Descrizione
Giacomo Salvarelli, alle soglie della morte, ripercorre la sua vita d’artista, a cavallo tra Cinque e Seicento.
Pittore stimato per la sua fantasia e originalità, in un mondo complesso e tormentato dalla devastazione della peste, dai fermenti di Riforma e Controriforma, dalle ottusità dell’Inquisizione contro presunte streghe ed eretici come Giordano Bruno, Salvarelli è persuaso che si debba ricercare la verità e la dignità dell’uomo, e rivendica, in quell’epoca di superstizioni, anche dinanzi ai suoi committenti, il diritto alla propria libertà espressiva, confrontandosi con pittori noti e meno noti, realizzando che, proprio attraverso l’arte, l’uomo arriva a comprendere se stesso e a conquistare la propria libertà, a sperimentare le emozioni che ci rendono vivi, a contemplare la bellezza, ma anche ad accettare la propria finitezza e fragilità.
INCIPIT
Venezia, 25 agosto1656
«A chi vuol leggere»
Recandomi in Campo dei Gesuiti, a Venezia, qualche giorno seguente alla morte del mio maestro Giacomo Salvarelli, nella sua bottega entrai in possesso, tra colori, tele, disegni preparatori, modelli in gesso e in cera, di un suo manoscritto. Era posto in un cassetto dello scrittoio accanto al suo letto.
Lo lessi con il rispetto che debbo a colui che per anni ho accompagnato nei suoi giorni nel lavoro d’artista e che mi insegnò tutto quel che conosco della pittura, il maestro che ha avuto l’autorevolezza di farmi conoscere la fiducia nelle mie capacità per permettermi di crescere come artista e come persona.
Il testo destò in me una commovente e profonda attenzione su quello che il mio maestro racconta della propria esistenza fino a quando, al cospetto della morte, avvertì inevitabile la questione circa il significato della vita.
Mi sta a cuore e mi par degno poterlo tramandare a chi verrà negli anni futuri.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.