Emigranti (quasi) per diletto

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore: Sonia Piloto Di Castri

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88.6690-077-1 Categoria: Tag:

Descrizione

È stato il romanzetto Emigrante per diletto di Louis Stevenson a ispirarmi il titolo di alcuni appunti, da tempo dimenticati in un file del computer.  Le parole  “diletto” o  “quasi diletto”, accanto alla parola emigrante, evocano una situazione meno usuale di quelle che prevedono poveri fagotti o sgangherate valige di fibra. Stevenson aveva lasciato Glasgow  per rintanarsi nella terza classe di una scassata nave ottocentesca, io ero partita da Milano, seduta nella poltrona di uno dei primi DC-9 che volavano verso il Sud America: lo scrittore, allo scopo di raggiungere la donna che amava, io e la mia famiglia, per aver colto “al volo” l’occasione di un miglioramento economico. Era il 1960, quando l’Italia esportava clamorosamente i frutti della sua inventiva industriale, e, meno clamorosamente,  aveva iniziato a piazzare in porti sicuri il frutto dei suoi investimenti. La mia è la vicenda di una madre e moglie che, dovendo gestire comunque e alla meglio la famiglia in un “diverso” del quale, a causa dei suoi limiti mentali, non capiva nulla, ha affrontato e infine superato situazioni grottesche. Una vicenda che, letta oggi, alla luce delle esperienze quotidiane, muove a un benevolo sorriso. Tuttavia curiosa, divertente e, spero, anche vagamente istruttiva.

INCIPIT

Juan Manuel Alsina, colonnello dell’esercito argentino in pensione (e di avere solo trentadue anni lo dirà tra poco), ci aspetta vicino al cancello di legno di una villa a un piano, stile châlet svizzero (in Argentina comunemente chiamatachalé, si pronuncia cialé), circondata da un giardino con alberi pregiati e il prato all’inglese dall’erba un po’ troppo cresciuta. Quattro metri di sentiero di pietre a opus incertum conducono dal cancello alla porta d’ingresso. Ancora non so che oltre quel pezzo di giardino situato nella parte anteriore della villa si estende il resto della proprietà: dieci lotes di terreno incolto, pari a un ettaro, abbastanza per mantenerci una vacca e un paio di puledri.

Non ci saremmo trovati di fronte a quel pensionato precoce se, qualche mese prima, non avessimo accolto con entusiasmo l’idea di emigrare all’estero: una decisione improvvisa e affrettata, per cogliere al volo una delle occasioni offerte dall’espansione del boom economico di quegli anni. Nel nostro caso l’opportunità di diffondere qui e là nel mondo cibi in scatola preparati all’italiana, quali quelli prodotti dalla ASTRO s.p.a., fabbrica, appunto, di prodotti alimentari.

La fase iniziale dell’ingaggio prevedeva la Tunisia come paese di destinazione. Bastava solo, per gli adulti della famiglia mentre si allestiva la partenza, rinfrescare un po’ le reminescenze del francese, informarci sugli usi, i costumi e le abitudini della popolazione con la quale saremmo entrati in contatto: un po’ di geografia, un minimo di storia, un pizzico di antropologia.

E invece, come il cosiddetto fulmine a ciel sereno, arriva un contrordine improvviso e imprevisto. Per cause (quali?) sopravvenute: partire subito per l’Argentina. Una risoluzione che, dovuta all’urgenza, non ci aveva consentito, un minimo di preparazione di tipo sociopsicologico e storico, per esempio, o di carattere puramente pratico e, soprattutto,soprattutto, linguistico.

Ma quello del linguaggio era l’ultimo dei nostri problemi immediati. Infatti non ce preoccupammo eccessivamente. In una città piena di italiani, – era diceria comune,– tutti comprendevano la nostra lingua, quando addirittura non la parlavano. Grossa balla. Nei primi tempi del nostro soggiorno, la gente alla quale mi rivolgevo non capiva quello che domandavo, né io capivo quello che loro mi rispondevano. Credo sia da imputare al presunto internazionalismo del nostro idioma se affrontammo l’Argentina senza un dizionario, nemmeno uno tascabile. E non fu l’errore minore.

Date queste premesse, con estrema leggerezza, quasi senza rendersene conto, l’intera famiglia, (il padre con l’incarico di avviare un’industria italiana in terra straniera, i bambini, Furio di cinque anni e Marco di otto, e me, la madre cui spetterà anche il compito di redigere la relazione dell’impresa), si trovò a bordo di un DC-9 dell’Alitalia, diretto a Buenos Aires

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