Descrizione
Goccia è il nome di una locomotiva di latta, un oggetto speciale che si muove senza congegni elettrici, ride, si commuove, compie magie che incantano e fanno sognare i bambini. Come una goccia d’acqua sulla roccia, questo umile giocattolo bucherà il tempo: dal suo ritrovamento, infatti, prende avvio il breve racconto di un padre a suo figlio ripercorrendo, sul filo della memoria, la storia tragica e commovente di una famiglia ebrea lacerata dalle vicende della seconda guerra mondiale. Alle narrazioni magiche e fantasiose del trenino si alternano le memorie del passato e il ricordo delle sofferenze dei nonni e dei familiari.
Una storia naturalmente rivolta ai ragazzi e ai loro genitori.
Sul filo della memoria, una storia familiare. Un modellino di locomotiva a vapore costruito artigianalmente da un ferroviere, come una goccia d’acqua sulla roccia, bucherà il tempo. Tra favola e realtà porterà in viaggio, lontano oltre le tragedie degli adulti, il cuore di un bambino.
INCIPIT
Oggi, il prologo
Pulisco e metto in ordine in soffitta. L’ostinazione di mia moglie ha vinto ogni resistenza. È una giornata particolarmente calda, estiva, e non mi dispiace rifugiarmi in quest’angolo di casa.
La città pullula di stranieri. Il turismo, le industrie e le attività commerciali fermentano il ritmo metropolitano, ma il mare nonostante il caos e l’inquinamento è richiamo irresistibile e antico.
Sono sposato da dodici anni e ho un bambino, Gigino, che frequenta la quinta elementare. Mia madre vedova e anziana abita da noi, credo che in questo momento sia a spasso con il piccolo.
Sollevo il telone che copre le cose dimenticate e un nuvolone di polvere m’investe. I miei polmoni si difendono con qualche colpo di tosse; apro la finestra per far prendere aria all’ambiente. Mi passo un braccio sulla fronte per asciugarmi il sudore e per farmi forza. Scatole e oggetti ammucchiati mi attendono. Spio il mare, che dalla fessura della finestra porta il suo colore tra i palazzi. Avrei voglia di tuffarmici dentro ma, riguardando il lavoro da fare, sbuffo e abbandono ogni tentazione. A caso prendo dal mucchio scarpette dei primi passi di Gigino, libri senza copertina, pistole ad acqua fuori uso, corde, una ruota di bicicletta, altri pezzi di giocattoli, peluche consumati dall’uso.
Dal piano inferiore giungono dei rumori: mamma e Gigino sono rincasati. Dei passi su per le scale, subito dopo la porta malconcia della soffitta si apre: è mio figlio con un cono gelato in mano. Mi bacia sulla fronte sporcandomi di cioccolato. Seduto sul pavimento, svogliato, il dolce bacio mi provoca un sorriso.
«Dove siete stati?» chiedo.
«Siamo andati in centro. Al ritorno la nonna mi ha comprato…» e mi mette davanti agli occhi il gelato.
«Ti vizia. Con me era severa.» Non ho finito di parlare che da sotto sentiamo la sua voce: «Gigino, sei sopra?»
«Sì, nonna…»
Tiro via dal mucchio delle cose da buttare una vecchia sedia a rotelle.
«Che bella» dice il bambino, che la vede per la prima volta.
«Non direi. Sai a cosa serve, vero?»
«Certo, la usano le persone che hanno problemi a camminare.»
«Infatti.»
«Perché l’abbiamo? Chi la usava?» Ricordi lontani vengono a farmi visita nella mente e ancora di più nel cuore.
«Papà, posso sedermi?»
«Sì ma piano, non so se regge.» Per gioco lo spingo verso la finestra. Lo giro verso di me e mi siedo sul mucchio di orsacchiotti, cuscini e altre cose.
«Credo che ormai sia giunta l’ora di raccontarti una storia. Sei grande abbastanza da capirla. Nessuno, vero, nemmeno la nonna, ti ha parlato del miracolo?»
«Del miracolo?» domanda Gigino, scuotendo la testa per farmi segno di no.
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