Costantino Manoblu

15,00

Formato: Libro cartaceo

Autore: Cinzia Morea

Note sull’autore

COD: ISBN 978-88-6690-471-7 Categoria: Tag:

Descrizione

Manoblu è il terzo episodio delle avventure di Costantino, un quattordicenne apparentemente come tanti, che va a scuola e ha una famiglia ma, diversamente dai suoi coetanei, alle prese con maghi e incantesimi. Per non far scacciare di casa Nube, la cucciola di Mastino Nuvolare che ha adottato, rimarrà invischiato in un pericoloso incantesimo e si dovrà addentrare in un altro Mondo, intrappolato in una carta magica di un mazzo di tarocchi con cui si può cambiare il futuro. Scivolando da un Mondo all’altro, troverà nuovi amici, nuove avventure… e non pochi pericoli!

INCIPIT

I – PRATI D’UN ALTRO MONDO

Nube correva nell’aria buia e sempre più fredda, ma il gelo non smorzava gli odori che le arrivavano al naso, netti e taglienti come lame.

Ad ogni balzo incontrava un odore nuovo, effluvi che non aveva mai sentito nel suo mondo di prima e che le facevano pensare che si sarebbe trovata bene in quei luoghi.

C’era una traccia, pesante sul terreno cedevole e bassa sui cespugli, che profumava di grosso mammifero setoloso, con zoccoli ai piedi. Sembrava irritabile e Nube ne era incuriosita ma anche allarmata: il pelo, suo malgrado, le si era orripilato sulla schiena in un arco bianco. Cambiò strada. Dal fiume assieme all’odore dell’acqua stava arrivando un sentore più interessante, quasi di cane, ma non proprio di cane, o per lo meno di un cane ben strano, che aveva mangiato, quel giorno, un topo e due mele selvatiche.

L’odore di cane rosso veniva da un buco tra le radici di un albero morto.

Doveva entrarci? Forse non era l’idea più brillante della sua giovane vita ma… sì, naturalmente!

Iniziò a scavare sporcandosi di terra il muso e le zampe e infervorandosi man mano che dalla terra smossa si liberava più forte l’olezzo di volpe, fino a che il vento, cambiando, le portò un altro odore, un odore conosciuto: Costantino!

Avrebbe dovuto tornare da lui, ma… fra un attimo, prima doveva scavare ancora un po’ attorno a quel buco che sapeva di caldo, sicurezza e riposo.

Non c’era più suolo sotto le scarpe di Costantino, guardando giù ora vedeva solo cielo, che si scuriva velocemente, tanto che presto fu come se quel cielo fosse davvero sentiero, solo che i suoi piedi sciaguattavano nell’acqua, se ne accorse pienamente solo nel momento in cui, nel buio, iniziò a non vedere più niente, dunque aveva camminato solo sull’illusione del cielo… il fiume aveva allagato il sentiero e l’acqua aveva riflesso il tramonto e le nuvole.

Costantino ne fu quasi deluso, era stato bello credere di camminare nell’empireo, ma dopotutto, anche così, non sapeva dove stava andando e la poca luce residua svaniva velocemente. Costantino si era mosso in un simile buio solo un’altra volta in vita sua, qualche giorno prima, durante la sua gita serale nella Foresta Umbra, ma allora c’era stata la magia a guidarlo; adesso, al passaggio in quest’altro Mondo, tutta la magia sembrava averlo abbandonato e lui si trovava a vagare come cieco su quel sentiero stretto, sconosciuto, invaso da rami di rovo che gli si impigliavano ai vestiti.

Era molto stanco, ma doveva continuare ad avanzare, e a chiamare Nube. La cucciola aveva un Mondo intero da esplorare, chissà dov’era finita e cosa stava facendo, poteva esserle capitato di tutto, poteva avere bisogno di aiuto e in quel buio Costantino disperava di trovarla.

Forse, invece che vagare alla cieca, urlando il suo nome nell’aria vuota, avrebbe fatto meglio a fermarsi in un punto, ad aspettare che la sua voce la raggiungesse – sempre che a quel punto non fosse già caduta nel fiume, o finita con la zampa in una tagliola – chissà che razza di Mondo era quello, e che poteva capitare a trovarcisi in mezzo, Nube poteva anche essere prigioniera dei rovi, incalzata da animali feroci… persa!

Si portò una mano al petto a calmare il battito del cuore: non fosse stato così agitato si sarebbe davvero fermato lì, ad aspettare che Nube arrivasse; come poteva ritrovarlo, se lui si spostava continuamente?

Ma non ce la fece: appena si fermava la preoccupazione arrivava a mordergli il cuore, ingiungendogli di rialzarsi e di ricominciare a gridare nella notte vuota.

Non sapeva da quanto tempo stava gridando. Ora non c’era più acqua attorno alle sue caviglie, ma aveva perso anche il sentiero, e si muoveva tra cespugli bassi, inciampando fra pietre e tronchi morti.

E alla fine cedette, quasi senza rendersene conto si lasciò andare in una conca morbida nella terra friabile, sotto un ciuffo di felci che crescevano a ridosso di un tronco marcito, e si abbandonò alla spossatezza di quella giornata colma di emozioni, dimenticando il freddo e la disperazione.

Il gelo lo cullò, infido e mellifluo. La terra, le felci e il cielo cercarono di lasciare a Costantino un po’ di calore, ma le sue membra si fecero comunque sempre più rigide e alla fine sprofondò in un sonno da cui non ci sarebbero più state preoccupazioni, né risveglio.

Nube lo trovò che il freddo finiva di avvolgerlo come il ragno in un bozzolo la sua preda. Si spaventò quando non riuscì a svegliarlo: leccandogli la faccia ne sentiva il respiro sul muso, e questo la rincuorava. Era un respiro debole, però, e odorava di inverno.

Guaì e lo colpì più volte sul fianco con musate insistenti e gentili, nel tentativo di smuoverlo, poi lo leccò di nuovo in faccia e abbaiò.

Costantino la sentì: «Nube» mormorò debolmente, aprendo gli occhi «dov’eri andata?»

Le sue zampate furono l’unica risposta, ed erano piuttosto un pressante invito ad alzarsi.

«Nube! Meno male sei salva. Vieni Nube, sdraiati accanto a me…» la voce gli venne meno, il braccio, dal dorso di Nube, scivolò lentamente a terra. Costantino richiuse gli occhi.

Nube uggiolò, lo prese a zampate, abbaiò ancora, ma lui non si mosse. Nube allora si accucciò al suo fianco, nascondendo il muso contro il suo collo.

Il suo tepore alla fine arrivò a Costantino che si riscosse e la abbracciò affondando le guance gelate nel suo pelo umido. Nube abbaiò incalzante.

Costantino, a fatica, si drizzò a sedere. Ancora intorpidito. Nube abbaiò di nuovo.

«Sì, cucciola. Dobbiamo andare» balbettò Costantino. «Accidenti non m’era sembrato facesse così freddo. Da che parte sarà Tre Salti?»

Lentamente si rimise in piedi e, tremando, si avviò alla sua sinistra. Nube non fu d’accordo: non c’era niente là, nessun odore di caldo e protezione, solo le loro orme impresse nel gelo e, a meno di non raggiungere la tana del cane rosso, che però sarebbe stata piccola per tutti e tre, non sentiva luoghi dove trovar riparo. Invece, dall’altra parte…

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