nostro Werner voglia dare alla sua nazione quell’arma definitiva, necessaria a riprendere il suo posto nella storia? A quella stessa Germania che nel ’33 s’identifica con un solo uomo: Adolf Hitler.
PUBBLICO A pensarci bene, Ettore farebbe meglio a non fidarsi.
NOVECENTO E anche Ettore, il mitico Ettore, il genio sensibile e sfortunato di cui piangiamo ancora la sparizione nelle acque del Tirreno… hai sentito cos’ha detto?
PUBBLICO “Hitler potrebbe essere l’uomo giusto” – non me l’aspettavo. Non ha scusanti: lui non è tedesco.
NOVECENTO E quelle altre battute ciniche sull’espulsione degli ebrei come un modo per risolvere la disoccupazione… Espulsione, suona già di eliminazione…
PUBBLICO D’accordo, certe battute poteva evitarle, ma nel ’33 Auschwitz era solo un villaggio polacco come tanti altri. Chi poteva immaginare?
NOVECENTO Invece no. L’Auschwitz che conosciamo – il cancello con la scritta maledetta, il filo spinato, le ciminiere, le cataste di scarpe, le baracche con i letti a castello, le montagne di capelli, le docce e i forni – nel ’33 c’era già.
PUBBLICO Sarai la Storia, ma qui sbagli: il capo di sterminio di Auschwitz è stato aperto nel 1940.
NOVECENTO Sai anche questo.
PUBBLICO Te l’ho detto: ho studiato.
NOVECENTO Hai studiato, ma non abbastanza… o forse troppo… che poi è la stessa cosa. Sta’ a sentire: nel ’33 la Storia – io – ero già gravida di Auschwitz. Ascolta. (Tira fuori un libretto dalla tasca e legge) “Annientare una vita senza valore non comporta colpa; il debole deve essere distrutto.”
PUBBLICO Cos’è quel libro?
NOVECENTO Mein Kampf, Adolf Hitler, 1925. Nel ’33 il cuoco aveva già la ricetta insieme a tutti gl’ingredienti per l’olocausto: per cucinarlo doveva solo accendere il forno.
PUBBLICO Va bene, ammettiamo che qualcuno avrebbe potuto prevedere Auschwitz. Ma Werner e Ettore potevano benissimo non saperlo, come la stragrande maggioranza dei contemporanei.
NOVECENTO Sì. Potevano non saperlo. Ma voi che adesso sapete – del cancello con la scritta maledetta, del filo spinato, della ciminiera, delle cataste di scarpe, delle baracche con i letti a castello, delle montagne di capelli, delle docce e dei forni – voi che sapete, siete diversi? Il saperlo vi ha fatto diversi?
Sullo sfondo immagini contemporanee: comizi nazionalisti, profughi dietro il filo spinato di un confine, un campo profughi, delle fosse comuni, barconi stracolmi di migranti, cadaveri nei sacchi allineati a terra in un hangar…
Maria Raffa –
Quella scatola misteriosa chiamata Uomo
Svago o insegnamento? Divertimento o crescita? Tra questi dilemmi si dibatte ogni rappresentazione.
Il teatro nacque con i greci, come imitazione delle vicende umane a scopo di catarsi. Lo spettatore si specchia nei personaggi e dopo un primo immedesimarsi nel loro pathos, acquisisce un grado superiore di conoscenza che lo porta a distaccarsene e ad elevarsi, traendone insegnamento.
Da allora molto è cambiato. Lo spettatore ha visto molto: è sempre più assuefatto e quindi più esigente, almeno sul piano formale. Il rischio del drama è da un lato il facile intrattenimento fine a se stesso, dall’altro la rappresentazione virtuosistica dai contenuti fumosi o troppo cerebrali.
La soluzione è quella di sempre: equilibrio che divertendo – o comunque in forma accattivante e accessibile – inviti alla riflessione. In questo quadro si possono collocare i testi teatrali di argomento scientifico: dialogo di umanesimo e tecnica in un unico sapere. Nei casi più riusciti scienza e teatro mettono in scena concetti teorici, spesso coniugati alla storia personale degli scienziati, in una doppia catarsi: comprensione della materia e insieme riflessione sul nesso tra persone e mondo fenomenico, con le relative valenze morali e metafisiche.
In questo stimolante filone s’inserisce la pièce Il gatto di Majorana, di Nino Raffa, che sorprende i Fisici nel momento inaugurale dell’era atomica, e li porta sul palco insieme alla Storia e al Pubblico, fattisi attori anch’essi, in un dialogo meta-teatrale sui paradossi della fisica quantistica e le loro conseguenze tangibili nel quotidiano.
L’esperimento mentale del gatto di Schrödinger e la scomparsa di Ettore Majorana diventano occasione per indagare la responsabilità di ciascun individuo nella storia, sull’ineludibile assunto che per quanto ci si creda ininfluenti o disinteressati, nessuno è innocente. Non sapremo di una particella dentro una scatola, se non sollevando il coperchio perturbandone lo stato: la semplice osservazione degli eventi ci coinvolge nel loro esito. Anche astenersi, evitando di sollevare il coperchio, ha le sue conseguenze.
Majorana potrebbe essere morto o rapito, oppure potrebbe aver collaborato alla realizzazione dell’atomica, poco cambierebbe. La storia, per dirla con le parole di Michael Frayn, “non è ciò che accade mentre accade, ma ciò che agli uomini sembra sia accaduto quando guardano indietro”.
La ricostruzione degli eventi è ambigua persino per gli stessi protagonisti: l’indeterminabilità attribuibile al futuro, può riferirsi anche al passato. Nell’interpretazione classica della meccanica quantistica non possiamo conoscere insieme posizione e velocità di un elettrone, né anticipare se si comporterà da onda o corpuscolo. Possiamo interrogarlo e avremo delle risposte, ma queste dipenderanno dalla domanda: a domande diverse la stessa realtà fisica restituirà risposte diverse; gettare luce su un aspetto ne nasconderà un altro.
Conoscenza e dubbio sono lo sfondo di tutte le vicende umane che meritano di essere vissute e raccontate. Il gatto di Majorana intreccia con ritmo incalzante il poco che si sa sull’ultimo periodo del famoso scienziato, con il molto che si è congetturato, e con altro ancora, che per il fatto di essere possibile in qualche modo – in qualche piega della realtà – è avvenuto. Ed è questa dimensione plurima e diffusa della sua storia che ci raggiunge oltre le barriere del tempo e dello spazio nella sfera della mente e quindi ricade sull’intera nostra vita.
Se si dubita del mondo e della storia cosa rimane? Se, come Majorana, ci si accorge di essere su una strada sbagliata, cosa fare? Agire o sparire. Comunque sporcarsi le mani. Ogni scelta è una responsabilità e una rinuncia. Ecco i greci che ritornano. Venti secoli abbondanti prima della meccanica quantistica tutto era già sulla scena, dentro quella scatola misteriosa chiamata Uomo.