Descrizione
Marco e Carlotta (12 e 6 anni) visitano Padova in compagnia del nonno Giovanni e si meravigliano di fronte alle mura cinquecentesche e, ancor più, sono incuriositi da una statuetta che si trova in una nicchia: è la “Gatta di Padova”, spiega nonno Giovanni, che non potrà esimersi dal raccontare la storia ai nipotini. Così inizia la narrazione del nonno, che parte dalla verità storica, ossia l’assedio di Padova, nel 1509, da parte di Massimiliano I d’Asburgo, che mira a sconfiggere la Repubblica di Venezia e i suoi alleati con il suo esercito di Lanzichenecchi. L’assedio della città fa da sfondo alle avventure di alcuni ragazzi, Daniele, Francesca, Luna, e della gatta Nerina, anche lei protagonista – involontaria – di un’azione eroica e della disfatta delle truppe imperiali.
INCIPIT
Era da tanto tempo che nonno Giovanni, vecchio ferroviere in pensione, aveva promesso ai nipoti Marco e Carlotta, di dodici e sei anni, una visita alla stazione di Padova e, dopo tanti rinvii, la promessa era stata finalmente mantenuta in un tranquillo pomeriggio di fine estate. Terminata la scorpacciata di vagoni, locomotori e motrici, nonno e nipoti erano ormai usciti dalla stazione e si avviavano a prendere l’autobus.
Commentando le meraviglie che avevano appena visto, imboccarono un largo viale alberato pieno di traffico, all’inizio del quale c’era un rialzo del terreno, alto non più di quattro o cinque metri dal piano della strada e delimitato da una ripida scarpata ricoperta di vecchi mattoni. Su quel rilievo, insolito per una città di pianura, sorgeva un imponente torrione di vaga impronta medioevale.
«Cos’è quello, nonno?» chiese Marco indicando la costruzione.
«Quella è una delle cisterne dell’acquedotto che fornisce di acqua la città» rispose il nonno.
«È molto antica?»
«No, è abbastanza recente. L’hanno costruita nei primi decenni del secolo scorso.»
«E questo muro, cos’è?» riprese il ragazzo, indicando la scarpata ricoperta di mattoni, vicinissima alla fermata dell’autobus.
«È uno dei bastioni delle “Mura Nuove” di Padova, quelle costruite nel Cinquecento» spiegò il nonno.
«E quella?» chiese Carlotta indicando una statuetta consumata dal tempo e dalle intemperie, che sporgeva da una nicchia incavata nel muro e che rappresentava un piccolo animale.
«Quella è la Gatta» rispose il nonno.
«Una gatta?» chiesero in coro i due ragazzini.
«Sì» confermò il nonno «ma non è una gatta qualunque. È la “Gatta di Padova”.»
«E che cosa ci fa lì?» chiese incuriosita Carlotta. È una storia molto lunga e molto vecchia, che risale a cinquecento anni fa» rispose il nonno.
«Tu c’eri?» chiese Carlotta che non aveva idee molto precise sul tempo.
Il nonno e Marco scoppiarono a ridere e Carlotta si impermalì, perché non le sembrava di aver fatto una domanda così stupida.
«È una storia vera?» chiese Marco.
«Verissima» confermò il nonno.
«È successa qui a Padova?»
«Più o meno in questo stesso punto della città e quella statuetta è stata messa lassù per ricordare l’avvenimento.»
«Ci racconti la sua storia?»
«Beh, adesso sta arrivando l’autobus» rispose il nonno indicando il grande automezzo arancione che stava scendendo il cavalcavia all’inizio del viale e si avvicinava alla fermata.
«Ve la racconterò quando saremo a casa» promise.
* * *
Nonno e nipoti erano ormai rincasati. Il vecchio era sprofondato nella sua poltrona preferita e si stava apprestando a leggere il giornale con gli occhiali sul naso, quando arrivarono di corsa Marco e Carlotta.
«Nonno» protestò la bambina, vedendolo con il giornale spiegato «ci devi raccontare la storia della gatta!»
«Sì, nonno, dai, racconta!» implorò Marco.
«Non guardate la televisione oggi?» chiese il vecchio, disperando ormai di poter leggere il suo giornale in santa pace.
«I cartoni animati li vediamo tutti i giorni. Oggi abbiamo deciso di ascoltare la storia della gatta» rispose Marco.
Il nonno sospirò, pensando che quando aveva i due nipoti per casa, la loro esuberanza finiva sempre per sconvolgere le sue tranquille abitudini. Tuttavia erano due ragazzini simpatici e intelligenti, voleva loro un gran bene e finiva sempre per accontentarli. Così anche quella volta piegò il giornale con un sospiro di rassegnazione e cominciò a raccontare.
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