Il diario intimo di Filippina de Sales

15,00

Formato: Libro cartaceo, pag. 260

Autore: Piera Rossotti Pogliano

Note sull’autore

COD: ISBN: 978-88-6690-040-5 Categoria: Tag:

Descrizione

Questo romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 2000, dall’Angolo Manzoni, dopo che è stato finalista al premio Calvino e in altri premi minori.

Il punto di partenza di Diario Intimo è stato la ricerca storica, ed in particolare la ricerca della risposta alla domanda: si può parlare di un Piemonte giacobino e napoleonico? In fondo, si tratta di un periodo talmente breve, soltanto un quindicennio, che forse è esagerato considerare tanto importante.

A mano a mano che approfondivo l’argomento, che mi perdevo tra ricerche d’archivio e contributi di studiosi di grande rilievo, mi rendevo conto che non sarei mai riuscita a trovare una risposta assoluta. L’unica possibilità era dare una risposta “parziale”, cioè guardare quel periodo attraverso gli occhi di un personaggio che me lo potesse far comprendere meglio.

Leggendo l’opera fondamentale che Rosario Romeo ha scritto su Cavour, e poi la corrispondenza degli anni giovanili dello statista, ho trovato a più riprese allusioni alla nonna paterna, Filippina de Sales, una Savoiarda venuta sposa giovanissima a Torino, nel 1781, deceduta nel 1849. Di quanta grande Storia è stata testimone questa donna, da un osservatorio privilegiato come quello che le poteva offrire una famiglia così in vista! Dalla Rivoluzione francese, al periodo del Consolato e dell’Impero napoleonico, quando il Piemonte è diventato parte integrante della Francia, alla Restaurazione, fino all’inizio delle guerre per l’Indipendenza…

Allora, ho provato a guardare attraverso i suoi occhi.

Ma non c’era soltanto la grande Storia, c’erano anche tutte le minuzie della quotidianità. Così, mi sono inventata il suo Diario, per raccontare.

In fondo, troverete una bibliografia, ma questo è un ROMANZO, scusate se lo “scrivo a voce alta” utilizzando il carattere maiuscolo. È documentato con attenzione, ma NON è un documento storico.

Marguerite Yourcenar ha scritto, nei suoi Carnets allegati ai Mémoires d’Hadrien: “ In un modo o nell’altro, ricostruiamo sempre il passato a modo nostro. È già molto utilizzare solo pietre autentiche”.

Questo ho tentato di fare, ma posso anche dire, imitando Flaubert, che, almeno un pochino, “Philippine, c’est moi”. Non so se lei sarebbe d’accordo, io sono una proletaria miscredente, lei era una dama di antica nobiltà, pronipote di San Francesco di Sales. Ma ho cercato di entrare nella sua mente e nel suo cuore.

Se ci sono riuscita, potrà dirlo il lettore.

INCIPIT

Lui è arrivato tre giorni fa, verso sera. La prima visione che ho avuto è stata la sua ombra, proiettata sulla parete dalla luce danzante delle candele. Mi è sembrata immensa e minacciosa, ma mi son detta subito che le ombre non hanno consistenza e non debbono intimorire. Di persona, infatti, lui non è molto alto e non ha un aspetto minaccioso, ma io resto un po’ confusa.

Per cercare di vedere chiaro in me stessa, ho allora deciso di mettermi a scrivere questa specie di diario, che rimarrà per me sola, per fissare quanto mi accade e meglio riflettere su me stessa e sulla mia vita, nella quale sta per avvenire un cambiamento molto significativo, che inciderà sul mio futuro. Dove trovare, altrimenti, la dolcezza della confidenza e la certezza della custodia dei miei segreti più intimi? Forse non riuscirò a scrivervi ogni giorno, ma sono sicura che questo quaderno sarà per me una preziosa fonte di consolazione, un amico discreto con cui condividere i pensieri più riposti.

Mi chiamo Josephte-Françoise-Philippine de Sales; da tempo mi preparo al matrimonio, ci penso un poco, lavoro al mio corredo … in fondo, ho quasi vent’anni! Finalmente, è giunta l’ora, domani sposerò il marchese Giuseppe Filippo di Cavour che, appunto, è arrivato tre giorni fa.

A dire il vero, il mio futuro sposo non è per me un perfetto sconosciuto, perché le nostre famiglie sono da tempo in contatto e qui da noi è stato spesso un suo fratello minore, Uberto, che serve nel reggimento dei Dragoni ed ha ventidue anni. Con Uberto, anzi, con Messer Franchino, come viene chiamato scherzosamente perché, dodicesimo nato, ha portato alla famiglia la franchigia dalle imposte, intrattengo da tempo un carteggio abbastanza assiduo. Soprattutto, parliamo delle letture che amiamo. A volte, devo confessarlo, mi ha anche fatto un poco la corte, ma soltanto per gioco. Non ignoro, infatti, che è attratto, più che dalla mia persona, da quella di mia cognata Alessandrina, tuttavia le sue lettere sono sempre assai piacevoli, talora frizzanti, e mi sono scoperta assai sovente ad attenderle con impazienza.

Il mio promesso sposo Filippo, invece, mi intimidisce. Sono molto onorata di entrare nella famiglia Cavour, naturalmente, per di più come moglie del primogenito, che ha ereditato il titolo di marchese alla morte del padre, ma, all’orgoglio di essere scelta per un ruolo tanto importante, fa da contrappunto il timore di non riuscire ad occupare degnamente la posizione di prima signora che mi competerà in seno alla nuova famiglia ed anche un certo disagio di fronte a quest’uomo, certamente buono e retto, ma che i vent’anni di età che ci separano mi fanno vedere come una persona da temere e rispettare e che soltanto il tempo, forse, mi insegnerà ad amare come deve fare una sposa.

Quando è arrivato, tre giorni fa, accompagnato da mio fratello Maurice, non sono quasi riuscita ad augurargli il benvenuto. Con la gola chiusa, gli ho fatto soltanto un inchino, porgendogli la mano, e l’ho appena guardato. Non è molto alto, i tratti del volto sono un po’ pesanti, il ventre già prominente.

Anche successivamente abbiamo parlato soprattutto a tavola, comunque assai poco. Filippo mangia con meccanica avidità, senza eccessiva attenzione ai cibi e perfino la delicata féra della nostra Fillières, rara in questa stagione, è stata accolta da lui come un pesce qualunque, senza alcun pregio. Si atteggia, insomma, a persona sempre concentrata su un qualche suo pensiero riposto e segreto. O, forse, lui è veramente così.

Con mio fratello Maurice e con mio padre, invece, Filippo ha passato lunghe ore, sorseggiando del vino di Oporto accanto al camino della biblioteca, a parlare di affari e di dote.

La nostra vita è semplice, qui al castello di Duingt, ma la mia famiglia è molto antica ed ha vasti possedimenti. Per me, mio padre ha costituito fin dalla mia infanzia una dote di centomila franchi, più centoventimila franchi in gioielli, che verserà a Filippo dopo le nozze. Questo, naturalmente, oltre al mio corredo, che è assai ricco. Per anni ho ricamato lenzuola, tovaglie, fazzoletti, biancheria e per me hanno lavorato anche le suore clarisse di Chambéry.

Filippo insiste per ripartire subito dopo le nozze alla volta di Torino, nonostante la stagione non sia delle più favorevoli. Ma, asserisce, è assai meglio ora che non al momento del disgelo e gli preme tornare subito in città.

Stamani Maria, la mia balia, che continuo a chiamare nounou, ha fatto portare in camera mia una grande tinozza che ha poi riempito di acqua calda, alla quale ha aggiunto un intero flacone di essenza di gelsomino ed ho dovuto lasciarmi lavare energicamente. Noi ci laviamo spesso, anche tre volte all’anno, ma ora mi è sembrato un po’ strano, siamo in inverno e, nonostante il camino acceso, alla fine tremavo dal freddo. Così, Maria mi ha frizionata con dell’acqua di Colonia, mi ha avvolta in una coperta e mi ha abbracciata forte, come quando ero bambina, dicendomi di non avere paura perché Filippo non è un orco e non mi mangerà. In realtà, non ho affatto paura, soltanto freddo, tuttavia devo confessare a queste pagine di essere in preda ad una certa apprensione, poiché ignoro che cosa mi succederà esattamente. Cerco, però, di imbrigliare la mia fantasia e mi dico che, comunque sia, il matrimonio è un sacramento e mi sottometterò come deve fare una sposa, come hanno fatto tante ragazze prima di me e tante faranno dopo di me.

Avevo il desiderio di porre qualche domanda alla mia nounou ma, mentre mi arrovellavo alla ricerca di espressioni non troppo dirette, è stato annunciato monsieur Joseph, il parrucchiere, e ho dovuto vestirmi in fretta per sottopormi alla prima parte delle lunghissime operazioni di pettinatura. Domattina, infatti, ci sarà soltanto più il tempo di ritoccare e decorare l’acconciatura, prima di rivestire l’abito nuziale.

Sono eccitata al pensiero dell’abito che indosserò, è talmente ricco e bello che non ne ho mai avuto l’eguale. È in seta di Lione, ho scelto io stessa una delicata tonalità di rosa ed è impreziosito da una ghirlanda di piccoli fiori di raso azzurro. Il verdogale, poi, è fortunatamente appiattito, come vogliono gli ultimi dettami della moda, perché in caso contrario, largo com’è, non mi permetterebbe di passare le porte neppure per traverso!

Quanto alla pettinatura, mi sento alquanto a disagio per l’altissima acconciatura che monsieur Joseph è riuscito a costruire in tre ore di lavoro. Mi trovo buffa e strana, ma lui e la nounou mi hanno assicurato che mi sta molto bene e, soprattutto, è molto adatta per il matrimonio. Si chiama pouf au sentiment e, per ottenerla, i miei capelli sono stati tirati a ricoprire un grosso posticcio di crine, fissato sulla sommità del capo. Domani, dopo gli ultimi ritocchi, l’acconciatura sarà decorata con fiori simili a quelli del vestito e con piume.

Questo edificio di capelli fragile, eppure pesante, mi obbliga ad irrigidire il collo per sostenerlo e dovrò dormire con uno speciale guanciale, questa notte, per non rovinarlo. Ma riuscirò a prendere sonno?

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Il diario intimo di Filippina de Sales”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *