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9° Puntata

I proiettili sibilarono a pochi centimetri dalla testa del maresciallo Russo, costringendolo ad abbassarsi dietro il tronco di un albero. Anche se non era stato preso di mira, Di Lorenzo si sdraiò sul fogliame zuppo d’acqua.

«Rispondere al fuoco! Rispondere al fuoco!» ordinò Russo usando il microfono.

Dalle loro postazioni tra la vegetazione, Nicola Savoia e Giulia Rabai fecero cantare i loro ARX 160. Quattro tiratori in abiti civili furono abbattuti dai proiettili calibro 5,56×45.

Il resto degli ostili rimase spiazzato per un istante, come animali abbagliati dai fari notturni. Giusto un istante. Il più grosso del gruppo urlò qualcosa e sparò in direzione del maresciallo. I colpi risultarono sparpagliati e nervosi, ma comunque sortirono il loro effetto: i carabinieri si gettarono di nuovo a terra. I due uomini rimasti si misero a correre in direzioni diverse.

«Oh! Oh! Fermo! Fermo!» urlò Di Lorenzo, rialzandosi in ginocchio e puntando l’arma verso l’uomo che si stava spostando verso il suo settore di responsabilità. Giulia Rabai corse a fianco del collega e puntò il fucile a sua volta. Nonostante la sua figura minuta, accentuata solo dall’elmetto e dall’ingombrante giubbotto antiproiettile, scattò come una molla. L’ostile si fermò disorientato e per un attimo sembrò alzare le mani, ma poi le sue braccia si irrigidirono mentre puntava la pistola verso Di Lorenzo. Il carabiniere si congelò: era la prima volta che gli puntavano contro un’arma in un contesto reale. Lo schianto secco e rabbioso di due proiettili echeggiò rapido nell’aria. Due sottili bossoli incandescenti rimbalzarono sulla guancia sinistra Di Lorenzo. L’uomo in abiti civili crollò di colpo sul bacino, come se avesse provato a sedersi su di una seggiola invisibile, si guardò il petto deve erano apparsi due piccoli fori all’altezza dello sterno, quindi, stramazzò sulla schiena con gli occhi sbarrati e la bocca bloccata in un ultimo respiro. Di Lorenzo si girò di scatto verso Rabai, che aveva ancora il dito sul grilletto, e la canna del suo fucile fumante. Il suo viso era tirato e gelido come una lastra di ghiaccio.

Savoia e Russo stavano inseguendo il secondo fuggitivo, quello che aveva aperto il fuoco per prima.

«Nico, coprimi!» Russo balzò fuori dal suo riparo e iniziò a rincorrere l’uomo, tenendo il fucile a candela. Savoia portò il puntino del suo collimatore sulla figura in fuga.

«Fermati! Fermati!» intimò Russo tra una falcata e l’altra.

Il maresciallo annullò metro dopo metro la distanza che lo separava dal fuggitivo. Quest’ultimo inciampò con un gemito e fece un ruzzolone in avanti. Russo, ormai lanciatissimo nella rincorsa, saltò l’uomo per evitare di incespicare a sua volta. Poi, dopo il breve balzo quando rimise i piedi a terra, si girò di scatto e puntò l’ARX. Il fuggiasco rotolò rapidamente di lato con l’arma già pronta e piazzò due proiettili al centro del giubbotto del carabiniere, il quale accusò il colpo come se avesse incassato due rapide e violente martellate. Nonostante ciò, rimase in piedi: la piastra balistica aveva fatto egregiamente il suo lavoro. Russo scartò di lato e premette il grilletto cinque volte. L’uomo si raggomitolò in posizione fetale. Dopo un istante le sue membra si rilassarono e una pozza di sangue iniziò ad allargarsi sotto di lui.

«Non c’è più tempo. Stanno arrivando.»

«Vaffanculo!» ringhiò Lucio, tenendo l’arma puntata.

«Fai quello che devi fare. Tanto sono già un uomo morto. Fallo! Forza! Fallo e basta!» lo esortò Leone.

Lucio incominciò a rimbalzare con lo sguardo tra l’ingresso della stanza e Leone. Le sue mani iniziarono a tremare senza controllo.

«Spara!»

Il viso di Lucio divenne una maschera grottesca di lacrime, dolore e paura.

«Ho ammazzato i tuoi amici! Uccidimi!»

Suoni confusi all’esterno. Una voce autoritaria che dava istruzioni.

«Fallo!»

Quattro figure scure apparvero sulla soglia come Cavalieri dell’Apocalisse.

«Carabinieri! Getta l’arma!»

Lucio lanciò via la pistola con un urlo di frustrazione. Leone abbassò la testa, sconfitto. I carabinieri si guardarono intorno sbigottiti, senza riuscire a trovare un senso in quella mattanza.

«Stenditi a terra! Subito!»

Obbedire. Unica opzione possibile. Lucio si sdraiò sul lerciume che ricopriva il pavimento. I suoi occhi incrociarono quelli dell’uomo che aveva ucciso i suoi amici.

«Non dire nulla. È la tua unica possibilità di vivere» sussurrò Leone.

Rumore di scarponi che battevano sul pavimento. Ancora una difficile decisione da prendere per Lucio.

Forte Braschi, Roma

L’ammiraglio Scapati scosse la testa. Non riusciva a credere a ciò che era accaduto in quello sperduto paese fantasma del Nord Italia. Seduto alla scrivania del suo ufficio, imprecò sottovoce per cercare di digerire le notizie ricevute. Una squadra di professionisti, se così si potevano chiamare, si era fatta mettere sotto da un gruppetto di giocatori di softair. Lo scontro aveva lasciato parecchi cadaveri in giro e troppe domande che reclamavano una risposta. La caccia a Ferrone e ai suoi compagni di avventura si stava rivelando una fastidiosa spina nel fianco. Ciò che irritava di più Scapati era la certezza che sarebbe toccato a lui ripulire quel casino.

Giusto il tempo di formulare quel pensiero e lo Stealth Phone criptato appoggiato sulla scrivania iniziò a vibrare. Non ebbe bisogno di leggere il numero sul display per capire chi lo stava chiamando.

«Scapati.»

«Buongiorno, ammiraglio. La disturbo?»

«Lei non disturba mai, avvocato.»

L’uomo dall’altro capo della linea faceva da tramite con l’entità a cui Scapati aveva venduto l’anima in cambio di successo e potere: il Consorzio.

«La contatto per chiederle se ha già saputo cosa è successo poco fa a Consonno.»

«Ne sono a conoscenza.»

«Bene. I miei clienti vorrebbero che lei sistemasse la faccenda.»

Scapati strinse un pugno per imporsi di calmarsi. «Me ne occuperò immediatamente, però, ci tengo a precisare che avevo detto ai suoi clienti che mi sarei occupato io di Ferrone. Questa iniziativa non concordata ha complicato le cose.»

«I miei clienti non devono rendere conto a nessuno. Tantomeno a lei, ammiraglio.»

«Non volevo dire questo. È solo che…»

«Si limiti a trovare una soluzione, per favore».

Scapati ingoiò il grosso rospo. L’avvocato sapeva essere cordiale e minaccioso al tempo stesso. «Va bene. Provvederò quanto prima.»

«È quello che i miei clienti vogliono sentire. Buon lavoro e buona serata.»

«Anche a lei.»

Nel chiudere la comunicazione, Scapati si accorse di tremare dalla rabbia. Fece qualche respiro profondo per calmarsi. Quando si sentì più tranquillo, aprì un file sul computer. Era la scansione di una patente.

Lesse il nominativo dell’intestatario ad alta voce: «Lucio Rampi.»

Scelta 1: Lucio non segue il consiglio di Leone.

Scelta 2: Lucio segue il consiglio di Leone.

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