I nostri scarponi sulla Via Francigena

26,00

Formato: Libro cartaceo

Autore: Elena Moscardo

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-458-8 Categoria: Tag:

Descrizione

In questo libro l’Autrice racconta il suo pellegrinaggio su un tratto della Via Francigena verso Roma, così come lo ha organizzato e vissuto insieme al marito Alessandro nei venti giorni delle loro ferie estive. Partiti da Modena l’8 Luglio 2000 con i loro zaini pesanti, ma scrupolosamente organizzati, hanno percorso a piedi circa 380 km. Essendo pellegrini moderni, la loro attrezzatura era diversa da quella dei pellegrini che, nel Medioevo, hanno percorso le stesse strade, ma sicuramente sono stati guidati nel cammino dallo stesso Spirito di Fede.

Le fatiche e le difficoltà del viaggio sono state, per Elena e Alessandro, l’occasione per mettersi in gioco, sia come individui, sia come coppia, dovendo dar prova di perseveranza e forza di volontà, di fiducia nelle loro capacità, di umile accettazione anche dei momenti di debolezza e di impotenza di fronte agli elementi della natura, senza mai perdere la fiducia in Chi guidava i loro passi, e sono usciti da questa esperienza più uniti e più forti.

Nel diario del loro viaggio ci sono i luoghi pieni di storia e la bellezza dei paesaggi naturali che hanno attraversato, ma ci sono soprattutto gli incontri, molte volte fortuiti, con moltissime persone diverse, generose, interessate e desiderose di capire cosa mai avesse spinto quella giovane coppia a fare una scelta così insolita e difficile, una scelta di fatica e di lentezza, dove oggi tutti cercano la facilità e la velocità, la scelta di un’esperienza di Fede da vivere in profondità, dove oggi si sceglie, troppo spesso, una facile superficialità.

INCIPIT

Vogliamo raccontare il nostro viaggio, semplicemente, così come mio marito Alessandro ed io lo abbiamo organizzato e vissuto nei venti giorni delle nostre ferie estive. È stato solo uno dei tantissimi modi diversi con cui la gente in quell’anno, in occasione del Giubileo del 2000, ha raggiunto Roma, a piedi, in bicicletta, sul dorso di un asino, in macchina o con altri mezzi ancora.

Il pellegrinaggio è considerato come metafora tangibile della vita. Così come diversi e disparati sono i modi che le persone scelgono per affrontare e gustare le ore e i giorni della loro esistenza, così il pellegrino può decidere di camminare su una strada sterrata o di percorrere in bicicletta un tratto asfaltato. Lungo il viaggio, tappa dopo tappa, ma anche più frequentemente, sono sempre ammesse delle variazioni del mezzo scelto per spostarsi e delle soste per riposarsi, perché le gambe sono stanche e non ti sorreggono più, o anche solo per la voglia di fermarti ad ammirare le bellezze della natura e i luoghi della cultura. A volte possono diventare necessari dei cambi di direzione o delle deviazioni, perché chi procede non può sapere per certo quello che l’attende al prossimo bivio di strada e come il tempo potrebbe cambiare inaspettatamente. Così nella vita non conosci cosa ti riserva il tuo domani, e dovresti sempre essere pronto a cambiare marcia, a fermarti per riflettere e poi trovare la soluzione alternativa per continuare ad andare avanti. Nella vita come nel cammino di un pellegrino non è importante arrivare velocemente, camminare oppure andare di corsa, prendere l’impervio sentiero in salita oppure la strada che attraversa il fresco bosco. La cosa veramente importante è avere ben chiara la Meta finale, continuare a procedere con la voglia e la determinazione di raggiungerla, e tenere sotto controllo il navigatore per evitare di perdersi.

Siamo partiti l’8 luglio 2000 da Modena con sulle spalle i nostri zaini pesanti, ma scrupolosamente organizzati. Eravamo forniti di quel minimo di attrezzatura tecnica che faceva di noi dei pellegrini moderni del XXI secolo. Anche se diversi nell’apparenza esteriore, lo Spirito che ci guidò fu lo stesso che sostenne coloro che nel Medioevo intrapresero con Fede questo viaggio. Abbiamo ripercorso, passo dopo passo, un tratto di quell’antica Via Francigena di pellegrinaggio che da Canterbury, in Inghilterra, portava i fedeli fino a Roma sulla tomba dell’apostolo San Pietro. Superando dapprima la catena degli Appennini a livello del Rifugio Duca degli Abruzzi sull’Abetone, abbiamo attraversato San Marcello, Serravalle Pistoiese, Larciano San Rocco, Fucecchio, San Miniato, Castel Fiorentino, Gambassi, San Gimignano, Abbadia ad Isola, Monteriggioni, Buonconvento, Montalcino, San Quirico d’Orcia, Vignoni Alta, Bagno Vignoni, Radicofani, Acquapendente, Bolsena, Montefiascone, Viterbo, Ronciglione, Sutri e Settevene. Infine, dopo venti giorni di cammino, siamo giunti a Roma.

Il sole cocente sulla bellissima campagna toscana, ma anche la pioggia battente e il vento impetuoso in montagna, non ci hanno certamente risparmiati. Ci hanno accompagnato la fatica, la fame, la sete, lo scoraggiamento e il dolore fisico, ma anche la gioia piena, la soddisfazione e l’emozione estasiata davanti a paesaggi senza eguali. Abbiamo avuto l’occasione di ammirare luoghi meravigliosi di arte e di cultura. Non dimenticheremo il silenzio pieno di parole che avvertimmo tra le antiche mura delle Chiese disseminate lungo la Via, come la chiesa del Santo Sepolcro e quella, scavata nel tufo, della Madonna del Parto: erano le preghiere piene di Fede di chi vi passò centinaia di anni prima di noi.

Quello che ancora oggi ricordiamo e resterà impresso in maniera indelebile nella nostra memoria, sono tutte le cose che abbiamo visto, le sensazioni vissute e, innanzitutto, la gioia di esserci riusciti. Il cammino ci ha aiutati a recuperare una dimensione più umana di noi stessi, fatta di forza di volontà, di perseveranza e di fiducia nelle nostre capacità, ma anche di debolezza, di impotenza di fronte agli elementi della natura e di umile abbandono. Il lento incedere ci ha concesso di riscoprire la realtà della natura intorno a noi, e che spesso, purtroppo, nei giorni comuni e frenetici di questa vita moderna non sentiamo più nostra e ci appare così lontana e sconosciuta. Certamente la cosa più bella sono stati gli incontri, molte volte fortuiti, con moltissime persone diverse, generose, interessate e desiderose di capire cosa ci spingesse a percorrere a piedi circa 380 chilometri, sotto il sole e la pioggia, un passo dopo l’altro, fino al traguardo.

Ci fu data la grazia di vedere la Meta, di sentirla con tutti i nostri sensi. Tremavano le nostre gambe davanti alla mole imponente della Basilica di San Pietro, il 27 luglio, giorno del nostro arrivo a Roma. L’emozione era tanta e non potemmo trattenere le lacrime, ripensando ai venti giorni appena trascorsi, alla strada percorsa, alle difficoltà e alle gioie vissute, agli sguardi incontrati e alle parole scambiate, alla bellezza dell’uomo e della natura che avevamo sperimentato. Tutto ciò che siamo e tutte le persone che portiamo nel cuore erano lì con noi.

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