Spazi inclusi

10,00

Formato: Libro cartaceo pag. 66

Autore:Vilma Buttolo

Note sull’autore

 

Categoria: Tag:

Descrizione

I racconti di Vilma Buttolo, torinese che si è formata seguendo i corsi della prestigiosa Scuola Holden e si è messa alla prova partecipando a numerosi concorsi letterari, offrono uno sguardo femminile – ma non “rosa” – su temi come la maternità, la famiglia, i mondi difficili delle donne invischiate nelle reti della tossicodipendenza o della prostituzione o chiamate a confrontarsi con lo smarrimento della perdita lenta, ma inarrestabile, di una persona cara malata di Alzheimer, o ancora con i lati oscuri e le fragilità dei rapporti affettivi e delle proprie esperienze dolorose. Uno sguardo che intravede però, sempre, la possibilità di una svolta, di un cambiamento dato dalla forza che ogni donna, ma anche ogni uomo, porta in sé.

Al Castello

 

 

Seduta su una panchina, nel parco del Castello, Tatiana fissava davanti a sé. Era stanca e nello stesso tempo sentiva i muscoli tesi, pronti ancora a scattare.

 

«Quel bastardo mi ha fregato!» imprecò Patrizia andando avanti e indietro, lungo il viale, sotto le mura del Castello. A Tatiana ricordò uno di quegli orsi meccanici a cui si spara al luna park.

«Che c’è Pat?» le chiese con la voce impastata.

«Quello stronzo di un negro mi ha venduto uno schifo, un niente. Sto male.»

Tatiana era troppo rallentata per poterle rispondere “ci penso io, ti aiuto io”. Continuò nel suo viaggio, girandosi dall’altra parte. Dopo un attimo Patrizia si mise a piangere e gridare, attirando l’attenzione degli ultimi visitatori del Castello.

«Basta, non fare la cretina o arriveranno gli sbirri» tentò di azzittirla Tatiana. «Dai vieni, andiamo a vedere se riusciamo a trovare qualcosa» le disse trascinandola via.

La prese sottobraccio per sostenerla ma Patrizia procedeva a scatti e quella strada in discesa rese ogni sforzo vano. Patrizia cadde più volte, bestemmiando e piangendo.

«Portami da Marco» le disse infine. «Penserà lui a me.» Anche senza soldi, Patrizia sapeva come fare. Non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima.

 

Tatiana si era alzata dalla panchina mettendosi le mani sui fianchi e inarcando leggermente la schiena. Aveva fatto anche qualche piccolo passo per non cedere alla stanchezza. Quei ricordi arrivavano veloci. La trapassavano.

Dopo quella sera, al Castello non era più tornata. Troppe le immagini spaventose che si alternavano nella sua mente. Eppure quello era stato il luogo in cui lei e Patrizia si confidavano, in cui progettavano un futuro libero, lontano dalle loro case e dalle loro ingombranti famiglie. Quante volte aveva detto: «Ci si vede dopo, al Castello».

Erano amiche da così tanto tempo.

 

A casa di Marco fu tremendo.

«Oh, questa non respira più!» disse Marco dandole dei colpi violenti sul petto. Tatiana, curva sull’amica, tentò di ridarle il respiro, incurante del rantolo e della saliva che le usciva ai lati della bocca.

«Chiama l’ambulanza, dai, muoviti» disse poi stremata dallo sforzo.

«Questa schiatta. Portiamola noi» furono le ultime parole di Marco.

E poi solo dei flash.

Patrizia grigia sul sedile dietro.

Patrizia che sbatte la testa a ogni curva troppo stretta.

Patrizia buttata a terra, come un sacco di rifiuti.