Descrizione
Un racconto psicologico con toni noir. Un viaggio fantastico di un adolescente in fuga da un destino ordinario. Un’indagine inquietante nella lucida follìa di una mente confusa. E qualcos’altro… non necessariamente così serio! Al primo impatto, le chiavi di lettura di questo fingerbook possono essere molteplici, perché il racconto del suo protagonista, privo di un nome come se non avesse una personalità definita, è un dialogo interiore di un ragazzo indeciso sul suo futuro.”Lui”, sfaccendato rampollo del proprietario di una cava edile, è un adolescente introverso e irrisolto che ha lasciato la scuola non ancora maggiorenne, non lavora e accetta passivamente le situazioni conflittuali che questa condizione gli crea in famiglia e in paese. Un prigioniero in cerca di una via di fuga da una normalità opprimente, carica di sguardi pesanti da sopportare e di giudizi difficili da cambiare. In poche parole, sembrerebbe spacciato… Ma ecco che l’arrivo provvidenziale di un gatto pestifero, cui il ragazzo presta mentalmente pensieri da spaccone, gli fa balenare un progetto concreto in cui dare sfogo a fantasie di rivincita, un progetto di fuga da un destino inevitabile di futuro caposquadra nella cava del padre. Perché “altri occhi” sono quelli con cui il ragazzo, appassionato disegnatore, vede la realtà: quelli di smeraldo del gatto, quelli morti di un fossile scoperto tra le polveri della cava, quelli ambrati della figlia del veterinario… Ben presto la realtà e la fantasia si confondono nella sua mente e il gatto Tom, diventato ormai il suo “alter ego” e psicologo, finisce per guidarlo nella sua fantasiosa ricerca di uno scopo di libertà. La vena fantasy del racconto è abilmente sviluppata in parallelo alla descrizione della realtà di un duro contesto lavorativo, e l’umorismo spensierato e sognatore non viene mai meno. “Altri occhi per me” è una short story originale e bizzarra, un fumetto noir che mostra con leggerezza e simpatia quanto sia sempre speciale il rapporto fra un essere umano e un gatto. Graffiante e buffo come un felino, Santarsiere strappa sempre un sorriso. Anche quando meno te l’ aspetti.
Amanda Fabi
INCIPIT
Ecco, la luce veniva a svegliarlo attraverso la persiana. Poco per volta gli si accumulò sulle palpebre, lui le sollevò e le sbatté lasciandosi vincere dal nuovo giorno. A breve la madre gli avrebbe portato la tazzina di caffè e un bicchiere d’acqua sopra un vassoio; girando la testa sul cuscino si predispose a quel gesto di benevolenza.
Più tardi consumò la colazione e come ogni mattina uscì a passeggiare; un rituale che derivava dalla sua infanzia, quando il nonno lo portava in giro mentre la madre metteva in ordine casa e preparava il pranzo. Si avviò dunque per le solite strade, in ricognizione di luoghi e panorami, come per accertarsi che il mondo fosse tutto al suo posto nel nuovo giorno. La gente lo salutava, senza chiedergli più perché mai avesse mollato la scuola; poi le case lasciarono il posto alla campagna e tra vigne e file di cipressi ritrovava un ordine più chiaro, un’armonia che sembrava perduta nei vicoli di facce scolorite dal tempo come stracci vecchi.
Tornò a casa a metà mattino. Era estate, il sole picchiava. La madre gli chiese di sbrigare commesse. Il padre arrivò all’ora di pranzo con il giornale – lui se ne impossessò di nascosto per leggere le pagine sportive. Il campionato era finito da un pezzo e cominciavano quei surreali tormentoni di calciomercato.
Suo padre non aveva voglia di parlare con lui. Era di ritorno dalla mezza giornata di lavoro giù alla cava, si era sgolato con operai e manovratori e forse non aveva intenzione di mettersi a discutere anche con lui. Del resto, gli argomenti dei loro confronti erano gli stessi da mesi: aveva sprecato un’altra giornata? Non aveva considerato di riprendere la scuola a settembre? Aveva finalmente maturato qualche decisione sul futuro? La madre viveva con apprensione quei momenti e impegnava tutta sé stessa a scongiurare l’innesco. Si frapponeva tra loro, sviava i discorsi, metteva la carne a riscaldare lamentandosi del macellaio.
Quanti giorni erano passati? Lui li contava a gruppi: quelli con i litigi e quelli senza. Ma a prevalere erano sempre i primi.
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