Chi lo dice che single è meglio?

15,00

Formato: Libro cartaceo pag. 118

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Autore: Rossella Guadagno

Note sull’autore

 

 

COD: ISBN: 978-88-5539-100-9 Categorie: , Tag:

Descrizione

Chi è una “vera” single? È una che vive da sola, mangia da sola, non si è mai sposata, non ha avuto figli… è sola e basta. Ma non per questo è triste, musona, o non si guarda intorno alla ricerca di qualche uomo decente (specie che pare in via di estinzione).
Una vera single sa anche sorridere, di se stessa e degli altri, come fa l’autrice di questo libro: anche “over 50” si può affrontare la vita in modo positivo, sereno e con la testa di una ventenne.
Single è meglio? Chissà. Ogni donna deve scegliere per sé, conquistarsi il proprio equilibrio, l’unica cosa che conta è che si senta bene nella propria pelle.

Incipit

Una testa matta

 mi presento

Mi chiamo Cecilia. Per tutti sono Laceci tutto attaccato, una volta ci soffrivo per questo diminutivo che veniva pronunziato di seguito e senza un articolo davanti. Non era un “dalla Ceci” – che sarebbe stato un po’ più inflessibile – ma “da Laceci”, che poi siccome sono fiorentina, la frase con tutte quelle “C” usciva dalle loro bocche parecchio biascicata. Poi, dopo un po’, non ci fai più caso e ti abitui.

«Andiamo da Laceci, stasera si studia da Laceci…» poi diventi grande ma tutti continuano dicendo: «Stasera spaghettata da Laceci.»

Cecy invece quando mi devono chiamare in modo più o meno normale. Sì, mi immagino che ci sia una ipsilon finale, è più carino e poi dopo tutti questi anni di storpiatura del mio nome, me la sono meritata la ipsilon, mi spetta di diritto!

Sono una donna piacente, o almeno lo sono stata in tempi non sospetti… Poi arrivi a questa età e personalmente mi sento incastrata in un corpo da sessantenne con la mente di una ventenne, il che non sarebbe nemmeno un dramma, è che quando mi guardo allo specchio le due figure non coincidono e l’immagine che vedo riflessa non mi appartiene.

Continuo a comprarmi abiti da ventenne che poi, indossati, non mi rendono l’immagine che avrei voluto vedere o avere. Così, mi succede spesso che quella magliettina corta, in modo così assurdo da mettere allo scoperto la pancia, finisce per essere regalata a mia nipote sedicenne e opto per una camicetta tipo caftano che mi copra i fianchi, invece di lasciarli troppo in vista. Lo stesso succede durante tutti i cambi di stagione dell’armadio: guardo il pantaloncino, la maglietta, il jeans, e li metto via per l’anno prossimo con il pensiero: magari se dimagrisco ci entro il prossimo anno.

Poi arriva il fatidico anno in cui mi convinco che non dimagrirò mai e quegli indumenti conservati, come la peggiore accumulatrice seriale, li regalo o li metto nel sacco per la Caritas.

Quando ero giovane pensavo che invecchiare non mi avrebbe preoccupata: non mi sarei mai fatta un lifting, nessun ritocco del corpo, ma avrei accettato le mie rughe a testa alta.

Ora la testa alta la tengo proprio per non far vedere le rughe e il doppio mento. Con il senno di poi qualche ritocco ora me lo farei… Si sa, solo gli sciocchi non cambiano idea.

Rughe a parte, il mio sentirmi ventenne mi aiuta a prendere le fasi della vita e i suoi accadimenti con un pizzico di ilarità e di gioco, e riuscire a vedere il lato comico delle varie situazioni mi rende più forte. D’altra parte mi sono abituata alle cadute e, ventenne o no, ho imparato a rialzarmi da sola.

Sono curiosa, sensibile, creativa, sono scettica e al tempo stesso sognatrice, per cui mi ritrovo spesso a verificare e ad approfondire. Quando trovo qualcosa che non conosco e non mi torna, sono portata ad andare oltre e a documentarmi, e questo mio lato mi piace molto perché mi ha permesso nella vita di conoscere e scoprire tante cose.

La mia “leggerezza”, la voglia di ridere, di chiacchierare, di raccontarmi, mi consente di conoscere in continuazione molte persone che poi diventano amici, anche se “conoscenti” sarebbe la parola più appropriata.

Quando incontro una persona di solito mi piace subito e cerco il prima possibile di entrarci in sintonia. Nell’istante in cui ci presentiamo vorrei conoscere tutto della sua vita, mi incuriosiscono i racconti, mi affascina guardare come si muove, come parla, che accento ha, che espressioni facciali utilizza per esprimersi. È come se la passassi sotto i raggi X, riesco a vedere tutte le sfumature, i lati deboli e i pregi… dicono che si chiami sensibilità, io invece direi spirito di osservazione. Le nuove conoscenze sento di amarle tutte, da subito.

È così che poi prendo delle mattonate in faccia che mi dovrebbero insegnare ad andarci più cauta all’inizio. Forse sono troppo una brava ragazza, sarebbe meglio imparassi a essere più stronza ma non ce la faccio proprio.

Sono single da sempre, anche se ho avuto in passato varie storie lunghe e anche delle convivenze, ma qualcosa (parecchio…) non è andato.

Secondo me la parola single non viene capita nel suo vero e profondo significato, anche se ora è entrata nel gergo comune e ci siamo abituati a sentirla.

Un tempo si chiamava zitella e la malcapitata, oltre a subire questa stupida etichetta, veniva guardata con occhi strani come se fosse stata un’appestata. Mi viene una curiosità e vado a leggere sui vari dizionari presenti sul web il significato della parola e tra le molte definizioni che riportano, scopro un filo conduttore comune:

Donna nubile d’età avanzata; per lo più con un’idea di femminilità appassita e di umore bisbetico.

Appassita?

Di umore bisbetico?

Età avanzata?

Era meglio non averla avuta questa curiosità.

Comunque la vita scorre e da un po’ di tempo si dice single, che suona decisamente meglio e non riporta alla mente l’immagine della zitella.

Quello che mi chiedo è se le persone sanno veramente cosa significhi nella vita di tutti i giorni essere single.

A parte chi lo è realmente, per me il significato necessita di una distinzione; ci sono i VERI single e i single che ci sono diventati, magari dopo un matrimonio o una lunga convivenza, e in questa seconda categoria la parola non è molto corretta perché magari hanno figli, una ex-suocera, o l’animale domestico che si sono dovuti accollare dopo la separazione.

No, non sono veri, hanno tutta la mia comprensione, ma non sono veri single.

Io parlo di coloro che sono da soli, che vivono da soli, che mangiano da soli, quelli che non si sono mai sposati, non hanno prolificato, sono soli e basta.

Per quanto riguarda l’uomo single ne parlerò in seguito, invece conosco bene la mia categoria di donne che vivono in totale solitudine.

Le donne single, vere, sono quelle che stanno sempre in cerca, non lo ammettono neanche a se stesse ma inconsciamente ci pensano. Quando vanno a una cena da amici, loro credono di non pensarci ma sotto sotto non è vero, perché inevitabilmente un pensiero si palesa sempre e la speranza arriva di conseguenza.

Magari stasera conosco qualche uomo interessante!

A quel punto scuotono la testa nella speranza che, shakerandola, il pensiero si autodistrugga e fanno finta di niente; più che altro per non portarsi jella.

Se poi alla cena incontrano veramente un uomo che non conoscevano – in quei pochi casi – immancabilmente l’attenzione si focalizza sulle mani, per andare a inquadrare l’anulare e verificare lo status. Lo fanno velocemente, il tempo di un batter d’occhio:

  • guardi
  • constati
  • distogli l’occhio per non farti accorgere.

Si sono parecchio allenate e nessuno se ne accorge. Ma a quella cena, dall’altra parte della stanza, c’è sempre pronta un’amica sposata che guarda te, guarda lui e ti fa il cenno con la testa come a intendere: Vai! Mi sembra papabile. Lei non può averlo notato (è sposata!), da lontano le fai un gesto mostrando l’anulare alzato e le dici di no, scuotendo la testa nell’intento di farle capire che è già occupato, mentre pensi: «Le fortune capitano sempre alle altre».

Oppure, quando le single sono in auto e si affiancano a una macchina al semaforo, cercano con tutte le loro forze di evitare di farlo, richiamando all’appello quel minimo di dignità rimasto, poi cedono e ci buttano l’occhio dentro per verificare se il guidatore è solo. Se è da solo iniziano con lo scanner a passarlo in rassegna per capire che età ha, che tipo è, o se la sta guardando; il tutto nel giro di pochi secondi di semaforo rosso.

E quando ne vale la pena, sperano che lui faccia quel gesto con le due dita chiuse che significa «Lo prendiamo un caffè?»

Rarissimamente, ma qualche volte mi è successo. Però poi, se ci pensi bene, è pure pericoloso!

Anche io ci sono dentro fino al collo in questi rituali, secondo me non lo facciamo apposta, è che ormai a questa età ci è entrato nel DNA. In ogni caso te ne fai una ragione sul fatto che ci pensi in continuazione e continui a vivere la tua vita.

In compenso ho diverse amiche sposate che si lamentano del proprio marito, mi spiegano le varie situazioni, si sfogano entrando nei dettagli, si arrabbiano delle reazioni dei mariti e raccontano, raccontano…

Ai loro occhi io sono quella serena, tranquilla, beata nella mia vita: io per loro non ho problemi. Sono pronte a dimostrarsi invidiose, a rinfacciarmi che non ho calzini da lavare al marito, che non devo preparare la cena per quattro persone, non ho litigi, non ho discussioni. Non conoscono il rovescio della medaglia: non riescono a capire che a volte mi farebbe piacere avere delle discussioni, tanto per parlare con qualcuno!

Io le ascolto, quando si sfogano con me e la mia frase finale è sempre la stessa:

«Tienitelo caro perché non sai che mondo c’è là fuori…» e credo fortemente a quello che dico, perché loro non ne sanno proprio niente della giungla che c’è là fuori!

Pur pensando di conoscere la mia situazione, cercano un appoggio morale o magari si aspettano che dica:

«Dai, stai tranquilla, vedrai che tutto si sistema».

Che poi in effetti glielo dico, solo che dentro di me vorrei gridare:

«Allora lascialo!»

Ma questo lo dico solamente nei casi estremi e non recuperabili.

Beh sì, quando è troppo è troppo… ma convinte di quello che ho appena detto – e non pensato – dopo il loro sfogo, continuano la loro storia di coppia, recuperano, si adattano. E io me ne torno nel mio mondo di single, mentre loro si fanno portare a cena fuori per il perdono e la pace fatta.

A proposito di cene, ma ci avete mai pensato cosa vuol dire per un single FEMMINA andare a cena fuori da sola?

Io ci vado spesso perché se non trovo nessuno che vuol venire a provare il nuovo ristorante thailandese, non vedo perché io me ne dovrei privare e allora prenoto, mi preparo ed esco.

Avete mai pensato, o ve lo potete immaginare, come si sente una donna che sta cenando da sola? Non è il massimo sentirsi addosso sguardi eloquenti mentre ti immagini che pensino di tutto di più.

Con la coda dell’occhio, senza fartene accorgere, li vedi intenti a guardarti, oppure li senti commentare a bassa voce:

«Poverina… probabilmente le hanno dato buca».

Oppure:

«Io non ce la farei ad andare a cena da sola».

Invece tu sei lì che ti gusti la cena e ti senti forte, invincibile, moderna! Ma diciamoci la verità: non condividere a parole con nessuno che il Pad Thai era troppo saporito, non è che sia il massimo.

Il massimo invece lo raggiungi quando lo racconti alle amiche. Quelle sposate, intendo.

«Sai, sono andata a provare quel nuovo ristorante thailandese… è stato…»

«Sei andata al thailandese? E con chi?»

Sì, ci deve essere sempre un CHI per loro.

«Da sola. Ti stavo dicendo che è stato…»

«Oh Cecy! come da sola, sei matta? Non potevi chiedere a Carlo?»

«No, ci ho provato, ma a Carlo non gli interessava e poi c’era la partita.» Lei guardandomi sempre più perplessa continua:

«Insomma, potevi chiedere a Giovanni, lui che viaggia sempre, magari il thailandese gli piaceva».

«No, Giovanni era a casa di un suo amico a guardare la partita. Stavo dicendo che…»

«E dai Cecy!!! Allora te le cerchi! Non puoi mica andare a cena fuori quando la Fiorentina gioca in casa!»

Va beh, desisto, e cambio argomento.

A volte le amiche sanno essere spietate. Sì, spietatamente OTTUSE.

Altra cosa che succede alla single è legato strettamente al lato pratico della vita: quando ha bisogno di un aiuto in casa. Passi mentalmente in rassegna tutta la rubrica di amici uomini che hai, single o accoppiati, non te ne importa niente, pensi e ripensi a chi chiedere aiuto, poi provi con una telefonata a dire:

«Sai? Vorrei rifare l’intonaco della mia terrazza perché sta cascando a pezzi».

E stai in attesa di una risposta intelligente dall’amico che hai chiamato, ma dopo un breve e imbarazzante silenzio ti senti rispondere:

«Beh… allora chiama un muratore, ne ho uno bravissimo, se vuoi ti passo il numero!»

Sì, intelligente è intelligente, solo che avrei preferito un’offerta di aiuto. Allora ti stringi nelle spalle, esci, compri l’occorrente e te lo fai da te.

Da quando vivo da sola ho imparato a usare il trapano, il decespugliatore, la vanga, la cazzuola, la scartatrice, la smerigliatrice… Quando vado nei reparti di bricolage, e mi riconoscono, parte la musichetta: pe-re-ppeppeperepè. E i commessi fanno la ola! Perché mi possono rifilare di tutto di più.

Già, i commessi dei reparti di bricolage! Quando vedono una donna sola improvvisamente cambiano modalità operativa. Se gli poni delle domande, per chiedere se è meglio quest’utensile piuttosto che un altro, ti dicono: «Ma suo marito di cosa aveva bisogno? Se lo faccia spiegare bene».

Oppure:

«Perché non fa venire qui suo marito, così glielo spiego bene?»

Mi salta subito la mosca al naso e vorrei gridare: «Imbecille! Guarda me! Parla con me! Spiegati a me che sono qui davanti a te! E lascia perdere quel fannullone di mio marito!»

Reprimere la rabbia che mi sale dentro, durante tutte queste umiliazioni, mi fortifica.

Quindi, quando un uomo separato mi dice che porta tutto in lavanderia perché non sa usare la lavatrice, ereditata dalla ex moglie, mi entra un prurito sotto le unghie che vorrei sfogarlo solo sulla sua faccia.

Applicatevi, come fanno tutte le donne single. Ce la potete fare.

In ogni caso la diatriba è sempre più complicata.

Oggi è meglio essere single? O in coppia? O è meglio star bene da single?

Chi è in coppia è veramente felice?

Non è facile stare in coppia, non ci sono le vie di mezzo, o stanno bene bene, oppure male male… e di solito il “bene bene” è parecchio difficile! Non esistono manuali di coppia, così come non esistono i manuali per i bravi genitori… o meglio esistono, è che poi mettere in pratica tutte le notizie che leggi è sempre un macello.

Io credo che, alla fine, se una persona riuscisse a fare le cose che vuole, nel rispetto della persona che ha accanto, sarebbe un bel traguardo. Le coppie che riescono ad avere un equilibrio, fra quello che vogliono fare da soli e il fare qualcosa insieme al proprio compagno, sono le coppie che ancora durano nel matrimonio.

Non c’è una risposta alla domanda è meglio in coppia o non in coppia, l’importante è essere felici.

Già, bella scoperta.

Forse perché sono nel mezzo del cammin di nostra vita (… la prima metà l’ho già passata) le somme bisogna tirarle, non sono proprio convinta che esista un uomo come dico io, o forse sono io che non sono come o cosa gli uomini stanno cercando e allora vivo la mia vita al meglio.

Comunque, voglio dire che essere single ha anche tanti lati positivi. La libertà in primis, anche nelle piccole cose.

Puoi addormentarti sul divano e decidere che quella sera ci passerai tutta la notte, e non ci sarà nessuno che ti urlerà dalla camera: «Alloraaa! Ma quando vieni a letto?»

E questa è libertà, piccola ma buona. Oppure lasciare tutto in disordine, tanto non hai nessuno in casa che ti giudicherà. O anche cenare e pranzare nell’ora in cui hai fame senza avere orari prestabiliti, o dormire se ne hai voglia nel pomeriggio, tanto non c’è nessuno che in casa farà rumore e ti potrà svegliare. E queste sono libertà da non sottovalutare.

Hai in bocca un gusto che ha il sapore della consapevolezza di sapere che puoi fare ciò che vuoi e ti senti padrona della tua vita.

Di donne sole che sono nella mia stessa situazione ce ne sono tante e sinceramente la cosa mi rincuora, egoisticamente mi sento meno sola. Ne ascolto di tutti i colori, che a raccontarle potrebbero sembrare cose inverosimili, pompate, non credibili. Conoscendo la realtà dell’essere single, niente più mi meraviglia e, a parte l’iniziale sconforto che provo quando certe storie mi vengono raccontate, finiamo sempre con l’ammazzarci di risate.

Quanto mi piace ridere!

L’unica via di mezzo è… riderci sopra! Non c’è altro da fare.

Altra possibilità è quella di non pensare a tutte le cose appena descritte e metterci sopra una pausa di riflessione. Lo fanno in coppia, perché non lo posso fare io? Ogni tanto è bene mettere una distanza fra te, i tuoi pensieri, le tue fobie, le tue manie, e prendere una sorta di periodo di ferie da te stessa.

Ho deciso.

Prenoto una vacanza: lascio la Cecy a casa.

Sono sicura che da sola se la saprà cavare…

 

Io parto per il mare.