Estadio Magia do gol

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Giorgio Astolfi

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-049-8 Categoria: Tag:

Descrizione

Presentazione di Paolo Negri

Non sappiamo se Artur Antunes Coimbra, in arte Zico, abbia letto le bozze del libro di Giorgio Astolfi. E non sappiamo se Astolfi, mentre elaborava il suo manoscritto, si sia imbattuto nelle dichiarazioni di Zico. Di certo c’è una straordinaria identità di vedute, una filosofia condivisa, una comune visione dello spirito del calcio, tra l’ex fuoriclasse brasiliano e lo scrittore ferrarese.

Non potrebbe essere diversamente. Astolfi, che in gioventù è stato un giocatore di ottimo livello, ha una visione romantica e idealista (nell’accezione più positiva del termine) della vita, e di conseguenza del football. anzi, del futebol. Bailado, di preferenza. Perché il Brasile ha animato i giovanili sogni calcistici di Astolfi. Ed il Brasile, lo stesso tratteggiato nelle pagine di Amado, ha ispirato l’ambientazione di questo meraviglioso romanzo, Estadio Magia do gol. Titolo rigorosamente in portoghese.

Ma riavvolgiamo. Com’erano le accennate dichiarazioni di Zico? Eccole: «Cerco di allenare come giocavo, con serietà, ma anche con fantasia. Vincere è bello, ma lo spettacolo lo è di più: non si può giocare speculando, il football è anche altro, o soprattutto».

C’è tutto Zico, nel libro di Astolfi. Una favola sul calcio, come recita il sottotitolo. Ma non un trattato di calcio. Una favola delicata, intrisa di sentimenti e pulsioni, scritta in punta di polpastrelli ma capace di veicolare con forza – eppur senza forzature, quelle non appartengono ad Astolfi – un messaggio potente, coinvolgente: mai rinunciare ai sogni.

Di calcio e di vita. Perché in queste pagine ambientate in un futuro lontano, si denunciano le storture tecnico-economiche che hanno portato alla scomparsa del football in tutto il mondo ad eccezione del Brasile, dove continua ad essere praticato nel rispetto del suo spirito. Ma il calcio è il pretesto, il mezzo di denuncia del sistema economico e politico, il punto di partenza per una riflessione a tutto tondo, anche su temi quali religione ed ecologia. È uno strumento di conoscenza e di scoperta. Della letteratura. E delle cose della vita, appunto. Come i sentimenti, il sesso nella sua visione più “sana” e naturale. Il calcio, un certo calcio, che ti porta a superare l’avversione per lo stesso, e attraverso esso uscire dalle proprie prigioni quotidiane, andare oltre un ordine codificato che in fondo impedisce di conoscere proprio la vita, la vita reale, ed approfittarne. Il calcio che conduce in un mondo lontano, tutto a colori, ove nulla è pianificato come “da noi”.

Estadio magia do gol ha come protagonista Giovanni Rubini, docente universitario ferrarese. La sua metamorfosi, la sua progressiva apertura mentale, avviene attraverso la conoscenza postuma, professionale e umana, della traccia lasciata da uno zio paterno che del calcio – partendo dalla Spal ed arrivando in Brasile – è stato grande interprete. Il percorso mentale di Giovanni si snoda attraverso la visione in diretta di qualche partita e, soprattutto, attraverso il contatto con la realtà locale e con due donne che gli cambieranno la vita.

INCIPIT

Prologo

Salvador de Bahia, Stato di Bahia, 6 agosto 2095.

Per tutta la vita ho studiato letteratura. L’ho insegnata a generazioni di giovani, ma soprattutto ho letto stanze intere di romanzi e di raccolte di liriche. Quanti uomini ho potuto conoscere attraverso i loro scritti e quante volte mi sono chiesto se mai avessero svolto e svolgessero il ruolo di scrittori con sincerità! Sino a che punto le loro opere erano frutto di un’onestà intellettuale fine a se stessa e al piacere vero e tutto interiore della scrittura, e non, invece, asservita a scopi meramente commerciali e di affermazione personale? Questo dubbio mi ha accompagnato in ogni momento, ma non m’interessava risolverlo perché anch’io come loro, e grazie a loro, avevo il mio tornaconto. La carriera, la fama e il prestigio erano lo scopo dei miei studi, perciò non aveva molta importanza chiarirsi le idee sulla vena più o meno disinteressata di un certo autore o di un altro. A me andava bene così. Li leggevo, li analizzavo e pubblicavo le mie riflessioni che poi la gente a sua volta leggeva, soprattutto gli studenti che me le venivano a raccontare tali e quali. Certo, ciò è un po’ buffo, ma è così. La cultura e l’arte hanno degli artefici e dei consumatori. Eppure malgrado abbia scritto e pubblicato migliaia di pagine tra saggi su riviste, periodici e quotidiani vari, nonostante le centinaia di dispense per corsi universitari e una trentina di libri metà dei quali sono considerati pietre miliari della storia e della critica letteraria europea e ispano-americana contemporanea, avverto una mancanza. Qualcosa si agita in me. È una sensazione d’insoddisfazione, d’incompletezza. Mi sento incompiuto. Ma perché? Che cosa m’inquieta? Beh, lo dico, anche se con un po’ d’imbarazzo. Non ho mai scritto un romanzo. Ecco ciò che mi fa sentire un incompiuto. Ciò che mi manca. Quasi tutti i miei colleghi l’hanno scritto, il romanzo. Più o meno bene, ma l’hanno fatto. E come loro anche uomini di potere, di spettacolo, di sport, hanno avuto l’intimo piacere di vedersi una pubblicazione, chi nell’antico formato con pagine in carta (che negli ultimi tempi pare aver ripreso interesse), chi in formato elettronico come e-book. Perché poi avverto una simile mancanza? Non lo so proprio. Conosco la tecnica, i trucchi, le raffinatezze e tutto ciò che è necessario per confezionare un romanzo, ma non l’ho mai fatto. Vorrei tanto provarci, però non perché possa essere pubblicato e magari avere successo. No, assolutamente no. Per me stesso. Ecco, lo vorrei per me stesso, per il solo piacere di farlo. Com’è stato il calcio per Enrico, Airton e Zè, una vera e pura passione. Certo che se poi il romanzo dovesse avere successo, ben venga. Ci mancherebbe altro. Ma, ripeto, non è a ciò che miro. Allora ci provo.

Salvador de Bahia, Stato di Bahia, 12 agosto 2095.

Per ben sei giorni ho sommerso di parole il mio vecchio PC a voce, ma inutilmente.
Creare in tempo reale e monologando con il computer è indubbiamente molto agevole e pratico. Io parlo e lui traduce i suoni in lettere e parole che posso controllare e vedere su monitor. Ciò dovrebbe favorirmi la creatività. Invece niente. Non mi viene niente… forse a causa di questo sistema che ho sempre ritenuto poco umano?
Non mi è mai piaciuto e spessissimo ho preferito scrivere con la tastiera. Sì, con quel modo antico e sorpassato che pochi romantici usano ancora. Beh, tutti i miei migliori testi – quelli ritenuti “pietre miliari ecc… ecc…” tanto per intenderci – li ho scritti con la tastiera e non “monologati”.

Salvador de Bahia, Stato di Bahia, 13 agosto 2095.

Oggi niente passeggiata al mare. Non ho voglia. Finché non mi sarà venuto uno straccio di idea per un romanzo starò nello studio e vedrò il mare solamente da lontano. Però uscirò questa sera per la partitissima Bahia-Flamengo.
Ho letto e sentito di un giovane calciatore del Flamengo dall’estro straordinario. Un grande e magico fantasista. Il genere di giocatore che prediligo.

Salvador de Bahia, Stato di Bahia, 13 agosto 2095 (ore 0,30).

Ho visto la partita. Eccezionale. Ma soprattutto eccezionale quel numero dieci. Mai visto nulla di simile. Sono estasiato. Oserei dire trasognato. E ora so anche che cosa devo scrivere.
Scriverò un ricordo. O è un sogno?
Ricordo o sogno poco importa. Dentro me c’è una storia. Il suo inizio risale a poco meno di due decenni fa. Nel 2080.
E anche più in là.

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