Una storia nella Storia

18,00

Formato: Libro cartaceo illustrato, pag. 204

Senza spese di spedizione da questo sito

Scegliere “Aggiungi al carrello”

Autore:Serafina Castellana

Note sull’autore

 

 

Descrizione

Salvatore Castellana fu catturato dai Tedeschi in Montenegro dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, deportato in Polonia e liberato dagli Inglesi nel 1945, al termine della guerra.

Con una scrittura sorvegliata ed efficace, la figlia Serafina rievoca i fatti salienti della sua infanzia sotto il regime fascista e degli anni del conflitto mondiale, fino al ritorno del padre.

La seconda parte del testo è la trascrizione del Diario di Salvatore Castellana, redatto durante gli anni della prigionia, e costituisce un documento di indubbio valore storico, oltre che affettivo.

Prefazione di Paola Cereda

Ogni storia non raccontata è una storia perduta, lo sa bene Serafina Castellana, Nuccia per chi la conosce da tempo, che a 90 anni fa il suo esordio nel mondo editoriale condividendo con noi lettori una duplice testimonianza: la sua vita e quella della sua famiglia durante la Seconda guerra mondiale, e il diario autografo che il padre, il tenente Salvatore Castellana, scrisse durante la prigionia in diversi campi di detenzione affinché “i suoi figli potessero avere una conoscenza più quotidiana dei drammatici fatti che egli si trovò a vivere”.

Padre Paulus, uno dei personaggi più riusciti di Underworld di Don DeLillo, definisce “straordinaria” la parola quotidiano, in quanto capace di “suggerire la profondità e la portata del luogo comune”. All’apparenza una guerra è talmente eccezionale da stravolgere il quotidiano, in realtà ci spinge – e i fatti recenti lo confermano – in un nuovo presente che ha bisogno di riorganizzarsi per diventare sopportabile e superabile.

Un concetto chiave attorno al quale ruota la quotidianità imposta dalla guerra è l’attesa: durante i primi anni del conflitto descritti da Serafina, genitori e figli sono insieme e aspettano che la guerra finisca, consolati dalla reciproca presenza e dalla capacità di Salvatore e Amelia di essere “sicurezza” in un momento di assoluta insicurezza. Salvatore, uomo intelligente e consapevole, ascolta i figli e suggerisce loro di fare attenzione alle parole, come quando Nuccia dice di avere fame e lui ribatte che quello è l’appetito, perché la fame è un’altra cosa. Da lì a poco la fame la proveranno per davvero: la famiglia quando il conflitto si inasprisce, e Salvatore nei campi di detenzione. E mentre tutti attendono (il ritorno della pace, il ritorno del padre, il ritorno in patria e nella propria casa), la fame diventa un altro legame che, in modo diretto e indiretto, tiene salda una famiglia divisa dalla distanza. Nuccia bambina ha fame, suo fratello e sua sorella hanno fame, eppure rinunciano con fermezza ai viveri che gli zii riescono a procurare per preparare “i pacchi” da mandare al padre che, con tutta probabilità, “gli salvarono la vita”: “Eravamo così felici quando ne potevamo spedire uno, che ci sentivamo un po’ meno affamati”. E in mezzo alla farina, a un po’ di riso, al tabacco, si studiava il modo di infilare un biglietto in un dolce fatto a mano così da nutrire, oltre al corpo, l’anima, per incoraggiarla a continuare: continuare ad aspettare.

Il lavoro sulla memoria di Serafina Castellana è anche una importante testimonianza storica sugli I.M.I., Internati Militari Italiani, che vennero rastrellati e deportati in Germania e in Polonia dopo l’8 settembre del ’43. La maggior parte di essi rifiutò di combattere al fianco di nazisti e fascisti e pagò tale scelta con l’esclusione dallo status di prigioniero di guerra e dalle relative tutele internazionali. Ingannato Malmenato Impacchettato, Internato Malnutrito Infamato, Italia Mi Ignorò, così e in decine di altri modi Giovannino Guareschi, che con il tenente Castellana condivise la detenzione a Wietzendorf, descrisse la condizione degli I.M.I che, sentendosi abbandonati e dimenticati dalla Patria, avevano la necessità vitale di essere presenti nei ricordi dei parenti e nei gesti spiccioli che permettevano loro di aggrapparsi all’amicizia tra compagni di sventura, per non farsi sopraffare dall’orrore del lager.

Ogni storia non raccontata è una storia perduta, ecco perché Serafina Castellana non si rassegna e scrive e trascrive: lo fa per recuperare, per tessere, per trasmettere, per consegnare. Ce la immaginiamo china sul diario del padre a indovinare i caratteri sbiaditi dal tempo, a tracciare il viaggio degli I.M.I. su una mappa, a cucire i propri ricordi con quelli altrui, con l’emozione della figlia, la lucidità della narratrice, il rigore della storica e la piena umanità di chi sa che la memoria sfida il tempo e, come scrive Marco Balzano riprendendo Pasolini, “rimette in discussione l’oggi” con la sua capacità “di far crollare il presente” e le sue infinite guerre. Se l’esercizio critico della memoria “è sempre una manifestazione di libertà”, ringraziamo Serafina Castellana per essere una persona libera. Per spingerci a esserlo sempre.

Recensioni

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Una storia nella Storia”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *