Avrà un termine la notte?

4,99

Formato: Epub, Kindle

Autore:Dmitrij A. Bystrolëtov-Tolstoj

Note sull’autore

COD: ISBN: 978-88-5539-384-3 Categoria: Tag: , ,

Descrizione

In questo libro, il quinto dell’opera La Nemesi, Dmitrij Bystrolëtov racconta di sé e soprattutto della sua gioventù di studente, dei suoi due amori “particolari” e delle sue avventure di agente segreto, a cui fa partecipare alla fine anche la moglie…

Questo è l’unico degli 11 libri che fu pubblicato in Russia quando era ancora URSS (da cui fu tratto anche un film sceneggiato dall’Autore stesso), libro che suscitò un po’ di polemica anche da noi perché tirava in ballo Galeazzo Ciano e un certo traffico di codici-cifrari da lui organizzato.

Leggere Avrà un termine la notte? è immergersi in un romanzo d’amore con avventure alla 007, però basate su reali fatti storici, testimonianza di un passato non così lontano, e che è bene non dimenticare.

Quelle vertigineuse douceur
À travers ces lèvres nouvelles,
Plus épatantes et plus belles,
T’infuser mon venin, ma soeur!

Ch. Baudelaire

(Che dolcezza vertiginosa
Attraverso queste or sbocciate labbra
Più stupefacenti e belle
Infonderti il mio veleno, sorella!)

 

Tredici ciminiere annerite dal fumo e spesse volute di fumo che si innalzavano nel cielo basso: ecco tutto quello che vedevo, ogni mattina, dalla finestra della mia stanza nel sottotetto di una casa grande e fredda. Era la periferia operaia di Praga. Nel ventitré.

Svegliato dall’urlo prolungato delle sirene, guardavo a lungo giù dalla finestra là, dove in quella fessura stretta e contorta della strada si trascinavano, nella desolata foschia dell’alba, le file nere dei lavoratori. Nel vestirmi, seduto sul letto, pensavo con apprensione a dove sarei andato in cerca di pane. I mezzi di sostentamento me li davano lo scavare fosse nel cimitero e le lezioni, solo che ottenere questi lavori in quella città radiosa e bellissima non era facile.

Tutto il mio tempo libero dalle lezioni private era assorbito dalla frequenza alle lezioni universitarie e dall’impegno presso la biblioteca statale: lavoravo su una serie di articoli che non procuravano nessun reddito, ma mi erano necessari perché, nel corso delle meditazioni su di loro, cresceva e si rafforzava la mia visione del mondo, con la quale convivere mi appariva più facile. Dopo di che si faceva sera. In un negozio il proprietario mi regalava ritagli di carne e salame, in un altro trovavo del pane raffermo invenduto. Con le piccole e tanto preziose monetine d’argento mi compravo qualcosina e con il calare del buio mi trascinavo finalmente a casa.

Dopo essermi levato il vestito per non sgualcirlo, mi sedevo sul letto e disponevo su un vecchio giornale il mangiare. E mangiavo, pensando ad altro.

I soldi non erano sufficienti per la luce e quindi, dopo mangiato, non mi restava che guardare dalla finestra le luci delle fabbriche e i neri profili delle ciminiere. Di solito a quell’ora mi cominciava a salire la febbre della tubercolosi e il cervello, da quella eccitato, mi portava via, infinitamente lontano. Forse erano queste le mie ore più belle: qualche volta declamavo i versi da me preferiti, ma più di frequente mi capitava di polemizzare ad alta voce con qualche contraddittore immaginario. In queste polemiche nascevano pensieri nuovi, arguti e brillanti. Fregandomi soddisfatto le mani camminavo per la stanzuccia e mettevo insieme frasi d’effetto per i prossimi articoli su Nietzsche e Lenin, sul bene e sul male, sulla nascita dell’uomo nuovo che ora, su una terra rinnovata e riorganizzata, sarebbe diventato dio. Nelle ore di esultanza solitaria alla periferia della città mi pareva di essere utile al popolo dato che potevo dirgli una parola nuova. Il mondo indifferente mi si presentava allora come il baluardo da espugnare in battaglia, e confidavo nelle mie forze e nella potenza collettiva di quanti sarebbero avanzati al mio fianco. Arrivava finalmente la notte ed io crollavo a letto estenuato restando a lungo disteso ad occhi aperti: mi sembrava come se fosse già cominciata la scalata al cielo; nel fracasso grossolano dei magli delle fabbriche risuonava per me la sinfonia eroica dell’insurrezione; i bagliori sanguigni delle fornaci parevano il garrire di vessilli vittoriosi…

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